Doveva essere una stagione interlocutoria questa per il Parma. Neopromosso in serie B aveva sì dalla sua l’onda lunga dell’entusiasmo per la duplice promozione che lo aveva portato fin qui dopo il fallimento e la conseguente ripartenza dalla D, però forse nemmeno i più ottimisti pensavano di poter ambire da subito alla promozione in Serie A. Eppure dopo un buon girone d’andata, in cui aveva veleggiato costantemente in zona playoff, una serie di buoni risultati l’hanno proiettato lassù in alto, a giocarsi il secondo posto utile alla promozione diretta contendendosela punto su punto con Palermo e Frosinone. Il primo è ormai praticamente nella cassaforte dello spietato Empoli che guarda tutti dall’alto dei suoi dieci punti di distacco. Che a sei giornate dal termine solo con un suicidio potrebbero essere dilapidati. Nella peggiore delle ipotesi resterebbe pur sempre per i ducali la lotteria dei playoff che seppur dovesse risultare inclemente con i sognatori, permetterebbe comunque ad una società e a una piazza in rialzo di non bruciare le tappe e crescere gradatamente.
Ma al bando di queste ciance calcistiche, che nella mia bocca sono credibili quanto quelle dei politici che dicono di parlare per il bene del Paese, non è nulla di tutto ciò a riportarmi a Parma, bensì la voglia di rivedere dopo diversi anni all’opera i “Boys”, un gruppo per cui personalmente ho sempre avuto un debole. È troppo facile innamorarsi di Belen Rodriguez o dei Deljie della Stella Rossa. È inevitabile. Ma sono amori platonici, irraggiungibili, che sembrano più che altro alibi per non doverci mai sbattere la testa contro l’amara realtà pratica di tutti i giorni.
I “Boys” in tutte le volte in cui li ho visti non sono mai stati autori di una prova di tifo da farmi spellar le mani ad applaudirli o sperticare in lodi nel raccontarne le gesta (tranne forse un bel Parma-Rimini e Bologna-Parma spareggio per rimanere in A). Rappresentano però la mia sintesi di gruppo perfetto con la quale desidero ancora una volta fare i conti, una prova del nove per capire se mi sto sbagliando, dove sto sbagliando nell’idealizzarli. Ma trovare comunque ancora al suo posto questa realtà è già una risposta, è già un segnale di speranza in un movimento ultras nazionale in cui i grandi gruppi della nostra tradizione sono stati soppiantati da micro-gruppi individualistici e autoreferenziali, schiacciati dal peso del tempo, dalle divisioni interne, dalle lusinghe della moda. A memoria non mi sovvengono tanti altri esempi di uguale longeva coesione interna, restando ovviamente in pari termini di confronto.
Non c’è particolare mordente ultras in questa gara che contrappone Parma e Carpi. Nonostante la prossimità geografica poco o nullo l’astio tra le parti, o quantomeno sarebbe più corretto dire che non ne hanno i parmigiani: a dire il vero i carpigiani ci proveranno, in un paio di occasioni, ad offendere i padroni di casa ma ne ricaveranno solo totale ed emblematica indifferenza. Allo stesso modo, qualche coro offensivo sarà riservato anche agli empolesi.
La tifoseria carpigiana si presenterà divisa in tre tronconi: da una parte “Guidati dal Lambrusco” e soci, numericamente i più consistenti, di fianco a loro i “QuarantunoZeroDodici” mentre in alto, all’ombra del tabellone luminoso, il resto del pubblico disinteressato al tifo che cerca di godersi la partita e un po’ di refrigerio da un sole tendente quasi più all’estivo che al primaverile. Secondo le stime ufficiali del Parma Calcio, sono 252 i ticket staccati nel loro settore: niente di trascendentale data la vicinanza e la categoria, ma nemmeno disprezzabile in ragione della loro dimensione, però così mal compattati finiranno per produrre un tifo vocale tutt’altro che memorabile, specie in virtù del fatto che saranno più uniche che rare le occasioni in cui le due entità si uniranno nei loro cori. Bella sciarpata iniziale sul versante GdL e una serie di altrettanto belle manate. Poco o nulla d’altro da segnalare.
La Curva Nord “Matteo Bagnaresi”, che esordirà come sempre intonando forte al cielo il nome dell’amico scomparso, si presenterà con un bel colpo d’occhio, numerico e cromatico. O per dirla tutta andrà riempiendosi con il passare del tempo, presentando una sostanziale differenza di numeri fra l’inizio della partita e l’inizio del secondo tempo, allorquando le presenze nel settore caldo del tifo locale aumenteranno a vista d’occhio. Complessivamente, le stime ufficiali comunicate dalla società gialloblù parlano di 11.151 spettatori, comprensivi della quota abbonati di 9.330 unità. In piena lotta per la Serie A si può fare forse di più, i 1.821 paganti sono onestamente pochi, ma fare paragoni geografici con altre piazze o temporali con altre epoche storiche, è un po’ come misurarsi l’uccello, ovvero un giochetto che può sembrare intelligente solo se sei appena entrato in età pre-puberale.
Al calcio d’inizio, al di là delle valutazioni numeriche, la Nord presenta una coreografia semplice nella composizione, frutto di un tappeto di sciarpe, bandiere e due aste, la cui riuscita è però ottima in termini di colore. Colore che se non nella stessa densità, si presenterà comunque continuativamente per l’intero arco dei novanta minuti. Parlando di tifo vocale, quando l’abbrivio iniziale si esaurisce e il grosso dei presenti si lascia prendere dagli eventi del campo, il sostegno alla squadra che era iniziato in maniera molto fragorosa, si assesta su ritmi non di certo trascendentali, con pochi picchi di potenza ma con tanta continuità. La riuscita generale è comunque degna, un buon zoccolo centrale segue costantemente i coristi, bello l’impatto scenico dei battimani, alimentati anche dal ritmo del tamburo e i cori, per quanto e come detto non potentissimi, arrivano comunque in campo ben scanditi e perfettamente decifrabili.
Il periodo migliore di tifo è nell’ultima parte di gara, quando la squadra appare visibilmente in difficoltà in campo e ci mettono tutto il proprio impegno e la propria voce per spingerla a dar fondo a tutte le proprie energie. Aiutati in questo frangente anche dal resto della curva e anche dalla tribuna che accompagnano talvolta con la voce e più spesso con il battito delle mani i loro cori per capitan Lucarelli e soci.
In campo, per chiosare, un ottimo Parma passa in vantaggio e continua con ferma volontà a cercare il gol della sicurezza. Paradossalmente però, dopo averlo raggiunto, subisce dapprima il pronto ritorno del Carpi che accorcia le distanze e ne resta poi in balia rischiando di venir nuovamente impattato. Nonostante un lunghissimo e contestatissimo recupero, che infervora ancor più i presenti, la beffa non si consuma e il Parma incamera tre punti pesanti, che proiettano la squadra di D’Aversa al secondo posto in classifica, quello che vale la promozione diretta in Serie A. E ci rimarranno anche dopo il posticipo del Frosinone, che cede in casa alla capolista Empoli. Non so se augurar loro il ritorno in quella massima serie così malamente perduta, sarebbe forse un passo troppo lungo nel percorso di crescita strettamente ultras, ma per la singolarità di questa tifoseria, così particolarmente coesa, così orientata al collettivo, in un movimento nazionale dove vige l’individualismo e il protagonismo, che sono la peggiore antitesi all’essenza ultras, sarebbe secondo me un premio che gli spetterebbe di diritto.
Testo di Matteo Falcone.
Foto di Giovanni Padovani e Francesco Passarelli.
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