Dicono che il meravigliarsi sia figlio dell’ignoranza.
Ignoranza nella sua essenza primordiale di non conoscenza di un determinato fenomeno, più che nel suo senso moderno e discriminatorio.
E il caso legato all’allontanamento di Paolo Di Canio dagli studi di Sky Sport, mi ha fatto proprio venir in mente questo aforisma, esempio lampante tale vicenda di come ancor ci si stupisca della rotazione solare o dell’istinto carnivoro di uno squalo.
Alzi la mano chi non era a conoscenza del pensiero politico dell’ex attaccante nato a Roma nell’anno delle grandi contestazioni di piazza, dagli Stati Uniti passando per la Francia e l’Italia.
Qualcuno con le mani levate al cielo? Dubito fortemente, in quanto ogni buon intenditore-appassionato-maniaco del pallone ha almeno una volta in vita sua visto le foto della sua esultanza al termine del vittorioso derby del 6 gennaio del 2005, oppure avrà letto qualche articolo sdegnato di penne sbalordite appunto dalla persistenza di idee e gesti che hanno fatto parte del passato. Come se fosse possibile dar fuoco a tutte le radici di un albero, negando ad esso la possibilità di abbeverarsi qualunque essa sia la fonte.
Paolo Di Canio, calciatore giramondo ammirato sia nel Belpaese sia soprattutto in Inghilterra, è fascista. E quindi? Verrebbe da chiedersi con una certa leggerezza, se non ci si dovesse poi scontrare con un buonismo scevro del più banale ragionamento umano.
È vero, il nostro ordinamento impone determinate sanzioni in merito all’apologia di un movimento che, per molti, ha rappresentato il nostro personalissimo medioevo moderno; è pur vero però che la libertà di pensiero ed opinione è un diritto costituzionale inviolabile; è sacrosanto constatare quanto il mondo non sia ciò che vogliamo e che bisogna convivere anche con qualcosa a noi avverso, o deprecabile.
Io, da tifoso romanista, non nutro certo una simpatia nei confronti dell’ex “bandiera” biancoceleste che ha inoltre vestito le maglie di: Ternana, Juventus, Napoli, Milan, Celtic, Sheffield Wednesday, West Ham, Charlton e Cisco Roma.
No, Paolo Di Canio non mi andrà mai a genio e continuerò con ciclica frequenza ad insultare la sua memoria sportiva, in ogni circostanza in cui si presenti l’occasione. Cose da tifosi, non c’è da meravigliarsi neanche di questo.
Eppure tutto questo polverone mediatico, questa rivolta sdegnata tipica del perbenismo di questa tirannica maggioranza benpensante, questo attacco verso un signore colpevole di avere un’idea, anche la più errata, e di aver ricoperto il proprio corpo con dei tatuaggi di dubbio gusto, per alcuni, proprio non mi è andato giù.
“Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”, alla maniera di Evelyn Beatrice Hall.
E così, mentre Sky decideva di allontanare dai suoi studi un vero esperto di calcio, con tutti i suoi pro e i suoi contro (è laziale, appunto – ironia, ndA) per distacco fra i migliori del team della brigata Murdoch, pensavo a quanto fosse ingiusto tutto questo.
E se il bravissimo medico che un giorno vi salverà la vita fosse, che ne so, un nostalgico di Stalin o di Hilter, voi che fareste: vi lascereste morire o vi affidereste alle sue mani sapienti? Sapete l’orientamento politico-religioso-sessuale del vostro panettiere, dell’impiegato di banca, del commercialista, del professor di vostro figlio?
Da quando in qua l’essere umano si giudica in base ad un’idea e non dal suo operato?
Ragionando per paradossi, mi state dunque dicendo che è meglio un democristiano incapace che un competente estremista dell’una o dell’altra sponda?
Permettetemi di dissentire, non essendo dalla parte di Di Canio per quanto riguarda la bandiera politica da issare.
“Io sono di destra, destra sociale per l’esattezza, ma al contrario di quello che può pensare la gente schiava di una comunicazione corrotta e inquinata non vado in giro con il bastone a picchiare le persone di colore. Conosco tanta gente con la pelle diversa dalla mia, ho vissuto otto anni in Inghilterra che è uno dei paesi più multietnici del mondo, non posso essere razzista. Io sono un buon marito, un padre attento, un uomo rispettoso del prossimo, della legge, della Patria e un grande lavoratore. E sono di destra”.
(Paolo Di Canio)
Combattere qualcosa a noi avverso con la repressione è come tentar di spegnere il fuoco che divampa soffiandoci sopra. Lo insegna la Storia dell’Umanità, quell’umanità ridottasi a lanciare invettive e chiedere esili in massa piuttosto che confrontarsi con la realtà delle cose. I fascisti esistono ancora, i comunisti pure. Sono intorno a noi, vicino a noi, dormono nei nostri edifici, mangiano nei nostri ristoranti, prendono i nostri taxi. Perché sono come noi, ma hanno un’idea diversa.
Da rispettare, anche se si chiamano Paolo Di Canio e, ai miei occhi di romanista, rimarrà sempre quello che ha vestito la maglia del Napoli, quello della corsa sotto la Sud e di una altrettanto detestabile esultanza di fronte alla mia Curva.
Post scriptum: Ilaria D’Amico ha avuto un figlio da Gianluigi Buffon, colui che vestì la numero 88 (88, che vi ricorda?) o del “Boia chi molla” nelle sue prime esperienze calcistiche nel massimo campionato italiano. Cacciamo anche lei?
Zvonimir Boban ha tirato tanti anni fa un calcio in faccia ad un poliziotto, allontaniamo anche lui per apologia della violenza?
Gianvittorio De Gennaro.