Altro giro altra tragedia e dopo l’alluvione che ha messo in ginocchio la città di Livorno nello scorso settembre, causando morti e feriti, questa volta la città piange due operai deceduti sul posto di lavoro che vanno ad alimentare quella lista di persone che hanno perso la vita mentre stavano svolgendo la propria professione. Non ci sono vittime di serie A o di serie B in questi casi, le vittime diventano ben presto numeri, quei numeri che a fine anno sono eloquenti e ci indicano come ancora, alle porte del 2020, esista un esercito di persone che ci lascia a causa del lavoro. Ovvio che in questo caso si siano aperte le indagini, ovvio che momentaneamente sulla graticola siedano direttore di stabilimento, responsabile della prevenzione e sicurezza e ogni persona preposta allo svolgimento della mansione, scontato, ma è forse più onesto ammettere che in un’epoca dove conta principalmente il profitto, l’essere umano è delegato a semplice pedina di scambio che offre il proprio lavoro e spesso la propria vita in cambio di moneta sonante. Il produrre a basso costo e sempre più velocemente fa dimenticare spesso la salvaguardia della persona, aspetto questo inevitabile in una società che fa leva sul capitalismo spinto e sfrenato.

La curva di casa non manca di ricordare le due vittime, uno striscione a centro curva pone l’accento sull’episodio, mentre più defilato un secondo striscione commemora il giovane Lorenzo Mazzoni, venticinque anni, uno dei due deceduti, che tra le altre cose bazzicava pure lo stadio ed infatti gli amici gli dedicano un due aste tenuto alto per tutta la partita.

Ovvia la commozione tra i padroni di casa, scontati alcuni cori in ricordo dei due operai, meno scontato ma per questo ancora più apprezzato, lo striscione esposto dai tifosi monzesi appena entrati nel settore ospite: “Le morti bianche non hanno bandiera” che si prende inevitabilmente gli applausi di tutto lo stadio, tribuna compresa.

C’è poi la partita tra le due squadre, partita che sugli spalti non nutre particolare pathos. Tra le due tifoserie non ci sono particolari precedenti ed infatti anche il servizio d’ordine è piuttosto blando, con i monzesi che fanno il loro ingresso nel settore ospite con qualche decina di minuti d’anticipo rispetto all’inizio delle ostilità.

Per chi ha parecchi capelli bianchi ed una memoria di ferro, Livorno – Monza è la famosa partita del pareggio strappato in maniera rocambolesca dagli ospiti: correva la stagione 1967-68 ed il direttore di gara, un certo Sbardella, ebbe la felice idea di far ripetere una punizione che fissò il risultato sul 2-2. Ne seguì una corposa invasione di campo dove la preda designata fu proprio il signore in giacca nera che se la dette a gambe levate verso gli spogliatoi, unico rifugio sicuro. Di episodi simili la storia del calcio ne è piena e a ben vedere oggi c’è molta più disciplina, ma immaginarsi stadi simili a teatri è quantomeno utopistico. In un gioco dove si mettono di fronte due schieramenti e dove una terna arbitrale applica regole e prende delle decisioni, a volte giuste a volte sbagliate, è scontato che passione, adrenalina e tensione siano ai massimi livelli. Ed a volte si va ampiamente sopra le righe. Tanto per curiosità, l’invasione dei tifosi livornesi nella stagione ’67-68, costò sei turni di squalifica poi ridotti a cinque.

Stasera l’ambiente è molto più tranquillo, la curva di casa si prende quindici minuti di silenzio per onorare le due vittime, poi fa partire un tifo discreto, molto partecipativo e con alcuni picchi veramente interessanti. I cori sono tutti diretti alla squadra mentre, a livello di colore, le bandiere fanno tutto il proprio dovere. A tal proposito, noto con piacere il ritorno della bandiera con il simbolo dei Fedayn poi riproposto in epoca Brigate Autonome, bandiera che viene fatta sventolare prima nella parte alta e successivamente in quella bassa. Curva Nord che nonostante la sconfitta patita dalla squadra, a fine partita resta compatta ai propri posti ed applaude i giocatori in maglia amaranto che si portano verso il settore.

Ospiti che faccio fatica a sentirli nei primi quarantacinque minuti, del resto la differenza numerica tra le due fazioni è netta ed inequivocabile, nonostante ciò noto alcuni battimani ben fatti segno che anche da quelle parti non si sta assolutamente a rigirarsi i pollici. Nella seconda frazione i monzesi ce la mettono tutta per farsi sentire, non sono proprio un rullo compressore ma, pur con qualche pausa, tengono botta e sostengono la squadra. Per loro una serie infinita di battimani ed una bella sciarpata che risulta essere molto fitta. Soddisfazione per il risultato maturato sul terreno di gioco e squadra che si porta sotto il settore dove c’è l’abituale scambio di applausi.

Il Monza avanza in zona play off, per il Livorno una battuta a vuoto che non pregiudica la prima posizione del campionato visto che contemporaneamente il Siena è uscito sconfitto dal non facile campo di Pontedera. Che il duello tra le due squadre toscane prosegua.

Valerio Poli