Arrivo in zona stadio a partita già iniziata, fin da lontano scorgo i riflettori del Neri accesi. Avvicinandomi, le decorazioni natalizie appese ai balconi si confondono con le luci blu delle volanti che riempiono l’aria. Al botteghino soliti improperi per la lentezza dei cassieri nello stampare i biglietti, dialetto romagnolo stretto e odore di sigaro. Bestemmie dei ragazzini in fila e freddo, col fiato che si vede appena si apre bocca. Alla fine sono dentro anch’io, tra la lamiera della curva e gli spalti mezzi vuoti degli altri settori.

Mercoledì, giorno di coppa per qualcuno, di campionato per recuperare tutte le partite del calendario per altri. Tutto ciò chiaramente con sullo sfondo un campionato iniziato tardi per ricorsi e scartoffie varie e il solito vecchio grande obiettivo: riportare le famiglie allo stadio. Volenti o nolenti a trainare il carrozzone dell’industria calcio è sempre il pubblico, e ciò si nota anche nei video pubblicitari dal sapore motivazionale di Sportube, la scalcinata tv online che trasmette le partite di C. In essi le immagini di bandiere al vento e giocatori esultanti a bordo campo verso il pubblico non mancano mai.

Facendo un balzo avanti nella narrazione di questo Rimini-Monza arriviamo alla fine della partita e cosa troviamo? Le due squadre sotto i settori occupati dai rispettivi tifosi più accesi, detentori di una fiamma irrazionale che non sopisce mai. Certo, le motivazioni che hanno spinto gli atleti dei due sodalizi a tale gesto sono opposte, festeggiare da una parte, dare spiegazioni per l’ennesima prova deludente dall’altra. Insomma, anche stasera, qui sul mar Adriatico, il teorema è stato confermato.

Dall’hinterland milanese arriva una quindicina di tifosi, numero di tutto rispetto davanti a una squadra che come detto non va al massimo, nonostante i grandi progetti e il divano che chiama il tifoso medio, attraendolo in un vortice che oserei definire senza fine e pieno di inganni.

Qualcuno resiste. A seguire le squadre sono coloro che una decina di anni fa sono stati lasciati fuori dagli stadi con l’introduzione della tessera del tifoso. Vi fu quindi un tentativo di creare una nuova forma di tifo. Togli la tessera e questo nuovo tifoso non c’è. Ci sono loro però, quelli che seguono un vecchio modello che nasce negli anni ’60 e che si è tentato di spezzare.

Luci blu, questo c’è oggi nell’aria ad ammantare tutto. Gli ospiti sugli spalti rispondono divertendosi, cori su basi di sigle di cartoni animati e tanta buona volontà tra i ragazzi disposti dietro ad alcune pezze. Quando vedo queste tifoserie di cittadine di provincia comunque presenti in posti e orari assurdi, penso sempre che c’è ancora qualcuno che sa uscire dall’individualismo di massa e tenta di prendere in mano il proprio destino.

Passando ai locali, i dati da cui partire sono gli stessi di quando si valutano gli ospiti. Serie C, vecchio limbo a metà tra il professionismo e i campi della D introvabili sulla cartina. Anche oggi tanti tanti giovani, apprezzo il diffuso stile da casseur di provincia, pantaloni militari, sciarpa, molte felpe nere. Qui una torcia può costare caro, ci si mimetizza annullando le differenze. Ci si omologa quindi a uno stile “di curva”.

Due bandieroni sempre al vento, tanta voce e un tamburo a ritmare il tifo. Non ho mai avuto particolare simpatia per lo strumento in questione, ma oggi devo ammettere che non copre le voci e dà una regolarità al supporto biancorosso. Non sto parlando di una squadra prima in classifica e quindi noto con piacere una manciata di bandierine sempre in movimento, col tifo che non è trascinato dai meri punti in classifica.

Invidio gli occupanti dei settori di tribuna e distinti che si godono da lontano la fitta sciarpata sul finire del secondo tempo. Una macchia biancorossa a rompere la monotonia della lamiera grigia e a nobilitare lo sfondo fatto di alti platani che circondano lo stadio. Quasi allo scadere arriva la rete dell’uno a zero riminese, seconda vittoria consecutiva e anche il presidente a gioire con i giocatori. Squadre sotto i settori, come detto, si va a casa, il freddo è pungente e gela i pensieri di vittoria e di sconfitta. Le luci blu si allontanano.

Testo di Amedeo Zoller 
Foto di GIlberto Poggi