Che bello lo striscione, secco, deciso, lineare, senza mezzi termini, poche parole dal significato profondo e facilmente comprensibile, mittente e destinatario subito a contatto, ed il mondo intorno che si combatte sulla giustezza o meno, sul principio, sulla valenza e sull’eventuale capacità intellettuali degli “scriventi”.
Così Napoli si sveglia tappezzata di anomali riconoscimenti al suo Presidente, che dal suo canto la prende con filosofia, cosciente del fatto che bene o male si farà comunque a modo suo e che una guerra mediatica interna sarebbe tutt’altro che piacevole.
In sua difesa interviene mediaticamente la schiera dei perbenisti, come non mai pronti a puntare il dito verso quelli che ritengono i cattivi, quelli che rovinano il calcio, i disfattisti dai modi discutibili, quelli che non giovano della misericordia aureliana e quindi sono i nemici del calcio a Napoli.
Insomma siamo alle solite, se non altro per il tempismo estivo e le modalità scelte.
Una critica troppo pesante per chi dalle ceneri ha ridato vita ad uno spettacolo che in terra partenopea era eclissato o la consapevolezza per alcuni di non vedere materializzati quei famosi fatti proclamati e tanto attesi ma solo chiacchiere da cinema e comportamenti ed uscite poco affini alla volontà popolare azzurra?
I pensieri e le opinioni si intrecciano, spesso legandosi in forzature non amalgamabili tra loro, cercando così di voler uniformare un pensiero unico ma non per questo esatto.
Dalla C alla Champions è un dato di fatto incontestabile, una gratificazione sportiva per una tifoseria che ha ingoiato non pochi bocconi amari nella sua storia, ma che ha anche segnato campionati e periodi calcistici indimenticabili non solo sotto l’ombra del Vesuvio. Fatto sta che non sono pochi quelli che non giovano affatto della gestione societaria De Laurentiis, criticandone i proclami assurdi e le bizzarre ed offensive uscite, pronti a scucirne le lodi una volta riempito il vaso.
Per quanto la ragione solitamente stia nel mezzo, il dubbio sorge e la questione che viene a crearsi è d’obbligo: c’è da allinearsi a chi vede questa costante europea e questo pseudo scontro al vertice nei panni di anti-Juve come uno storico risultato raggiunto o sposare la causa Ultras, laddove si dipinge con tono negativo l’operato dell’imprenditore, rimarcando con disprezzo più il lato caratteriale che quello manageriale?
Vedere una squadra giocare ad alti livelli e su palcoscenici spettacolari per un tifoso di calcio non è cosa di poco conto, ma sentirsi dire “ Se volete vincere, tifate la nemica storica” dall’altro lato è un pugno nell’occhio.
Così come vedere arrivare un grande come Ancelotti è un onore per una piazza che vive di calcio, ma puntualmente gettare fango su chi lascia Napoli, con meccanismi e modi poco limpidi, dopo aver dato il massimo non solo in campo ma per la città intera, non rende onore agli uomini in questione, tantomeno ad una tifoseria blasonata come quella napoletana.
Storielle buffe come autoproclamarsi top-player, frutto di un egocentrismo da leader forse un po’ snaturato e non scelto, caratterizzano questa figura che non si sposa tanto con quel modo di fare tutto partenopeo, molto cuore e rispetto, una città che vive il calcio come riscatto sociale e pura passione, risultati a parte.
Il campo e gli spalti diranno che per amor di maglia ci si stringe e si avanti, incomprensioni comprese, e che alla fine certi matrimoni pur non avendo tutto questo feeling ed amore, possono dar vita a creature ugualmente meravigliose.
La Napoli Ultras continuerà a sostenere come sempre ha fatto ed eventualmente a protestare non contenta di chi la rappresenta, difendendo una città che di per sé è già primadonna e non ama chi vuole rubarle la scena, mentre la Napoli filo-societaria proseguirà ad elogiare plusvalenze, operazioni commerciali e risultati non eccellenti ma da vertice, nel nome di una posizione acquisita nel calcio che conta e che non vuole perdere.
È nelle diversità che qualsiasi operato diventa piacevole, senza quella continua e forzata voglia di rendere unici pensieri e visioni diverse.
Pasquale Diana