Ultimo appuntamento stagionale al termine del quale, a differenza dei migliori benpensanti e beninformati, ho deciso di prendermi qualche ora in più per lasciare sedimentare gli eventi e cercare di raccontare, in maniera più obiettiva possibile, quanto avvenuto in questo playoff giocato al San Nicola, cercando di non far prevalere la cocente delusione sul raziocinio. Difficile, dal profondo del mio animo di tifoso, ma cercherò di darne una lettura “altra”.

Tantissime critiche sull’operato e le decisioni della Curva Nord di casa, parole per lo più scritte di impulso e con poco uso dell’intelletto. I tempi cambiano, il pensiero e le frustrazioni della vita quotidiana finiscono per essere veicolate attraverso una tastiera o un telefono. Se ne può parlare, razionalizzando o tentando di farlo, ma lasciarsi andare alla rabbia o all’invidia, pubblicando solo idiozie, se mai può ritenersi polemica lo è nel senso sterile e non certo nobile del termine.

Tutti parlano, anzi scrivono sui social network senza nemmeno più metterci la faccia: dicono che siamo animali sociali e anche dietro uno schermo rimaniamo tali, ma forse facciamo prevalere più il lato animale che quello sociale. Ognuno con le proprie idee, ognuno con le proprie convinzioni ed invenzioni, e in tanti dediti solo alle pubbliche e prevedibili offese. Il confronto resta quello mitomane di giocare a chi ce l’ha più lungo, ovviamente basandosi solo sulla parola e dimenticando i dati di fatto. L’orrore letto in questi giorni, tentare di trovargli un senso, è stato un esercizio ai limiti del masochismo.

Non voglio fare l’avvocato difensore dell’operato della Curva Nord Bari, ma quello che un tempo poteva persino essere considerato come un gesto di estrema coerenza, oggi deve assoggettarsi ai parametri globali che vorrebbero tutto il mondo schiacciato su un singolo modello. Dal punto di vista calcistico, i media sono riusciti a sdoganare, anche fra gli ultras nostrani, il modello anglosassone secondo il quale dovrebbero tutti e sempre applaudire anche la squadra miseramente fallita nei propri obiettivi. Ma noi siamo nati in Italia, con particolari radici ultras che difficilmente possono trasformarsi in anglosassoni e la storia, le tradizioni parlano chiaro: da noi una squadra che ha tradito tifosi e obiettivi, non è mai uscita dal campo tra gli applausi ed in fondo è giusto che sia così. Il mito del fair-play è un’invenzione di quelli a cui poi piace giocare sporco dietro le quinte, mentre a tutti gli altri impongono la sterilizzazione massiva e quasi volontaria: in fondo è anche comodo, ai loro porci fini, avere un pubblico sottomesso, impotente e senza volontà propria.

Personalmente, considero l’azione della Curva rientrante nel solco della tradizione italiana, laddove sotto di 3 goal era lecito ed umano avere le palle girate: scendere nell’anello inferiore per mettere pressione e rabbia addosso agli undici in campo, che in quel momento erano indegni persino di una partitella tra amici al calcetto, era non dico l’unica cosa possibile, ma sicuramente una scelta legittima. Forse discutibile, forse persino sbagliata, ma naturale in un momento di rabbia e sconforto. Parlare a sangue freddo, dietro le proprie tastiere e fuori dal contesto in cui certe situazioni maturano (un contesto che certe volte si trascina da mesi o anni addietro), non rendono i sedicenti ultras dediti alla chiacchiera da salotto meglio di un Aldo Biscardi qualunque.

Il pareggio è paradossalmente frutto di queste scelte, impulsive o discutibili ma libere, che hanno portato ad una contestazione pesante ma mossa al solo fine di spronare chi in campo, in quel momento, non dava segni di vita. Personalmente non ho mai nulla da dire in casi come questo: lo ha detto meglio di me Nietzsche che quel che si fa per amore è qualcosa che trascende il concetto di bene e di male. Tutto il resto sono solo chiacchiere da tastiera.

Meritevoli di menzione, infine, gli striscioni con cui si ricordano Enzo, Ciro, Simone e Peppe, i 4 giovani tifosi salernitani morti sul treno di ritorno da Piacenza il 24/05/1999 e si sostiene la causa di Valeria, a cui la Curva Nord ha raccolto fondi per sostenerla nella sua battaglia per tornare pienamente alla vita dopo un terribile incidente.

Da Novara una ventina di sostenitori che risultato abbastanza colorati e discretamente attivi. Per una gara playoff ci si aspetta sempre di più, ma di questi tempi, come spesso dico, la sola presenza è già di per sé enormemente apprezzabile. Ovviamente quasi impossibile farsi sentire nel San Nicola con quei numeri, ma loro ci hanno provato lo stesso e più volte. Euforici, a fine gara, festeggiano una semifinale conquistata meritatamente, che alla vigilia risultava quasi impossibile.

Arrivederci alla prossima stagione dal San Nicola.

Massimo D’Innocenzi.