Credo che il confine tra legge e coercizione e tra autorità e prevaricazione sia talmente sottile da portare a strane conseguenze. Strane ma qualche volta belle, come in questa giornata bresciana.

La serie play-off della Fortitudo Bologna è stata caratterizzata da divieti di trasferta assurdi, costruiti su motivazioni molto opinabili se non costruite ad arte.

Le società di basket, di solito, non ci stanno a vedersi togliere l’ingranaggio più bello e più fondamentale di questo sport: il pubblico.

La Leonessa Basket, dispiacendosi pubblicamente del divieto di trasferta per i tifosi felsinei in occasione di gara 1 della finale play-off tra Brescia e Fortitudo, ha dato un bell’esempio di sportività e di ponderazione.

Di solito, al di fuori del calcio, i club sono vicini ai tifosi e non incoraggiano mai restrizioni e repressione. Ci sono le eccezioni, per carità, specie tra quelle società che reputano la maglia del vicino sempre più verde. Ma meglio guardare avanti.

Sinceramente, dopo il divieto di trasferta per Fossa e compagnia, sono stato a lungo indeciso se partire o meno. Due ore di viaggio devono costruirsi su una forte motivazione, oppure non vai. Insomma, a rigor di logica, i miei cani avrebbero dovuto godere di qualche passeggiata in più.

Invece accendo la macchina e vado. La giornata è la prima assomigliante veramente all’estate e la maglietta a maniche corte non è in discussione.

Arrivo a Montichiari con un centinaio di minuti di anticipo sulla palla a due. Paesaggio piatto, tipica città dormitorio con un centro storico gradevole ma di piccole dimensioni. Che poi, mi chiedo, come fa a chiamarsi così un posto dove i primi monti li riesci a scorgere solo all’orizzonte? Misteri della vita.

È un po’ un controsenso che il Pala George di Montichiari sia più grande del Pala San Filippo di Brescia, ma tant’è.

L’impianto è stato pensato per la pallavolo e qua la Gabeca Montichiari è stata per parecchi anni un nome che conta. Lo stesso palazzetto è stato dedicato ad un pallavolista indiano della squadra locale, deceduto nel 1997 a seguito di un incidente. Poi l’utilizzo per i grandi eventi e per il basket. Tutto inserito in un complesso polivalente con un velodromo, una pista di ghiaccio e lo stadio di calcio del Montichiari.

Il sold-out si manifesta con file chilometriche fuori dall’impianto. Tifosi da Bologna zero e all’ingresso viene data una sbirciata ai documenti per assicurarsi che non ci siano imbucati.

Entrato senza problemi, decido di appostarmi nella ringhiera sopra il settore ospiti, dove posso vedere il movimento nello spicchio riservato agli emiliani e avere una bella panoramica sulla curva di casa.

Riguardo agli Irriducibili Brescia ho già avuto modo di conoscerli un paio di anni fa, in occasione della finale con Pistoia. Discreto gruppo ma non di stampo ultras, a scanso di equivoci. Il loro tifo assomiglia più a quello del volley, con la differenza di offrire una maggior partecipazione durante l’intero arco della partita. La curva locale è già piena tre quarti d’ora prima del match.

Il settore ospiti era destinato a 400 persone. Le strisce stile “lavori in corso” delineano questo spazio destinato a non riempirsi. Tanto che, su pressione del pubblico bresciano, il settore coi suoi confini si dimezza in pochi minuti.

Mezzora prima della partita cominciano a far numero anche i Bolognesi. Entrano poco per volta. Camicie, polo, magliettine eleganti, solo qualcuno ha tshirt della Fortitudo e solo un paio osano con quella della Fossa. La gente diventa sempre di più, gli ospiti, improvvisamente, sono tanti, compressi e compatti. Forse sono anche 200. E meno male che c’è il divieto.

Poi, a pochi minuti dalla partita, qualcuno inizia ad aver caldo e si mette a petto nudo. Che sarà mai qualche tatuaggio esposto di fronte a cotanta calura? Poi, certo, questi signori distinti non possono fare a meno di essere contagiati dalla loro tradizione cestistica. Così decidono di compattarsi e, perché no, tifare… e il tifo inizia!

Qualcuno ha anche una bandiera della Fossa, perché non metterla in balaustra? Anche un “ospiti indesiderati”, pienamente rappresentativo, appare nei minuti iniziali. Questo gruppo formatosi improvvisamente intona i primi cori, facendo correre un brivido sulla schiena sudata a chi scrive.

Se il Palageorge fischia in toto, dal settore Irriducibili Brescia appare un “trasferte libere”: un momento da applausi. Se anche un gruppo dichiaratamente non ultras solidarizza col gruppo ultras per eccellenza del basket, vuol dire che certi abusi ormai non solo sono chiari come la luce del sole, ma mal tollerati dal sentire comune.

La sfida del tifo, assieme alla partita, può cominciare. I Bresciani calano una bella coreografia con cartoncini reversibili, mentre i bolognesi si affidano alla potenza della loro voce.

Almeno quattro tamburi, qualche megafono e la partecipazione incredibile del pubblico caratterizzano il tifo della Leonessa. È difficile farsi sentire oggi in questo catino.

Le squadre danno vita a un match equilibrato con una parità sostanziale nel primo quarto e Brescia di 4 avanti tra primo e secondo tempo.

La bilancia non si sbilancia da nessuna parte, e il tifo è ricco e partecipato da entrambe le parti. La parte bassa del tifo di marca Fortitudo, coinvolge spesso e volentieri tutti i presenti del settore, mentre ad intonare determinati cori, sponda Brescia, è spesso tutto il palazzo.

La sfida riprende per i due quarti finali. Brescia sembra prendere il largo più volte e un paio di volte la Fortitudo rientra in partita. Il Palageorge è una bolgia, pura polvere da sparo a contatto con la fiamma. I decibel sono alti e la partita diventa più tesa mano a mano che passano i minuti.

Solo nel finale Brescia prende il largo e festeggia (punteggio finale 71-63), con il palazzo in delirio a cantare e a battere le mani all’unisono. Ma le mani le battono anche i tifosi fortitudini, a sé stessi e alla loro squadra. Oggi hanno scritto un’altra pagina romantica di storia del tifo. Meno male che esiste ancora gente così.

Stefano Severi