“Lo stadio è divertimento”. È un assunto, un concetto fisso, una convinzione che mi porto dietro dalle prime volte che misi piede sulle gradinate. Un qualcosa che mi hanno insegnato e che mi sono fatto insegnare volontariamente. Mai prendersi e prendere troppo sul serio quel che succede in curva. Si rischia di snaturarsi e di non divertirsi più.

Ci ho pensato tornando a casa, con i volti sorridenti dei tifosi dell’Udinese ben stampati in mente. Nonostanete i 705 km percorsi, nonostante l’ennesima sconfitta e l’ennesima prestazione ai limiti dell’allucinante fornita dalla propria squadra. C’è una cosa che oggi mi ha particolarmente colpito negli ultras friulani: la voglia di tifare per il gusto di farlo. Un pregio raro ormai nella nostra Serie A, ridotta a spettacolo di cartone, spesso preimpostato. A un tratto mi sono ricordato che un tempo fu così. Un po’ per tutti. E mi sono reso ancor più conto di quanto questa massima categoria faccia sufficientemente schifo. Parlano di Superlega e campionato tra super potenze? A quando il taglio del nastro? Che lo facciano e lascino giocare alle piccole squadre un loro campionato vero, di modo che le loro tifoserie abbiano la possibilità di tornare a divertirsi.

Per lo stadio Matusa è una giornata particolare. Le intemperanze scoppiate prima della gara con la Lazio (e ovviamente raccontate ascoltando una sola campana) sono costate un richiamo dall’Osservatorio (se state pensando che i vostri soldi servono anche a questo, fate finta di nulla). Così attorno all’impianto sono dispiegate più camionette del solito e i controlli, soprattutto in Curva Nord, sono serrati e lenti, tanto è vero che la Curva si riempirà soltanto a partita iniziata. Con buona pace di chi ha pagato abbonamenti e biglietti per fruire di uno spettacolo nella sua interezza. Prima la sicurezza, non scherziamo.

La partita è di quelle importanti. E non perché di fronte ci siano la Juventus o il Milan di turno. È fondamentale dal punto di vista calcistico. Una sorta di “dentro o fuori” per i ciociari, che con un’eventuale sconfitta sarebbero veramente nei guai.

Nel settore ospiti sono 160 i biglietti venduti, con il contingente ultras che fa il proprio ingresso a ridosso del fischio d’inizio. Nonostante li abbia visti centinaia di volte a Roma, e qualche volta anche nel loro stadio, mi accorgo che per la prima volta ho l’opportunità di osservare da vicino i sostenitori friulani. Di loro possiamo dire che i numeri non li aiutano, sicuramente, ma non che seguano a intermittenza o in base al risultato. Anzi, considerata la distanza, la presenza è più che buona.

Oggi la Curva Sud è divisa a metà, uno spicchietto è riservato agli ospiti, mentre la parte alla mia sinistra è occupata da diversi bambini delle scuole calcio. La Curva Nord presenta lo striscione “Il nostro amore non conosce categoria” e, una volta riuscitasi a compattare, con i “ritardatari” forzati, comincia a scaldare i motori facendosi sentire. È sicuramente un Matusa con pochi fronzoli. Migliore rispetto alle sfide patinate con le “big”. Come sempre tante le bandiere che colorano il cuore del tifo, sventolano incessantemente, aiutate, di tanto in tanto, dalle sciarpe che accompagnano i cori degli ultras giallazzurri.

Tanti sono i cori a rispondere tesi a coordinare il tifo e belle le esultanze sui gol di Ciofani e Blanchard, che danno allo stadio una vera e propria spinta, oltre che un’iniezione di fiducia in vista della gara serale tra Inter e Palermo, in cui i rosanero verranno sconfitti restando a un solo punto dai canarini, che possono così concretamente credere nella salvezza.

Dicevamo dei tifosi ospiti. Se dovessi usare una parola per definire la loro prestazione potrei dire: perfetti. Tifo per 90′, senza un minuto di pausa, cartata iniziale, piccola coreografia con sciarpe a bande bianconere nella ripresa, una sciarpata, bandierine e stendardi sempre al vento e tanta goliardia nel finale. Per come vedo il calcio, tifare Udinese e trovare degli stimoli non dev’essere la cosa più facile del mondo. Se da una parte la famiglia Pozzo ha reso possibile incredibili imprese, come l’approdo in Champions League, e una permanenza in Serie A che, oltre a durare da più di vent’anni, ha regalato diverse soddisfazioni a livello di piazzamenti, dall’altra la società friulana appare sempre stagnante in una terra di mezzo, in cui l’aspetto importante è il profitto dalla compravendita dei giocatori mentre, difficilmente, si cerca di andare avanti e vincere le competizioni cui si partecipa. Un peccato, considerati i signori giocatori transitati in casacca bianconera in queste stagioni.

Eppure gli ultras, almeno lo zoccolo duro che si sobbarca chilometri su chilometri, sembra letteralmente fregarsene. Hanno mantenuto un’impostazione pre 2007 (anno da cui le leggi repressive hanno davvero tramortito il movimento) e di questo gli va dato atto. Molto bello e apprezzabile anche lo striscione (finalmente ben fatto, a differenza dei tanti obbrobri stilistici che si vedono in Serie A) per lo stadio “Friuli”. Una battaglia intrapresa sin dal momento in cui si è paventato il cambio di denominazione dello stadio, in luogo di un anti storico “Dacia Arena”, per omaggiare uno dei principali finanziatori del restyling del vecchio impianto. Un messaggio più che condivisibile, che gli ultras bianconeri hanno sottolineato sin dall’inizio: “Sarebbe un grave atto di non rispetto verso tutte le vittime del terremoto del 1978”, tragico evento che portò all’intitolazione dello stadio.

Finisce così, con i ragazzi di Stellone a prendere i meritati applausi dal proprio pubblico, in vista di un altro spareggio: quello di Modena, dove il Frosinone sarà ospite del Carpi la prossima settimana. I giocatori dell’Udinese, di contro, accennano qualche applauso verso il settore ospiti, che di certo non le manda a dire invitandoli a tirar fuori gli attributi. Lo stadio si va lentamente svuotando e anche per me è giunto il tempo di uscire e tornare verso il pullman, con il traffico che lentamente mi porta a Roma.

Simone Meloni.