Facendo mente locale, ricordo che l’ultima volta in cui mi ero trovato di fronte i livornesi risale alla stagione 2005-2006. Un Livorno-Empoli disputato all’Ardenza con un’ottima cornice di pubblico e una bella prestazione da parte di ambo le tifoserie. Sono passati quasi dieci anni e tanta acqua sotto i ponti. Tessere, divieti e restrizioni hanno segnato il passo di un certo modo di intendere lo stadio e dopo anni di volontarie scelte, dovute alla voglia di non sottoscrivere la tessera del tifoso, sembra che in riva al Tirreno i più giovani siano voluti tornare ad assaporare l’aria della trasferta. Biasimarli, francamente, mi risulta pure difficile. Per chi ha vissuto lo stadio “libero”, quello in cui partivi per andare nelle città avversarie il giorno prima senza che nessuno si sognasse di chiederti documenti, carte ministeriali e simili puttanate, è spesso troppo facile parlare e puntare il dito contro i più giovani che, vivendo di storie raccontate dai vecchi o di immagini scoperte su internet, decidono di fare un ulteriore compromesso per assaporare un po’ di quell’aria che altrimenti potrebbero solo immaginare.

E’ un discorso vecchio ed è ormai pure difficile stabilire chi ha torto e chi ragione. Mi fa schifo la tessera, mi fa schifo tutto quello che il calcio è diventato a questi livelli, ma non me la sento di dare degli “infami” o dei “servi dello stato” a chi ha fatto scelte differenti dalle mie. Del resto, servo dello stato lo sono anche io tutti i giorni, quando firmo i contratti lavorativi degni della Namibia, apro conti in banca con relative carte di credito e pago migliaia di euro a Comune e Stato per avere in cambio solamente disservizi e disagi. No. Davvero non sono nella posizione di biasimare e giudicare nessuno. Livornesi compresi.

Sta di fatto che il loro ritorno in trasferta, almeno della loro parte più giovane, ha suscitato il mio interesse. La partita poi, sotto il punto di vista calcistico, è anche importante. Seconda contro terza, con i ciociari che stanno disputando un campionato a sorpresa trovando ovviamente l’entusiasmo del proprio pubblico. Ed allora si va. Partendo da Trastevere mi è più logico optare per il treno a Termini rispetto al pullman che parte da Anagnina. Il mio Regionale per Caserta, stracolmo di pendolari, mi porta a destinazione in un’oretta. Il Matusa non è proprio dietro l’angolo e per raggiungerlo ci vogliono una ventina di minuti a piedi. Ritiro l’accredito e poi, essendo presto, mi concedo un giro attorno allo stadio. Stranamente oggi è anche possibile transitare davanti al settore ospiti, proprio come un tempo. Tuttavia di tifosi amaranto ancora non vi è traccia ed allora quando manca un quarto d’ora all’inizio decido di entrare. Gli steward mi obbligano ad esibire biglietto e documento, un qualcosa cui non farò mai davvero l’abitudine. Posso finalmente raggiungere la parte alta della tribuna.

Gli spalti oggi registrano il tutto esaurito ed il colpo d’occhio è più che buono. Quando le due squadre fanno il loro ingresso i livornesi ancora non sono arrivati, mentre la Curva Nord offre una bella torciata con gli Uber Alles che, come sempre, animano il tifo facendo parecchio colore nella loro zona. Sono sinceramente contento, oggi, di vedere tra i frusinati così tante torce (tra esultanze e momenti di fomento saranno davvero tante quelle accese). In Serie B è tutt’altro che facile trovare spazio per esibire la passione pirotecnica, televisioni e repressione ne vorrebbero la morte totale, ma fortunatamente ci sono ancora occasioni come queste in cui lo strappo alla regola è possibile. Per buona pace dei moralizzatori e pennivendoli da quattro soldi. Il 70% delle persone abituate a vivere lo stadio apprezza torce e fumogeni, lo dico con cognizione di causa perché sento i commenti e gli applausi che spesso scattano quando gli ultras si esibiscono in simili spettacoli.

L’ingresso del gruppo frusinate che occupa i Distinti coincide con quello degli ultras labronici nel proprio settore. Una sessantina in totale. Subito partono le invettive tra le due fazioni, a sottolineare una “simpatia”, dovuta principalmente alle diverse vedute politiche, che sembra sin da subito difficile sbocciare. Cosa dire di loro? Il fattore numerico è indubbiamente penalizzante. I motivi sono già stati elencati parzialmente all’inizio e sicuramente ci si mette anche l’essere venerdì sera e la distanza non proprio irrisoria. Di certo però questi ragazzi non si fanno scoraggiare dalla quantità puntando, come necessario, sulla qualità. A livello canoro gli si può imputare poco. Con una squadra che in campo viene letteralmente divorata da un Frosinone stasera incontenibile, i toscani non si fermano un minuto, concedendo anche il petto nudo nel secondo tempo, quando la temperatura si fa oggettivamente poco simpatica.

I frusinati, oltre alle torce accese, stasera sfoderano davvero una buona prestazione. Cori tenuti quasi sempre a lungo, battimani e cori a rispondere fatti molto bene. L’entusiasmo che la squadra sta creando è sicuramente d’aiuto per loro ma nel calcio, checché se ne dica con slogan preconfezionati, i risultati sono importanti e fanno la differenza. Soprattutto perché sono finiti i tempi in cui in una curva da 3000 posti 2500 avevano una mentalità quantomeno contigua a quella degli ultras. Meritano di essere citati anche i ragazzi dei Distinti, come sempre un buon gruppetto che tifa per tutto l’incontro dando anche spettacolo con qualche torcia.

Sul terreno di gioco, come detto, la sfida è davvero iniqua. All’iniziale vantaggio del Livorno il Frosinone risponde con una reazione rabbiosa, infilando per ben 5 volte l’estremo difensore labronico. L’entusiasmo è alle stelle al Matusa visto che, in attesa della gara del Carpi a Brescia, i canarini occupano la prima posizione in coabitazione con gli emiliani. Al triplice fischio applausi per i padroni di casa che restano una decina di minuti in campo per raccogliere il tributo del pubblico, mentre i giocatori del Livorno si portano sotto i propri sostenitori per scusarsi. Questo genere di scene ormai sono viste con il fumo agli occhi da parte di quella sorta di giornalisti che noi stipendiamo con il canone Rai. Eppure, secondo me, si è trattato di un gesto quasi dovuto verso chi tra andata e ritorno si è sobbarcato quasi 900km per assistere ad una prestazione oscena, spendendo soldi e prendendosi il freddo di questa serata. Tante volte questi tromboni farebbero bene a cucirsi la bocca e parlare, che so, di bricolage o badminton.

Il freddo stringe d’assedio anche me quando all’esterno dello stadio temporeggio una mezz’oretta in attesa di un ragazzo che si è offerto di portarmi a Roma in macchina. Ma non c’è problema, a strapparmi un sorriso ci pensa un giocatore del Frosinone che uscendo dallo stadio saluta tutti con il sorriso sulle labbra ed abbraccia la ragazza ed il cane prima di andare a casa. Sarà una scena mielosa, non lo metto in dubbio, ma ogni tanto fa piacere ricordare che, in fondo, in campo ci sono ragazzi come noi. Il problema è quando sono loro a dimenticarlo per poi lamentarsi se qualcuno glielo ricorda con un po’ di veemenza. Come diceva il buon Ciotti: da Frosinone è tutto. Grazie.

 Simone Meloni.