Dopo una serie di tentativi abortiti a causa di tutta una serie di impegni extra, la mia stagione ricomincia al “Benelli” di Ravenna. Posticipo serale della terza giornata del girone B di Serie C. In campo, i locali ospitano la Triestina ed è per me l’occasione di rivedere il ritorno nei professionisti di queste due tifoserie, capire l’impatto delle stesse con la nuova categoria, senza dubbio più impegnativa della Serie D tanto in termini di spostamenti chilometrici che di confronti fra ultras.

L’ambiente non è proprio quello che si direbbe delle grandi occasioni: a parte lo zoccolo duro di fedelissimi che resiste e si radicalizza all’interno della Curva Mero, in linea generale si può dire che la promozione tra i Pro non abbia scaldato più di tanto i cuori del resto della città e della tifoseria. D’altronde la polemica è trita da tempo, il calcio ha cambiato le sue abitudini e in nome di una mercificazione poi sfuggita di mano, i grandi eventi hanno finito per mortificare la ritualità. Lo stadio non è più un tempio laico, almeno non per tutti e per vedere accorrere la gente in massa bisognerà aspettare i match clou in termine di rivalità sportiva o allorquando ci si giocherà il tutto per tutto per i propri obiettivi stagionali.

Non di certo aggressiva la politica dei prezzi al botteghino del Ravenna FC (10 € una Curva e 15 un parterre di Tribuna), il dato finale parla di 1.400 spettatori circa, di cui circa 40/50 quelli provenienti da Trieste.

Sarò onesto: io sono un grande estimatore della Curva Furlan soprattutto per il percorso aggregativo creato attorno allo stadio, in cui la crescita dei singoli e del gruppo non passa solo attraverso le pratiche spicciole di vita di stadio, ma si allargano nell’impegno fattivo a tutela del proprio sodalizio. Basti ricordare che Trieste, caso forse più unico che raro in cui è la tifoseria a detenere il marchio storico del club (ceduto ad uso gratuito all’attuale società).

Non di meno va citato il lavoro degli ultras per le scuole della città a coinvolgere ragazzi nel sostegno alla “alabarda”, la forza nel tenere annodati i fili della memoria affinché una tragedia segnante come quella di Stefano Furlan non venga mai dimenticata. Finendo poi alle attività di carattere tipicamente sociale come, solo per citare l’ultima in ordine di tempo, la pubblicazione del libro “Angeli & Gradinate” per sostenere, con il ricavato della vendita, il reparto geriatria dell’ospedale locale (anzi, a tal proposito, chiunque voglia assicurarsi un cimelio di collezionismo ultras e appoggiare questa iniziativa di solidarietà, il libro – composto di 70 pagine e ricco di fotografie – è acquistabile al prezzo di 12 € scrivendo all’indirizzo curvafurlan@yahoo.it).

Nonostante tutto però, a fronte di una partecipazione interna che diventa importante in termini numerici, nelle grandi occasioni, la tifoseria giuliana non mi ha mai particolarmente entusiasmato per le sue presenze in trasferta. Stasera forse più che in altre occasioni le attenuanti ci sono tutte: il loro punto di partenza dall’angolo più estremo dello Stivale, l’orario infausto e le solite problematiche universali legate alla repressione limitano la partecipazione ad un risicato zoccolo duro. Non mi aspettavo numeri di gran lunga superiori e non di meno ciò influisce sul mio giudizio qualitativo nei loro confronti.

La Curva di casa si presenta arrembante al fischio d’inizio, salutando l’ingresso delle squadre in campo con un paio di bandieroni, qualche bandiera in più di piccole dimensioni, due aste e qualche sciarpa aperta. Niente di eclatante, ma effetto ottico gradevole e pure il supporto, dal punto di vista della potenza, è deciso e positivo.

I triestini appaiono meno organizzati in questo frangente iniziale: qualcuno dei ragazzi del gruppo è trattenuto all’esterno da problemi con i biglietti, per cui l’apporto è quasi nullo senza il coordinamento dei ragazzi della Curva. Entreranno giusto in tempo per il goal dell’Unione, il primo di una lunga annichilente serie: praticamente al 35′ la partita è già finita, con la Triestina che si porta sull’1-5 ai danni del Ravenna. Che sarebbero potuti essere anche 6 se non avessero sbagliato un rigore. In quel frangente i padroni di casa subiscono anche un’espulsione per cui, pur mancando ancora più di tempo di gioco, il sigillo a quest’incontro può dirsi apposto.

Duro, molto duro il colpo per i ravennati che però sono encomiabili per come tengono botta: gli effettivi che restano stoicamente a cantare calano vertiginosamente e di conseguenza diminuisce anche la potenza, però in termini di costanza e caparbietà meritano davvero un plauso. L’unico momento in cui barcollano e restano quasi inerti e fra il 35′, dopo il quinto goal, e la fine della frazione. Ma nel secondo tempo si riorganizzano e portano avanti un tifo tutto cuore, iniziato dal ricordo di Vittorio Mero e proseguito sui temi cari al mondo ultras, dalla difesa della propria terra a quella dei propri ideali. Nessun acuto particolare, ma di fatto non restano mai in silenzio e soprattutto, caso clamoroso in un’Italia ultras malata di contestazione ogni 3×2, non cedono a nessuna facile contestazione ma continuano a tifare fino alla fine per la propria maglia nonostante la prova in campo della squadra sarebbe stata imbarazzante e a tratti umiliante per qualsiasi tifoso.

I triestini, detto del numero che poteva essere superiore ma ha tutte le attenuanti del caso, hanno il demerito maggiore di non essere riusciti a compattare i ranghi all’interno di un settore già di suo troppo grande e dispersivo. Per non parlare dell’odiosa rete “anti-lancio d’oggetti” (la stessa montata e poi rimossa in Curva Mero dopo le vibranti proteste ravennati) che contribuisce a vanificarne l’effetto ottico. Disperse così le forze, il loro tifo vocale vive di alti e bassi, con i picchi maggiori raggiunti in occasione di alcuni cori secchi a cui fanno da contraltare diverse pause fra un coro e l’altro. Diversi i cori di sfottò verso i padroni di casa, prontamente ricambiati, uno dei quali su un noto parco di divertimenti locale che mi strappa un sincero sorriso. Il loro secondo tempo inizia in maniera un po’ più gagliarda, ma poi non si discosta moltissimo in potenza o continuità rispetto al primo: in definitiva una prova tutt’altro che indimenticabile, ma non ne farei un dramma e aspetto con curiosità di rivederli all’opera  per trarne un giudizio più rotondo e completo.

In campo, il secondo tempo è uno stanco, lento e noioso trascinarsi fino al novantesimo: la Triestina decide eticamente di non affondare ulteriormente il colpo, il Ravenna non ha la forza tecnico-tattica e nemmeno numerica, vista l’espulsione, per credere anche solo lontanamente di impensierire gli avversari. Anche sugli spalti non ci sono particolari sussulti o cambi di scenario, così in vista della nuova settimana lavorativa che all’indomani ricomincerà molto presto per me, lascio qualche minuto prima l’impianto ravennate e prendo la via di casa, ma con la consapevolezza e la voglia di rivedere ancora all’opera entrambe le tifoserie che, per motivi diversi, hanno vissuto una domenica molto complicata ma ugualmente hanno mostrato interessanti spunti degni di ulteriori approfondimenti.

Matteo Falcone.