L’assegnazione dei campionati Europei di calcio del 2032 ad Italia e Turchia provocherà una pioggia di euro che, almeno in parte, serviranno per la ristrutturazione e la riqualificazione dei nostri impianti sportivi. La manifestazione che ci vedrà protagonisti in coabitazione con la Turchia è l’ennesima dimostrazione di come il business vada in deroga a tutte le buone intenzioni considerando che il governo turco almeno un paio di diritti umani, giusto un paio, li abbia lasciati più che volentieri chiusi in un cassetto. Che probabilmente non verrà mai aperto, con buona pace della popolazione curda che, tanto per fare un esempio, è stata decimata con il beneplacito di gran parte dell’Europa.

Lo spettacolo deve andare avanti e non saremo noi a fermarlo. Gli Europei di calcio saranno una grande manifestazione, magari ottimamente organizzata ma conoscendo i polli del nostro pollaio ed avendo ben in mente le nefandezze di Italia ’90, possiamo immaginare o comunque dubitare, di come questo fiume di denaro potrà mai essere investito. Si diceva degli stadi, già c’è un elenco (ufficioso) di quelli che verranno utilizzati, poi ne verranno scelti un altro paio come possibili alternative, al tifoso interessa principalmente che uno stadio sia accogliente e magari economico visto che i prezzi dei biglietti sono saliti alle stelle per quanto il vecchio e decrepito mantra ci voglia convincere che “gli stadi sono vuoti per colpa della violenza dilagante”.

Che alcuni nostri impianti versino in condizioni disperate o quasi è sotto gli occhi di qualsiasi sportivo, in alcuni casi le ristrutturazioni sono state ottimamente realizzate, in molti altri casi il risultato è stato di gran lunga inferiore, qualitativamente, a quanto ipotizzato. Assodato che il tifoso o comunque chi mette piede in uno stadio è visto come un cliente, il proprietario dell’impianto, chiunque esso sia, in un mondo ideale farebbe un’indagine di mercato per sapere cosa chiede la clientela, quali migliorie reclama o quali servizi ritiene essenziali e quali totalmente superflui. Allo stato attuale sembra che del cliente non interessi nulla a nessuno e questo è un paradosso tutto italiano, visto che in altri ambiti il cliente è coccolato in varie maniere, se non altro perché porta soldi ed unge quella macchina che deve necessariamente fruttare, produrre utili.

Durante il turno di coppe europee appena terminato, abbiamo assistito a diverse coreografie di ottima qualità offerte in giro per l’Europa, l’aspetto che mi ha lasciato meravigliato sono le parole dei commentatori che elogiavano questi spettacoli come se alle nostre latitudini fossero impensabili. Sono in realtà impensabili per le norme che regolano i nostri impianti sportivi, sono impensabili se in alcune città non puoi introdurre in curve neanche uno striscione di carta, sono impensabili per certe imposizioni prese sull’onda dell’emotività seguita ad un fatto di cronaca nera e non dopo un ragionamento ponderato. In questi decenni alcune riforme riguardanti la sicurezza negli stadi hanno di fatto reso lo stadio più insicuro, per quanto alcuni numeri che ci vengono propinati vogliano addolcirci la pillola. I numeri è vero che non mentono ma vanno saputi leggere e soprattutto interpretati. Ecco che i nostri impianti, in molti casi vecchi e scomodi, vengono privati del colore e della passione, il tifoso ha poco margine di movimento, i prezzi dei biglietti sono mediamente alti, aggiungiamo pure la trafila per acquistare un biglietto in alcuni casi poco chiara, resta la sensazione che lo stadio resti un luogo per quei vecchi incalliti amanti del calcio oppure per chi si può permettere di spendere per sedersi su una poltroncina riscaldata con la possibilità di gustare un drink o un apericena come va tanto di moda.

L’Arena Garibaldi, anche per un occhio non troppo attento, avrebbe bisogno di una ristrutturazione, magari solo parziale perché l’impianto ha una propria anima, una forma che rimanda subito ad uno stadio di calcio, lontana da quegli impianti costruiti in fretta e furia uno uguale all’altro, senza fantasia.

Da ricordare che nei giorni antecedenti l’incontro, la Toscana è stata flagellata da venti e pioggia che hanno causato danni, morti e feriti tanto che anche alcune partite di calcio sono state rimandate. Questo pericolo è stato scongiurato a Pisa, dove la partita si è giocata ma la capienza dello stadio è stata ridotta: in gradinata sono stati fatti entrare solamente gli abbonati dopo che era stata presa in considerazione l’ipotesi di tenere il settore completamente chiuso. Le condizioni atmosferiche hanno causato dei danni alla sua struttura ed alla fine gli organi competenti hanno autorizzato l’ingresso dei soli 945 abbonati, fatti confluire nelle prime sei file chiudendo di fatto con dei teli bianchi la restante porzione di settore. Questo aspetto ha caratterizzato la prima parte del tifo, o sarebbe meglio dire del non tifo, della Curva Nord che infatti ha scaldato i motori verso il quindicesimo minuto, esprimendo il proprio pensiero sulla vicenda. Come mi piace sottolineare in questi casi, la Curva agisce da cassa di risonanza di un certo malessere ed i restanti settori dello stadio appoggiano chiaramente questa decisione, applaudendo gli ultras e persistendo su quella unità di intenti che da qualche anno esiste tra le diverse anime che popolano l’Arena Garibaldi.

Anche da parte comasca ci sono i quindici minuti di mutismo totale, poi viene aperto lo striscione “Como 1907” che viene tenuto in mano, scelta che premia praticamente sempre, e parte subito il tifo, compatto e continuo. Esteticamente i comaschi risultano un gruppo coeso, qualche bandierone ai lati dello striscione, diverse bandiere a due aste che restano perennemente alte ed un incitamento che coinvolge tutti; di momenti di pausa neppure a parlarne ed alla fine della giornata possono asserire di aver fatto in pieno il proprio dovere.

I padroni di casa colorano la curva con i soliti bandieroni, qualche torcia si accende nelle varie fasi della partita, si nota una crescente insoddisfazione verso i risultati ottenuti dalla squadra ma, a parte uno striscione dove si chiede un maggior impegno, il sostegno non viene mai meno. Nella seconda frazione di gioco, la pioggia che cade in maniera abbondante non favorisce nessuna delle due tifoserie: c’è chi cerca un riparo di fortuna, c’è chi resta imperterrito sui gradoni. La pioggia accende una partita che risulta gradevole, nulla da eccepire sul piano dell’impegno e salomonico pareggio che non accontenta e non scontenta nessuno.

Valerio Poli