Riceviamo e pubblichiamo una bellissima lettera di un tifoso romanista, sulla situazione romana
Mio fratello è figlio unico perché non ha mai criticato un giocatore senza prima vederlo.
Non ha fischiato Seydou Doumbia a Roma-Parma e ieri sera, mentre assisteva da casa alla partita dell’Olimpico, mi ha guardato con gli occhi spenti e tristi, mentre andava in scena la disinnamorata rappresentazione della schizofrenia del romanista 2.0.
Mio fratello è figlio unico perché è convinto che Totti non possa cambiare professione, perché è convinto che nel teatro gabrielliano non sta il segreto della felicità.
Lui non prende parti per alimentare polemiche sterili e dibattiti futili, né accetta di farsi cambiare i connotati in base ai moderni totem della sicurezza e del politicamente corretto. Che poi di corretto vi è poco, se non il dato meramente linguistico del provare a correggere qualcosa che però, di per sé, non è mai stato sbagliato.
Lui è convinto che anche chi non legge Roberto Maida possa tifare cent’anni.
Mio fratello è figlio unico, sfruttato represso calpestato e odiato soprattutto da chi, un tempo, era suo fratello non di sangue. Una sorta di “step ultras adoption” messa alla gogna in nome della normalità.
(Normale= seduto, zitto, se non per fischiare o applaudire a vanvera.
Anormale= cantare, saltare, gioire, esultare, accendere un fumogeno).
Mio fratello è figlio unico, deriso frustrato picchiato e derubato del suo sogno: la Roma.
Così l’aveva chiamato il suo viaggio onirico, con quei quattro caratteri che non sono palindromi solo nella testa di chi proprio non vuol capire.
Mio fratello è figlio unico, frustrato derubato e sottomesso dai fautori della logica del “Mentire per non marcire”.
Bersaglio di chi intravede lo spettro dell’ultrà anche in uno striscione dalle 101.5 sfumature di sterco. Non ti amiamo Mario, stacce. Frustrato da mesi di protesta civile fatta passare come un capriccio da parte di quattro riottosi senza arte né parte.
Mio fratello è figlio unico perché quando mamma e papà litigano non va dalla zia a parlar male di uno, o entrambi. Né cambia idea al primo loro sbaglio.
Mio fratello è anormale. E felice. Nonostante sia fuori, si sente sempre più dentro.
Con quel sentimento che oggi, a causa della lotta alle emozioni forti, lo rende un essere tanto speciale quanto unico.
Unico, come un gol della Roma che non potrà mai essere fischiato, come un coro della Curva Sud che ha l’amaro sapore di un passato lontano.
Forza Roma, je la fate ancora a dirlo o è rimasto solo mio fratello?
Gianvittorio De Gennaro