La notizia, che non sarebbe neanche notizia, è che per raggiungere il campo Nicolino Usai, sono costretto a tirar fuori vecchi moccoli che anche io pensavo di aver chiuso in un cassetto segreto del dimenticatoio. Sì, perché ovviamente, essendo sprovvisto di macchina, devo fare i conti con i mezzi pubblici e soprattutto con Via del Casale Rocchi, dove il campo è posto, che sembra non arrivare mai. Alla fine ce la faccio proprio qualche minuto prima del fischio d’inizio, riuscendo persino a consegnare il documento all’arbitro ed entrare regolarmente in campo.

Disavventure mattutine a parte, metto piede per la seconda volta nella tana dei Warriors, gruppo che da qualche anno ormai segue con assiduità il Casal Barriera, squadra del quartiere Pietralata, popolosa borgata nella zona nord-est della città, resa peraltro celebre da diversi racconti riportati da Pasolini nei suoi libri incentrati sulle periferie romane.

In tutta la miriade di gruppi nati al seguito delle squadre di quartiere, gli ultras gialloverdi sono sicuramente quelli che finora hanno avuto più continuità e crescita. Basti pensare all’impostazione embrionale che avevano qualche stagione fa e all’organizzazione meticolosa e sempre più crescente che hanno acquistato nelle ultime stagioni.

Quest’oggi di fronte c’è il Torrenova, club della zona sud di Roma che da quest’anno può contare sull’apporto degli Arditi, ragazzi di Tor Vergata che hanno deciso di seguire le sorti dei biancorossi in casa e in trasferta. Evidentemente anche per loro trovare il campo non dev’essere stata impresa facile, tanto è vero che riusciranno ad entrare sulle gradinate a partita iniziata, appendendo la pezza ed affrettandosi a sistemare uno striscione che omaggia gli avversari e la loro difesa del cosiddetto “calcio popolare”.

Nel frattempo la gara è in corso di svolgimento e le due fazioni si confrontano a suon di cori. Su sponda casalinga il tifo verte su canti ben eseguiti e ritmati dall’ottimo suono del tamburo, vera e propria novità di questa stagione. Come ebbi modo di dire anche in passato, a tal merito, è apprezzabile l’apertura mentale con cui questi ragazzi hanno reintrodotto sugli spalti uno strumento per troppo tempo emarginato nella Capitale, e come inoltre siano stati abili ad adattare i cori al suo ritmo. Non mancano poi diversi fumogeni e qualche torcia che, assieme alle bandierine con i colori sociali, colorano l’ottima prestazione.

Su fronte ospite sono una decina i presenti che, con un bandierone, si posizionano dietro la rete, tifando con discreta continuità per tutta la gara.

Ovviamente starà a loro dimostrare di saper mantenere l’impegno preso e soltanto il tempo ci saprà dare una risposta. Questa penso sia una valutazione obiettiva da fare a prescindere, in questi casi, dato che in molteplici zone d’Italia, negli ultimi anni, sono sorte piccole realtà locali, sulla scorta dello svuotamento dei grandi stadi, ma la maggior parte di essi non ha saputo mantenere la costanza, mollando poco dopo. Il ritorno alle origini, la scelta di sostenere la propria realtà, è un qualcosa di onorevole, ma ovvio che necessiti pazienza e perseveranza. Il tempo ci saprà dare risposte concrete.

Ultimo focus sulla partita in campo: negli ultimi tempi, per apprezzare il calcio, sono sempre più convinto che occorra bazzicare questi campi. Zero fair play, parecchie botte e pure parecchi gol, come in questo caso. Alla fine sono i padroni di casa a vincere per 3-2, con il festeggiamento finale sotto ai tifosi, in un quadro che esalta ancor più queste categorie, dando una seria spinta alla finzione scenica e viscida della Serie A.

Il freddo continua a pungere, così dopo aver ripreso il documento e lasciato la pettorina mi avvio nuovamente verso la metro: mi aspetta l’Olimpico e la sua ormai conclamata tristezza. Al momento il progetto di riportare persone e famiglie allo stadio sta funzionando al contrario: gli spalti delle categorie dilettantistiche si riempiono, quelli della Serie A sono sempre più desolati e deprimenti.

Simone Meloni.