Il girone C della Lega Pro è ormai alla stretta finale. Dopo un serrato testa a testa tutto pugliese fra Foggia e Lecce, i rossoneri – reduci da 9 vittorie consecutive – guidano con 6 punti di vantaggio quando mancano 4 giornate al termine. Ospite allo “Zaccheria” è la Reggina, squadra che galleggia poco sopra la zona playout ed è forse la migliore delle avversarie possibili. A differenza del Lecce impegnato in un incontro molto più ostico in casa del Matera, terza forza del campionato. Se come i più ottimisti tifosi foggiani si augurano, si dovesse verificare l’allungo a +9, il campionato sarebbe di fatto chiuso, in virtù del vantaggio negli scontri diretti.

Si gioca alla vigilia di Pasqua, ma più delle ferie pasquali che mi portano in zona, a determinare la scelta di questa gara è la presenza di Sebastien, un amico francese, collaboratore a tempo perduto della nostra rivista e nostro stalker a tempo pieno. Della gara sarà anche Lillo, vecchio corrispondente di Reggio Calabria, per cui mi faccio allettare principalmente dall’idea di vedere due persone care in una sola partita.

Le contingenze storico-calcistiche-sociali le metto colpevolmente in subordine in un primo momento, ma verranno a prendermi per il bavero non appena metto piede in città. Alle 13, quando raggiungo Seba in centro e a piedi ci dirigiamo verso lo stadio. C’è una calura più estiva che primaverile. Le strade son deserte, sembrano tutti addormentati nella pigra ora di pranzo. Quei pochi come noi che vagano orfani degli impegnativi pranzi pasquali, hanno in realtà tutti la stessa ideale direttrice. I riflettori dello stadio sono la cometa che indica il cammino agli occhi, che aspettano di vederli spuntare, da un momento all’altro, nel labirinto di palazzi dai mattoncini rossi di via Amicangelo Ricci. Man mano che i metri avanzano, le arterie cittadine diventano grondanti di vita. Colore del sangue e colore della notte fonda che sembra lì per essere messa definitivamente alle spalle, dopo quasi vent’anni di buio.

Recuperato l’accredito senza difficoltà quasi mi illudo, contrariamente alle mie abitudini dell’ultimo periodo, di arrivare anzitempo allo stadio e godermi nella sua interezza l’atmosfera di questa giornata che potrebbe rivelarsi storica. Ma anziché puntare verso il verde del terreno di gioco, devo sventolare il pass “Stampa” per convincere gli steward a farci entrare in Curva Nord, sciorinando assurde scuse di improbabili interviste affinché il noto stalker francese di cui sopra possa rimpinguare la sua collezione di adesivi e sciarpe. Per par condicio, in mattinata aveva già molestato i ragazzi che nella Sud stavano montando gli striscioni, sempre per ottenere adesivi e sciarpe: ogni volta che lo incontro, mi stupisco sempre che non sia rimasto vittima ed eroe romantico di un qualche omicidio pasoliniano.

Finalmente, quando manca mezz’ora al calcio d’inizio, siamo dentro. Abbracci, saluti e chiacchiere con l’amico Lillo, ma il fiato del tifo comincia a pesare anche sul nostro collo, per cui scatti e emozioni finiscono per condizionare anche noi che siamo spettatori del tutto neutrali.

Lo “Zaccheria” veste il suo abito dei giorni migliori. Le gradinate son piene come non le vedevo da tempo immemore e la passione ed il colore traboccano da ogni dove. Oltre alla Gradinata Est, anche la Tribuna mostra striscioni e bandiere. Ma ovviamente sono la Curva Sud e la Nord a recitare la parte del leone. Il rosso e il nero dominano la scena visiva, inframezzati in mille combinazioni cromatiche e geometriche. Bandiere, bandieroni, striscioni, due aste, di tutto e di più.

Saltando a piedi pari stucchevoli discorsi sugli occasionali, anche i più fedeli credo abbiano sognato di rivedere lo stadio così, al netto delle difficoltà di reperimento dei biglietti o di coordinamento del tifo. L’amore vorrebbe essere sempre esclusivo ed egoista, ma in fondo la felicità è totale solo quando largamente condivisa.

La partecipazione collettiva e i primi ruggiti che si alzano nel prepartita sono a dir poco impressionanti, da pelle d’oca oserei dire. Anche io ho ceduto, nel passato recente, alla tentazione di andare a riprendere fiato all’estero, in quell’Est Europa particolarmente sugli scudi di questi tempi. Immergendomi però con tutti i sensi in questo pre-partita, mi sono accorto che negli occhi di tutte le altre donne cercavo sempre lei: quell’Italia ultras perduta nel tempo, la cui essenza è stata dimenticata a vantaggio della (sfilata di) moda, schiacciata da questa attualità barbara in cui l’isteria repressiva viene spacciata per sicurezza.

Girando all’estero puoi pure trovare eccellenze assolute, picchi sublimi, esempi di grande forma mentale e fisica. Altrettanto immancabilmente ti capiterà però di incrociare amanti di tifo stranieri che ti diranno poi: “gli ultras italiani restano i numeri uno”. Lo ammetto, ho sempre scambiato queste dichiarazioni per ruffianeria o – nella migliore delle ipotesi – per mancanza di senso critico, a fronte del triste scenario attuale di casa nostra. Vivendo invece prepartita intensi come questo mi rendo conto di quanto sia vero, di quanto ricca sia la varietà di tifo italiana, di quanto alta sia la qualità ad ogni latitudine, calcistica o geografica.

Parliamoci chiaro, il “Veciti Derbi” di Belgrado è un condensato di emozioni uniche, ma qui come in altre nazioni, a parte quel paio di tifoserie c’è poi il nulla. Un Bratstvo Prigrevica-Omladinac per la promozione in Prva Liga, la Serie B Serba, è capace di offrire lo stesso pathos di Foggia? Nella III Liga polacca ci trovi le stesse tifoserie dei gironi centro-meridionali di Serie D? La risposta è sempre e in ogni caso: no. Il calcio italiano avrebbe un patrimonio di valore inestimabile, se solo le istituzioni davvero volessero riportare la gente allo stadio come dicono. Peccato che lorsignori mentano sapendo di mentire, vista la mole di divieti, multe, barriere e burocratismi assurdi.

Quando i ventidue protagonisti scendono in campo, perdo letteralmente l’orientamento e il continuo spettacolo dei due settori mi costringe a ruotare il mio obiettivo da una parte all’altra, cogliendo spesso elementi di interesse anche in altri settori, ma perdendomi irrimediabilmente qualcosa. Fortuna che con tre fotografi, la copertura finale è risultata ugualmente uniforme e dettagliata.

La Curva Nord  si presenta con un tappeto fitto di sciarpe e bandiere da sotto al quale spuntano volute di fumo di torce sporadiche. Simile ma molto più ricca e composta è la coreografia della Sud: nel primo anello del settore c’è un lungo copricurva, nel secondo anello un pari stuolo di sciarpe e bandiere, il tutto arricchito da una fumogenata molto intensa e da torce ad intermittenza. Peccato solo che la direzione del vento non permetta al fumo di salire e addensarsi, ma finisca per disperderlo diminuendone l’impatto.

Se c’è una cosa che a prima vista non m’è piaciuta della Sud è il lungo striscione in pvc e stampato: a mio personale gusto, sempre meglio striscioni di fattura artigianale, meno perfetti, ma più umani e “veri” da un certo punto di vista.

Onestà per onestà, nemmeno lo striscione dedicato dalla Nord al duo comico Pio e Amedeo l’ho particolarmente apprezzato. Ma questo forse è un limite tutto mio, che fin dall’inizio non li ho mai trovati divertenti nella loro gag degli “Ultras dei Vip”. La messa in scena, per quanto non ne voglia e possa discutere la buona fede, è per me enfatizzante proprio di tutti quei luoghi comuni che il mondo esterno coltiva sugli ultras, considerati indistintamente ignoranti, volgari e stupidi. Ma ripeto, è un mio punto di vista e se la Nord ha inteso omaggiare questi due ragazzi, applaudendoli e abbracciandoli idealmente sotto il settore prima dell’avvio, immagino ne riconosca la veracità e la bontà che a me da esterno sfuggono.

Oltre a striscioni e fumogeni, il campionario del tifo è amplificato dalla presenza di tamburi e megafoni. Visto che mi sono già esposto, confesserò anche che personalmente, e da un po’ di tempo, le mie preferenze vanno tutte alla Nord, che risponde molto di più alla mia idea (estetica ed etica) di ultras. Nella prima parte di gara però, la bilancia del tifo pende tutta dalla parte opposta dello stadio: per continuità, potenza e varietà dei cori, la Sud è molto più convincente, anche se poi alla lunga le cose si equilibrano un po’. La Nord forse soffre la posta in palio o avrà subito maggiormente l’invasione degli occasionali, ma per quanto corista e zoccolo centrale si dannino l’anima (e lo fanno senza sosta!), il sostegno non decollerà mai del tutto.

Decisamente più equilibrata la ripresa, ma più in generale bisogna dire che il tifo subisce un totale ridimensionamento rispetto all’inizio e non poteva essere diversamente, perché sennò staremmo qui a parlare di una tifoseria extra-terrestre. Che non si equivochi: le manate sono da stropicciarsi gli occhi, i numeri davvero impressionanti visto che parliamo di terza serie, la qualità senz’altro degna di questa ormai prossima Serie B, solo che i primi minuti avevano dimostrato che proporzionalmente alla quantità, ci si poteva permettere una qualità di gran lunga superiore, ma va bene così.

Giusto per la cronaca, ci sono anche una quindicina di tifosi reggini, visibilmente non ultras. La parte ultras, solitamente riconoscibile dalla pezza “Dignità”, non ha preso parte all’incontro: anch’essa contraria alla tessera del tifoso, riesce però di quanto in quanto a far capolino nei settori ospiti, ma non questa volta. Forse il livello di guardia delle autorità era più alto del solito o forse il Foggia affida il ticketing online a qualche compagnia più scrupolosa, fatto sta che allo “Zaccheria” non si vedranno.

Per concludere con le note di cronaca, in campo la tensione psicologica si taglia a fette e nonostante l’evidente superiorità tecnica dei rossoneri di Stroppa, il risultato s’è lungamente trascinato senza variazioni, oltre che senza particolari sussulti che ne facessero temere un ribaltamento. Al 55′ però Loiacono si alza in volo e con un bellissimo colpo di testa libera lo stadio in un urlo di gioia incontenibile, irrefrenabile, atteso da due decenni e che rimbomba nel petto per la sua potenza.

Bello, davvero bello. Meno bello il nome del marcatore scandito su richiesta dello speaker, idem per le musiche che accompagnano questo momento e per la musica a inizio e fine gara: posso capire queste scelte in stadi semi-deserti e senza partecipazione, ma con un pubblico così è davvero penalizzante per il pubblico stesso, i cui slanci sonori in questi frangenti sono stati a dir poco incredibili e coprirli è stato davvero un peccato.

Sul campo del Matera, i lucani passano in vantaggio già al 28′ così che i sogni dei Foggiani possono viaggiare a briglia sciolta dopo il goal di Loiacono. Gioia effimera, durata dieci minuti, visto che al 65′, sul campo del destino parallelo, il Lecce raggiunge il pareggio con Costa Ferreira. Al triplice fischio finale, bando ad ogni scaramanzia, ad ogni calcolo e ad ogni remora, la festa scoppia come se la matematica avesse davvero suffragato la promozione: torce, cori, selfie dei giocatori sotto i settori, scene di giubilo di ogni tipo che poi si riversano pari pari per strada. Mancano tre giornate e al Foggia un solo punto per riprendersi ciò che le spetta, sportivamente parlando ma soprattutto come piazza, che senza dubbio può confrontarsi e dire la sua in cadetteria.

Bentornati Satanelli. Bentornate Curva Nord e Curva Sud.

Testo di Matteo Falcone.
Foto di Matteo Falcone, Lillo D’Ascola, Sebastien Louis.

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