Ripensandoci bene, ad andare in finale, in queste Final Four di Eurolega, sono state le squadre con le migliori due tifoserie viste al Forum: da una parte gli incredibili e numerosissimi supporters in giallo del Maccabi Tel Aviv, dall’altra i sorprendenti blancos che, se rapportati a quella che è la realtà del tifo cestistico in Spagna, si sono rivelati ben al di sopra di ogni aspettativa. Già immaginando molte delle scene che mi gusterò, mi avvio fiducioso verso questa finale.
Stavolta cambio itinerario, proponendo il classico percorso fino a Saronno in auto, Trenord fino a Milano Cadorna e poi qualche fermata della linea metropolitana verde, fino al capolinea del Forum di Assago, Già dall’ingresso nella metropolitana, nonostante il lauto anticipo, la mia banchina è occupata da tantissimi tifosi del Maccabi Tel Aviv, molti dei quali hanno cambiato direttamente dalla linea rossa, quella del Duomo per intenderci. Il clima è rilassato, e anche il convoglio, benché composto da una moltitudine di tifosi, non è ancora pieno come un uovo. Alcune delle scene viste due giorni fa si susseguono, con cori a ripetere da una parte all’altra del mezzo. Stavolta c’è qualche sparuto tifoso del Real Madrid in più; il gruppo spagnolo prova a compattarsi e a farsi sentire, ma la maggioranza di tifosi gialli è troppo ampia. Tutto sommato, però, questo è già un buon assaggio della partita.
Uscito dalla metropolitana, mi comincio a mettere il pass al collo e, al contempo, noto arrivare in senso contrario alcuni tifosi di Barcellona e CSKA: eh già, si sta giocando la finale per il terzo posto, della quale mi ero scordato, e che dovrebbe ancora terminare. Affretto il mio passo per tentare di fare almeno qualche scatto alla “finalina”, per quanto di mio completo disinteresse. Scendendo le scale del sovrapassaggio pedonale, vedo la solita, folta, macchia gialla di tifosi del Maccabi in procinto di entrare.
Entrato agevolmente dentro al palazzo, occupo una sedia della sala stampa, lascio le mie cose e, macchine fotografiche intorno al collo, mi avvio per qualche foto della finale di consolazione. Ma, neanche il tempo di superare il primo varco, e mi viene indicata la nullità del mio pass, almeno durante la partita. Il mio pass, marcato con determinati numeri, non corrisponde all’accesso a bordo campo durante lo svolgimento del match, ma solo prima e dopo la partita. Se voglio essere veramente libero di muovermi, devo avere la pettorina, di cui ho fatto anarchicamente a meno Venerdì.
Inizia una ricerca del fratino disperata e fantozziana da una parte all’altra, finché uno dei fotografi, tornato dalla partita tra CSKA e Barcellona (per la cronaca, hanno vinto i Catalani per 93-78), mi dice che me la deve dare il capo dei fotografi, il quale sta per iniziare una riunione con tutti gli operatori del settore.
Trovata la persona interessata, questa, con fare neanche troppo simpatico, mi dice che devo attendere la sua presentazione del match, e dopo mi darà la famosa pettorina. Mi tocca, quindi, assistere ad una riunione tenuta in inglese maccheronico, tra le facce piuttosto basite dei colleghi arrivati dall’estero: in realtà, il nostro “boss” parla perfettamente l’Inglese e con ottima pronuncia, ma, giustamente, la variante maccheronica fa parte dell’immaginario collettivo su di noi al di fuori dei confini italici, ed è rappresentativa del nostro Paese come la pasta, la pizza, il mandolino, Totò e la Mafia (e, visto che ci siamo, direi persino il “bunga bunga”). E se dall’estero ciò si aspettano da noi, giustamente questo noi gli diamo. Poi, finalmente, ottengo la mia pettorina, e sono libero di aggirarmi senza limitazioni a bordo campo.
La prima sorpresa, che mi si presenta davanti agli occhi, è la disposizione delle due tifoserie: fermo restando che i supporters del Maccabi sono circa 8.000 e sparsi per tutto il palazzetto, mentre quelli del Real raggiungeranno appena il migliaio, i gruppi ultras vengono messi in due distinti opposti della stessa curva anziché l’uno completamente opposto all’altro. In pratica entrambe le tifoserie restano negli stessi posti di due giorni fa, con la sola differenza che gli Ultras ’96 e i Gate 11 del Maccabi si posizionano nel più ampio anello superiore. La vicinanza favorirà sicuramente la competizione vocale, anche se i numeri non lasciano molto margine agli Spagnoli.
Già il riscaldamento delle squadre fa capire che aria tira stasera al Forum: i cori dei tifosi del Maccabi sono autentici boati, quasi sempre accompagnati dai gialli degli altri settori; gli Spagnoli, di contro, moltiplicano le loro energie, e i Berserkers sono piuttosto bravi a coinvolgere tutti i tifosi. Da parte dei Madridisti è chiara la volontà di non finire completamente surclassati.
Già nel prepartita, molti effetti speciali vengono spesi dagli ultras del Maccabi, come il loro famoso treno, tenuto piuttosto a lungo, ed un paio di belle sciarpate. Poco prima dello spegnimento delle luci per la presentazione dei due roster, dal settore più caldo dei tifosi del Maccabi spuntano diverse bandierine riflettenti, sia gialle che blu. Nella tribuna adiacente un bel bandierone viene calato.
L’apoteosi arriva quando le luci si spengono e rimangono solo i vari riflettori illuminanti i giocatori che, singolarmente, vengono presentati e chiamati a metà campo. L’ingresso dei giocatori del Maccabi è accompagnato da vere ovazioni e cori dai decibel altissimi. Stasera sembra di stare alla Yad Eliyahu Arena, casa del Maccabi. L’entrata ufficiale in scena dei giocatori del Real arriva con una bordata di fischi, ma ciò non basta ad impedire, ai Berserkers, di far alzare sciarpe e bandiere a tutto il settore, impegnato anche a scandire diversi cori. Nonostante la disparità numerica, almeno per ora, i Madridisti riescono a tenere botta alla grande.
Inizialmente mi posiziono sotto al settore dei tifosi del Maccabi, o meglio, sotto al distinto ultras. Concentrarmi sulla partita mi riesce poco, il vero spettacolo è sui gradoni, dove entrambe le tifoserie si stanno facendo sentire. Nonostante il numero di ultras in campo, fra le due fazioni, non sia esageratamente differente, è il resto del pubblico israeliano a tirare la volata ad Ultras ’96 e Gate 11: ogni coro coinvolge ben più degli effettivi del distinto, in particolar modo sia nella curva che nella tribuna accanto al nucleo trainante. Ogni coro è coordinato e ben eseguito, e la melodiosità dei canti in lingua ebraica piuttosto accattivante.
Mentre su sponda Maccabi i cori vengono tenuti molto a lungo, decisamente più brevi sono quelli scanditi dai tifosi madridisti, anche se, quando c’è da tirar fuori la voce, il risultato è veramente lodevole. Probabilmente, se la vogliamo buttare sul livello creativo, agli Spagnoli servirebbe una gamma più vasta di cori, insomma, un po’ di varietà. Ciò comunque non penalizza affatto il mio giudizio su di loro: in una realtà come quella del Real, fortemente condizionata dal calcio (con la squadra di Ancellotti, tra l’altro, in procinto di giocare la finale di Champions League a Lisbona contro l’Atletico), il risultato, sia in termini numerici, sia in termini di qualità, è ben al di sopra di ogni aspettativa. Come ben sappiamo, nei paesi latini fare il tifo per una squadra di basket, almeno secondo i nostri parametri, è più che altro una scommessa.
La partita in campo è piuttosto tesa, combattuta punto su punto e rimbalzo su rimbalzo. Nei primi due quarti è il Real a spuntarla di appena una lunghezza, 16-15 prima e 19-18 poi, per un totale, al rientro negli spogliatoi, di 35-33 per i blancos. Il risultato incerto ha impedito cali di sorta alle tifoserie, fin qui da promuovere a pieni voti.
Il quarto d’ora di riposo serve a tutti per ricaricare le batterie e stemperare la tensione, mentre al sottoscritto è utile per dare un po’ di riposo alle orecchie, grazie ad una rapida sortita nell’insonorizzata sala stampa.
Dal terzo quarto in poi ogni canestro diventa decisivo, ed ogni punto sempre più pesante col passare dei secondi. Così, come le due tifoserie hanno sostenuto i propri beniamini fino all’ultimo secondo nei primi due quarti, è immediata la ripresa del tifo quando la palla torna a rimbalzare sul parquet. Oltre alla bolgia creata dai cori delle due fazioni, diventa sempre più palpabile un’aura di tensione, soprattutto fra i tanti tifosi israeliani, coloro che, almeno a occhio, sembrano tenere di più a questa partita; contro ogni pronostico, si stanno giocando la loro finale, e la squadra non sta deludendo nessuna aspettativa, mentre la corazzata Real Madrid non riesce a staccare i propri avversari.
L’incedere incerto della partita mi fa buttare più spesso l’occhio sulle vicende del parquet, ma il vero piacere rimane guardare verso l’uno e l’altro distinto, a vedere le tifoserie che, pur senza rivalità alcuna, cercano di superarsi a vicenda.
Sono soprattutto le azioni d’attacco, da ambo le sponde, a creare il massimo coinvolgimento, mentre quelle in difesa vengono spesso sommerse dai fischi contro gli attaccanti altrui. Scene viste e riviste in questo sport, ma valorizzate dall’altissima posta in palio. L’equilibrio in campo è immutato, e il parziale del terzo periodo è un 20 a 20 che si traduce in un 55-53 per il Real.
È l’ultimo quarto a rimescolare le carte, persino in maniera illusoriamente decisiva. Il Maccabi, infatti, prima, a 4’ dalla fine, va sotto di quattro punti; poi, con un parziale di 2-10 si porta a +4 ad un minuto dalla sirena. Partita finita? Proprio allo scadere il Real trova il canestro del pareggio, con la gara che si prolunga, inesorabilmente, ai tempi supplementari. In tutto ciò, quasi drammatica è la sequenza degli stati d’animo dei tifosi, passati, con grande rapidità, da momenti di euforia ad altri di sconforto puro, fino alla vera agonia, ovvero quella di attendere altri 5 minuti, almeno, di gioco per capire chi alzerà l’ambito trofeo. Per me non è nient’altro che la continuazione di uno spettacolo, sulle tribune, da mozzare il fiato, coronato da una partita forse non spettacolare ma piena di adrenalina ed aperta ad ogni risultato.
Si riparte dal 73-73. Sin dalle prime battute il Maccabi, nonostante la rimonta subita nell’ultimo minuto del tempo regolare, appare più fresco, mentre un Real impreciso e falloso sembra non averne più. Quando è chiaro a chi sta andando il trofeo, il tifo di tutti gli 8.000 e passa Israeliani diventa infernale: un intero palazzo canta e salta, e già un paio di minuti prima della fine iniziano a vedersi diversi abbracci nelle tribune.
Rice, tramite ovazione, va verso il titolo di MVP. Il Real Madrid proprio non ci sta, e persino quando la partita è veramente persa fa ostruzionismo, attaccando, sbagliando e mandando ripetutamente alla lunetta i precisissimi tiratori gialloblu. Ecco come si spiegano così tanti punti in 5 minuti, ecco come si spiega uno scarto così imbarazzante nell’arco, appena, di un supplementare. Il solo ultimo minuto effettivo sarà durato più di cinque minuti reali, non facendo altro che prolungare la festa della stragrande maggioranza del Forum. In tutto ciò, nonostante qualche coro d’orgoglio, anche i tifosi del Real spariscono alla pari della propria squadra, diventando, dopo aver tenuto tutta una partita, veramente troppo piccoli per frenare il mare giallo.
La sirena finale regala al Maccabi Tel Aviv la sua sesta Eurolega, forse la più combattuta, probabilmente la più inaspettata, contro ogni favore del pronostico. Per me, ormai, una presenza al Forum, con gli accrediti perennemente negatimi dall’Olimpia, diventa sinonimo di assistere ad una vera impresa di basket: prima la Coppa Italia di Sassari, ora, invece, questo exploit del Maccabi di fronte a migliaia di tifosi in delirio. Le sciarpe si alzano al cielo, una torcia viene accesa. Senza tanti giri di parole, aver giocato in casa, con un ambiente del genere, è stato fondamentale per la squadra arrivata, con tante speranze ma poche pretese, da Israele.
Il resto è tutto un cerimoniale consolidato e collaudato: la premiazione degli sconfitti, i tifosi del Real che se ne vanno alla chetichella, le premiazioni individuali e, alla fine, la Coppa alzata da due giocatori israeliani con la loro bandiera nazionale legata al collo, come è giusto che sia, mentre i forti americani osservano, con orgoglio, dal podio. I coriandoli, le foto di gruppo, i tifosi che continuano a cantare e a sperare che il rigido cerimoniale di Eurolega si interrompa per far arrivare la propria squadra sotto al settore; cosa che, purtroppo, non avverrà. Anzi, il cordone che separa il parquet dagli spalti è più rigido del solito. Non sarà di certo questo a rovinare la festa per una città intera, dall’altra parte del Mediterraneo.
Per me è ora di andare, cercando di accelerare il passo: nonostante, eccezionalmente, siano state aggiunte 10 corse della metro da Assago, meglio tornare prima che dopo. Per miracolo, arrivato di gran carriera sulla banchina della metro, mi infilo dentro ad una delle portiere dove si stava già stretti come sardine. Si parte, col treno oltre la propria capacità. I passeggeri delle fermate successive, ignari di tutto, guardano allibiti il convoglio in arrivo e decidono, tutti, che è meglio aspettare la corsa da Abbiategrasso.
Tanti, sul treno, i sorrisi; la gioia c’è ma è contenuta, non ci sono alcolici in giro né un minimo comportamento fuori dalle righe. Qualche coro c’è, ma cantato piuttosto a voce moderata. Forse la vera festa sarà a piazza Duomo, tanto che tutti, alla stazione Cadorna, scendono per cambiare con la linea rossa. Invece a me attende Trenord e, in questo caso, il Malpensa Express, dove incontrerò qualche tifoso del Maccabi. Comincio a fare una selezione dei miei video, qualcuno si incuriosisce, si avvicina e cominciamo a parlare. Gli Israeliani rispondono a qualche mia domanda e parlano con orgoglio del loro basket, del loro palazzetto sempre gremito, ma anche dei tanti soldi spesi per esserci in questa kermesse. “Valeva la pena”, affermano, giustamente, tutti all’unisono.
Stefano Severi.