Torno a Rimini dopo circa sei mesi, e alcune cose sono cambiate.

I biancorossi sono saliti in Serie C e la partenza deficitaria della squadra ha portato alla sostituzione del mister.

Nonostante ciò, il trend non è cambiato molto; probabilmente serve qualche partita per far veramente ingranare la squadra. Oggi è di scena la prima della classe, la Fermana.

Finora si sono registrate buone presenze allo stadio, con circa 3.000 persone contro il Teramo e 2.000 contro i ramarri del Pordenone.

Ad essere sincero, un paio di mesi fa speravo di trovare qualche novità nella struttura dello stadio, magari con la sostituzione dei tubi Dalmine che costituiscono la curva di casa. Ma i lavori, fin qui, si sono concentrati su un’altra parte fondamentale dell’impianto, il terreno da gioco in sintetico.

La garanzia è rappresentata dai ragazzi della curva, che, a quanto ho notato nelle foto delle varie sfide in casa e in trasferta, non hanno mai fatto mancare la propria presenza e il proprio sostegno.

In settimana i RWS hanno riportato un fatto alquanto fastidioso accaduto prima delle ultime gare casalinghe: ad alcuni ragazzini di età sotto i 16 anni, chiaramente in possesso di regolare biglietto, sarebbe stato impedito l’accesso allo stadio. Nel momento in cui gli stessi si sono ripresentati ai tornelli in presenza di altri tifosi, sono stati fatti entrare.

Evitando esercizi di retorica o analisi basate più su impressioni che su fatti concreti, il messaggio fatto poi passare in curva (e che mi trovo a condividere pienamente) è chiaro: dai ragazzo vieni con noi, allo stadio si entra assieme e con un po’ di anticipo, perché i settori non si riempiono da soli!

Venendo agli ospiti, ammetto che dopo i comunicati degli ultimi mesi di scioglimento del Nucleo e della Torcida, ho sentito ben poco parlare di loro. I numeri della prevendita preannunciano circa 300 biglietti staccati e ciò si rivela portatore di un bel gruppo compatto che si raccoglie dietro lo striscione “1920”, vergato in cifre gialle su sfondo blu.

Mi trovo davanti un sostegno costante con due bandieroni sempre al vento ai lati e svariate bandiere di media grandezza a riempire il settore. Non nego che mi sembra di avere a che fare con una tifoseria di ben altra serie, anche se tutto ciò va sempre contestualizzato legandolo a situazione di classifica e distanza da coprire. È però un vero piacere notare come i colori sociali ospiti siano sventolati per tutta la gara, a prescindere da decisioni arbitrali o dalla prestazione della squadra. Anche vocalmente si fanno sentire parecchio, con un calo verso la fine del secondo tempo, con i giochi chiusi sul 2-0 per i locali.

Questi ultimi, da parte loro, fanno ciò che a mio parere deve fare una curva: trascinare la squadra. Nonostante le diffide di Montevarchi (che hanno fermato alcuni ragazzi sempre attivi e pronti a spronare il pubblico a dare il meglio di sé), i supporters biancorossi non lasciano passare un solo minuto senza qualche coro o senza riempire il cielo coi propri colori. Non davo la cosa per scontata, dato che ultimamente le prestazioni non erano molto entusiasmanti, ma i ragazzi si presentano con due stendardi nuovi e tenendo sempre alto il sostegno.

La loro squadra li ripaga con una prova assolutamente convincente in solidità difensiva e nella costruzione del gioco. Certo, quanto detto vale per il bel blocco a centro curva (che col Teramo mi pareva più possente), ma in tempi in cui divani e tv al plasma offrono un sacco di alternative, va reso onore al merito. E ciò in una città che, a sentire la casalinga di Voghera, sembra rappresentare uno dei tanti centri di provincia in cui andare fuori da schemi ben retti e precisi risulta essere difficile.

Non vedo una distanza siderale da quanto spiegato da Böll in Opinioni di un clown, quando parla della mentalità per cui la nonna, quando il sabato pomeriggio le vengono affidati i nipotini, sa che probabilmente il figlio o figlia passerà il tempo senza i pargoli a mettere in cantiere un nuovo nascituro.

Qui invece si vive la vita, nascono amicizie (oggi presenti i sambenedettesi tra i locali e gli avezzanesi tra gli ospiti) e si ricordano i ragazzi di altra fede che se ne sono andati.

L’11 novembre è una data che unisce tutti, e non intendo solo ultras o tifosi, ma proprio tutti coloro che abbiano un minimo di senso della struttura delle cose; anche oggi a Rimini, sulle fredde lamiere dei settori di casa e ospiti, qualche coro ha ricordato Gabriele Sandri. Non mi vado a dilungare nella spiegazione della vicenda (ormai ben nota) o in discorsi che scaldano il cuore con frasi da romanticismo ottocentesco, ma voglio essere razionale: davanti ad un’azione così sconsiderata, quel ragazzo poteva essere uno qualsiasi di noi, ragazzi con la sciarpa.

Testo di Amedeo Zoller.
Foto di Gilberto Poggi.