Il Derby del Gran Sasso tra Teramo e L’Aquila sarebbe il proscenio ideale per narrare una bella giornata di tifo, condita da una sana rivalità, con due tifoserie motivate nel confrontarsi a suon di cori e coreografie. Mi dispiace usare il condizionale, ma per me è quasi d’obbligo. Al Bonolis di Piano d’Accio infatti l’aria respirata è stata tutto fuorché di festa. Le motivazioni sono diverse, innumerevoli oserei dire. Una vasta gamma di fattori allucinanti e grotteschi che vanno dalla repressione alle pretese fantozziane di una Lega che, salvo rare occasioni come questa, balla ormai costantemente su numeri bassi in fatto di affluenza negli stadi e seguito della categoria.

Non so neanche da dove cominciare. Forse dalla fine. Da quando, nel pieno spirito di questo genere di sfide, qualche decina di supporters biancorossi si è aggrappata alla rete dell’antistadio che divide l’ingresso alla Curva Est con la strada che porta al settore ospiti per scambiare qualche battuta con i cugini aquilani. Sfottò, qualche coro e nient’altro. Eppure, in questo caso come in altri, la polizia ha pensato bene di sparare lacrimogeni ad altezza uomo sfiorando ed intossicando i presenti. Il signore sulla sessantina che venendo incontro a me e al mio amico, mentre andavamo a riprendere la macchina, esclamava: “Ragazzi non vi avvicinate, questi ci fanno soffocare!” è l’emblema di come avete ridotto il calcio. E se poi, quel candelotto che è stato appurato ormai da anni essere cancerogeno e fuori a qualsiasi standard europeo, avesse colpito qualcuno tanto meglio. Avreste potuto riempire le pagine dei giornali pavoneggiandovi di aver sventato dei violentissimi scontri nel derby d’Abruzzo. Incidenti dove senza l’intervento delle forze dell’ordine, coordinate dall’ineffabile questura di Teramo, ci sarebbe senz’altro scappata una carneficina. O forse, chissà, magari il lacrimogeno sarebbe stato deviato da un intervento a gamba tesa dell’Arcangelo Gabriele inviato direttamente dal Regno dei Cieli. L’incompetenza e la malafede di certi personaggi direi che è sotto gli occhi di tutti. Non saper gestire l’afflusso/deflusso di circa 300 tifosi provenienti dall’Aquila dimostra tutta l’inefficacia ed il lassismo di un sistema che ormai ha posato il culo su tessere del tifoso, divieti e restrizioni cogliendo ogni occasioni utile per trasformare la menzogna in verità, piangendosi addosso per trarne vantaggio dalla casta mediatica che fa da grancassa ad ogni puttanata che viene espressa dai graduati in divisa. E questi sono quelli a cui vorrebbero mettere in mano taser ed altri strumenti di lotta alla criminalità. Ognuno si faccia i suoi conti.

Potrei parlare poi del divieto preventivo, sempre da parte dei soliti noti, di far entrare, da ambo i lati, megafoni e tamburi. I pericolosissimi megafoni e tamburi. Ma io li capisco, sapete. L’altro giorno mia madre stava andando a fare la spesa e ad un tratto dal cielo è piovuto un tamburo che le ha procurato una profonda ferita alla testa. Ci sono voluti 100 punti di sutura per chiuderla. Il megafono poi, lasciamo perdere. Orde di persone hanno perso l’udito ed il senso dell’equilibrio a causa di questo strumento. Per non parlare di quella volta che un bambino, solamente guardandolo, è diventato cieco.

Ma per favore. Un derby. Uno spettacolo sugli spalti. Una volta così veniva considerato. Anzi, più tamburi, megafoni e striscioni c’erano e più stampa e tv gli davano risalto per evidenziare la bellezza di queste partite. Vietare questi strumenti non dimostra solo quanto il sistema sia becero ed inutile, ma anche quanto non sia davvero interessato a combattere l’eventuale violenza negli stadi, ma ad usare i tifosi come cavie sociali. Come topi da stipare negli stadi ed a cui somministrare, di volta in volta, un’iniezione a questo o a quell’altro veleno. Giù la maschera menestrelli, non siamo idioti come pensate. Certe dichiarazioni e certi comportamenti fanno colpo sul popolino che non esci mai di casa e vive incollato a Carlo Conti. Ci togliete la libertà d’espressione, di movimento e di divertimento. Cosa c’è di preventivo nel lavoro di una questura che vieta strumenti di tifo e lancia lacrimogeni a tifosi che sono attaccati ad una recinzione?

Per non parlare della patetica reazione di agenti ed ispettori a fine gara. Quando qualche tifoso rossoblu è entrato nel recinto di gioco per abbracciare i propri giocatori al termine di una vittoria entusiasmante perché ottenuta in inferiorità numerica e contro la prima in classifica. I dirigenti e i giocatori dell’Aquila si sono frapposti tra loro e gli invasori. E allora? Sapete come si chiama? Umanità. Perché le dichiarazioni del giorno dopo “grazie alle telecamere a circuito chiuso li identificheremo e li puniremo esemplarmente” sono la vera vergogna. Il vero bacillo di questa infezione che cancellerà qualsiasi libertà da qui a qualche anno. Una punizione esemplare per chi vuole festeggiare ed abbracciare i propri beniamini. Un premio ed una cattedra per chi fa naufragare una nave crociera causando morti e feriti. Che credibilità può avere il sistema Italia? Davvero, ne vogliamo parlare? No perché io qua il pugno di ferro, la rigidità e l’intransigenza le vedo solamente verso i tifosi.

Inoltre non posso esimermi dal commentare un altro scempio. Quello che la Lega Pro perpetra ormai di giornata in giornata. Questi signori, i primi fautori ed i primi complici della devastazione del nostro sport nazionale, stanno ben pensando di gestire i loro campionati di competenza come una villetta privata sull’Appia Antica. Per entrare controlli su controlli, non ti puoi spostare di un centimetro oltre la tua zona di competenza pena espulsione con passaggio dalla porta principale, guai ad avvicinarsi e familiarizzare con i tifosi. Sanzioni, balzelli e cavilli burocratici per smorzare qualsiasi tentativo di rinvigorire una serie che un tempo era fiore all’occhiello del nostro calcio minore. Anche qui, di cosa vogliamo parlare? Penso che questa nuova formula proposta nella corrente stagione sia il perfetto elisir di morte per piccole testate, fotografi/cronisti amatoriali ed alle prime armi e soprattutto di chi si è sempre avvicinato al pallone con fantasia, intelletto e passione. Vogliono i manichini, le amebe. E’ così.

Infine, ultimo ma non meno importante. Ho girato più stadi di qualcuno che su e giù per l’Italia mi dice “funziona così, perché è la legge ed ovunque è uguale. Anche all’estero”. Posso tranquillamente dire che il costruire nuovi impianti non vuol dire porre fine alla passione ed all’amore per questo sport da parte della gente. Ma cosa siamo diventati, dei burocrati o degli addetti affinché lo spettacolo domenicale si svolga secondo i suoi classici dettami? La risposta mi sembra fin troppo scontata. Posto che il nuovo stadio a Teramo, secondo me, pur essendo un ottimo impianto, pecca di vari difetti, tra cui una capienza assolutamente esagerata (13.000 spettatori in Serie C forse manco la Juventus li farebbe), potrebbe comunque essere davvero un progetto di rilancio per il calcio biancorosso. Ma invece no, è utilizzato e concepito secondo i criteri polizieschi e carcerari dei ridicoli governanti del pallone nostrano.

Una volta eravamo il Paese dei geni, del colore, del divertimento, dei poeti e dell’arte del sapersi arrangiare. Ora siamo solo un’accozzaglia di regole e leggi volte ad uccidere e neutralizzare qualsiasi forma di libero pensiero e sana aggregazione. E davanti a ciò non c’è derby che tenga.

Simone Meloni

 

 

http://youtu.be/XUPit6-aUNo

 

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