Come diceva Daniele Luttazzi nei panni del giornalista Panfilo Maria Lippi, cerchiamo di riformulare in versione ridotta una notizia apparsa ieri su questo sito “per venire incontro alle vostre capacità mentali”. palummellaInfameVa bene che è un periodo di nervi scoperti e fragilità, però non essere nemmeno in grado di distinguere lucciole da lanterne è grave. Ancor più se, aprendo l’articolo inserito all’interno della nostra rassegna stampa, appariva scritta chiaramente la fonte esterna, “Calcioblog”, da cui l’articolo era stato ripreso, assieme ad una nostra introduzione di netta contrapposizione alle parole espresse in quello stesso articolo. Viene il dubbio che la gente nemmeno apra più i link e sia capace di leggere, ma si fermi piuttosto ai titoli crogiolandosi nell’ignoranza e nella presunzione di sapere già tutto.

Vabbe’, andiamo oltre. Nell’articolo in questione, apparso in varie versioni anche su altre testate, si concedeva parola a Gennaro Montuori, al secolo “Palummella”. Per i più giovani o per i meno vicini all’ambiente napoletano, questi era uno degli esponenti più in vista del tifo partenopeo degli anni ’80, nel pieno del boom Maradoniano, allorquando il prototipo degli ultras non si discostava di molto dalla macchietta folokloristica e “pulcinellesca”, fonte di equivoci e vettore di infezione dei più feroci luoghi comuni su Napoli e la sua gente.

Sciolto il “Commando Ultrà Curva B”, la Napoli Ultras ha lavorato e obiettivamente rivoluzionato completamente il proprio modo d’essere rispetto a queste gag da sceneggiata trasportate anche al cinema (mi si perdoni la bestemmia) in “Quel ragazzo della Curva B” di Nino D’Angelo. La Napoli Ultras degli anni a venire ha scavato un solco con questo passato, divenendo una delle realtà più rispettate e al tempo stesso odiate dell’intero panorama italiano. Da “Non c’è sapone che ci possa lavare” a “Napoli Colera”, i partenopei hanno spesso preferito metterci la faccia, chiedere conto ed esporsi fattivamente a difesa di sé, piuttosto che perdersi in un piagnisteo infinito, altro classico cliché che sta tornando di moda da quando in trasferta ci vanno solo i neomelodici alla “O’ surdato ‘nnamurato” che però per il resto della partita assistono in religioso silenzio, da perfetti clienti del calcio moderno.

Lungi dalla mitizzazione acritica degli ultras napoletani, perché anche loro si trascinano dietro problematiche irrisolte, retaggio della dura realtà metropolitana da cui provengono. Ma il punto non è questo, quanto piuttosto sottolineare che da “Palummella” ad oggi Napoli, la Napoli del tifo è cambiata totalmente e chiedere a lui lumi al riguardo sarebbe come chiedere ai nostri nonni una disamina sullo slang giovanile: non ne saprebbero semplicemente nulla.

Montuori non conta niente nella gerarchia attuale del tifo, oltretutto gli ultras hanno preso spesso le distanze da lui in maniera molto forte, come quel “Palummella infame” apparso in un Napoli-Siena di qualche tempo fa. Perché dunque questa persona dovrebbe mai essere intervistata o avere il privilegio di esprimere cosa è giusto fare o non fare in merito al tifo napoletano? Non è dato saperlo, non ci sembra nulla più che il classico tappabuchi di un giornalismo sempre più sciatto e senza sostanza.

Ammettiamo che siamo in democrazia e che anche alle pulci è concesso di fare la tosse ma, in una analisi dal nostro  punto di vista strettamente ultras, abbiamo trovato il tutto non più che riconducibile ad una accozzaglia di banalissime frasi fatte e stupidissime sentenze: i cori contro i napoletani ci sono sempre stati, si è sempre inneggiato al Vesuvio, all’Arno, all’Heysel e a Superga, per cui propinare la nostalgia del “eeeh, ai nostri tempi era tutto più bello, tutta questa violenza e quest’odio non c’erano…” è veramente ridicolo. Il mio primo ricordo personale di “discriminazione territoriale” risale alla mia infanzia (e avendo 37 anni parliamo di diversi anni fa…) quando mi catturarono le immagini del TG1 che mio padre imponeva a tutti all’ora di pranzo, anche a noi che avremmo preferito i cartoni animati vita natural durante: era un video dei tifosi veronesi, il boato della folla era quasi indistinto e ruggente, solo i sottotitoli rendevano intelligibile il senso di qualcosa che per me, bambino, restava comunque indecifrabile, eppure ricordo ancora chiaramente. “Quanto puzzate, terroni quanto puzzate…”. Se poi vogliamo parlare di violenza pura e non solo verbale,  negli stessi anni bucolici di Palummella fu ucciso Vincenzo Paparelli, proprio da un colpo di pistola, seppur lanciarazzi, fu bruciato vivo Stefano Dall’Oglio, erano gli anni di Fonghessi, di Furlan, di De Falchi, di Filippini, di quale idilliaco scenario parliamo, ordunque?

Al netto delle banalità senza fondo di sussistenza, ancora più raggelante è l’ipotesi risolutiva per venir fuori da questa impasse: “Secondo me bisognerebbe vietare da subito le trasferte. Ognuno tifa a casa sua”. In pratica finire il lavoro a favore delle televisioni del cui mondo lui è nel frattempo entrato a far parte come presentatore, seppur in una piccola tv locale. Una perla di rara assurdità, cioè rendere gli stadi e lo spettacolo del calcio ancora più triste di quanto già lo sia diventato.

Però non disperiamo, Montuori ha una soluzione al grigiore degli spalti: “Introdurre dei premi per le tifoserie capaci di organizzare le coreografie più belle”. E quali dovrebbero essere, di grazia, le tifoserie che le organizzano, visto che ormai sono state criminalizzate e messe al bando quasi completamente? Si può chiamare “coreografia organizzata dalla tifoseria” quelle che paga la “Tim” allo Juventus Stadium? Oppure quelle che organizza lui stesso in tribuna a Napoli con le proprie bandierine e i propri cartoncini sponsorizzati? Praticamente per essere “tifosi per bene” dobbiamo accontentarci di fare le marionette, a quanto pare, stare zitti e muti dopo aver fatto da manodopera gratuita alle multinazionali che gravitano attorno al pallone.

C’è ancora spazio per un’altra proposta: “incentivare i messaggi in positivo, come i cori a favore e penalizzare quelli contro”. E quali sarebbero, chi lo stabilisce il confine fra il bene e il male? Il pro e il contro? In questa “Arancia Meccanica” da stadio, pare che nemmeno più un “Merda” al rinvio del portiere avversario sia tollerabile (cfr. Juventus-Udinese 2013/14). Vorrebbero dirci cosa fare, come farlo, cosa è bene, cosa sbagliato e pretendono pure che tutto questo lo si debba trovare divertente. Beh, c’è poco da ridere, specie se chi spaccia queste oscenità è una persona che allo stadio ci andava, ma a quanto pare hanno ragione gli ultras napoletani che lo hanno sempre attaccato: probabilmente aveva (ed ha) ben altri interessi che preoccuparsi di quelli reali dei tifosi o degli ultras.

Tutto ciò, con Ciro Esposito ancora in camera ardente e specularmente alla sua morte. Verrebbe voglia di vomitare, direttamente su questo perbenismo ipocrita.

Matteo Falcone.