“In un Roma-Atletico Madrid di Coppa Uefa del 1998/1999 gli spettatori erano 64.486, oggi 36.064. Eppure anche all’epoca la davano in TV (in chiaro, quindi gratis). Il dato fa riflettere”. 

Ritengo sacrosanto partire da questa osservazione apparsa sulla storica piattaforma asromaultras gestita dall’Avv. Lorenzo Contucci. Presenze pressoché dimezzate per una competizione di livello superiore. Perché?

Potremmo sicuramente tirar dentro molteplici ragioni. La diaspora dagli stadi italiani è un fattore arcinoto. Così come note sono le cause. Le partite a ogni ora e in qualsiasi giorno della settimana, la burocrazia che sovente si frappone al momento dell’acquisto di un tagliando, i divieti, le limitazioni, la criminalizzazione del tifoso, l’abbassamento del livello calcistico nazionale, i continui scandali (vedi scommesse e doping) che di tanto in tanto infangano il pallone, l’imborghesimento generale del tifoso che – rispetto al passato – accetta meno di buon grado di affrontare scomodi spostamenti anche all’interno della città, esporsi alle intemperie del maltempo ed essere il “protagonista” dello spettacolo, anziché uno spettatore passivo davanti alla tv. E, dulcis in fundo, il vertiginoso innalzamento dei biglietti.

Una vera e propria mannaia che forse rappresenta il muro più alto e invalicabile per una determinata classe sociale: quella che da sempre ha reso il calcio uno sport per tutti e ha fatto degli stadi dei luoghi di aggregazione sociale unici nel loro genere.

In diverse occasioni abbiamo affrontato il tema del caroprezzi attraverso queste pagine. Ci siamo spesso trovati di fronte a veri e propri paradossi, soprattutto nella massima categoria, dove l’innalzamento spropositato di alcune “big” ha portato a un perverso rapporto di reciprocità in grado di produrre un disastroso effetto domino. Il risultato finale? Non solo per un Roma-Atletico Madrid il prezzo minimo da pagare in libera vendita per una curva è di 40 Euro ma anche in settori ospiti alquanto discutibili ormai il tagliando non scende quasi mai sotto i 30 Euro (a cui vanno ovviamente aggiunti i vergognosi costi di prevendita, spesso pari anche a 5 Euro).

Circoscrivendo il solo discorso a Roma – e al club giallorosso – è inappuntabile l’analisi realizzata da MyRoma, dove si evidenzia come in dieci anni il costo di un biglietto per la Champions League sia aumentato del 166% in Curva e del 90% in Tevere Laterale (nel 2007 un Sud contro il Manchester United, nei Quarti di Finale, costava 15 Euro mentre una Tevere Laterale 55). Un rincaro che non trova giustificazioni nella situazione economica generale, la quale non solo non è migliorata ma ha anche sensibilmente abbassato il potere d’acquisto degli italiani.

Ci troviamo pertanto di fronte a una barriera economica. Più limitante di qualsiasi muro di plexiglass eretto nelle due curve della Capitale.

Se, nella fattispecie, qualcuno vuol replicare che era possibile sottoscrivere un mini abbonamento per il girone di Champions (al costo di 75 € in prelazione e 90 per i nuovi) mi sento in dovere di argomentare la mia dubbiosa risposta: innanzitutto 25/30 Euro a partita restano comunque una cifra esagerata (soprattutto se si pensa che una di queste tre sfide sarà contro il Qarabag, non propriamente il Real Madrid d’Azerbaigian). Poi va sempre tenuto conto che il sottoscrivente di tale abbonamento ha, quasi sempre, acquistato anche quello per il campionato (295€ per i nuovi, 265 per i vecchi abbonati). Facendo i cosiddetti “conti della serva” quindi si arriva a 350/400 Euro da spendere in un’unica soluzione. Una cifra importante, che ovviamente non tutti hanno a disposizione.

È senza dubbio giusto che una società proponga le proprie campagne abbonamento favorendo i tifosi più assidui. Anzi, questo è fondamentale per il rispetto di chi segue sempre la propria squadra al cospetto di chi frequenta le gradinate in maniera saltuaria. Tuttavia ambo le situazioni possono essere affrontate con un vero e proprio piano di “sostenibilità”.

Sappiamo ormai da anni che gli introiti derivanti dal botteghino incidono in bassissima percentuale nelle casse dei club di Serie A. Così come da anni veniamo “travolti” dai buoni propositi per il ritorno delle celeberrime famiglie allo stadio (un nucleo da tre dovrebbe spendere minimo 120 Euro o fare tre abbonamenti, sic!). L’unico obiettivo dovrebbe essere quello di riempire gli impianti sportivi adottando una politica dei prezzi che rispecchi l’attuale situazione economica e rimetta il tifoso al centro dello show.

È vero, il caro prezzi non riguarda solamente Roma o solamente l’Italia ma non deve valere la logica del “siccome lo fanno gli altri lo facciamo anche noi”. Anzi, al contrario sarebbe molto bello che le società nostrane si rendessero – una volta tanto – antesignane di un processo di avvicinamento a tutte le fasce dei tifosi. Il costo corretto per un settore popolare non dovrebbe superare i 10/15 Euro. Allora anche “rincarare” di 5/7 Euro i biglietti o gli abbonamenti per gli “occasionali” sarebbe giustificabile.

Se poi vogliamo entrare nel merito di ciò che il mondo del tifo/movimento ultras avrebbe dovuto/potrebbe fare, apriamo un capitolo spinoso. Purtroppo – come accaduto per la tessera del tifoso – era una faccenda che andava presa di petto agli albori. Ed in questo il mondo ultras ha peccato fortemente. Il campanello d’allarme è stato quando pian piano una curva ha cominciato a costare 20/22 Euro. Per poi passare tranquillamente a 30/40. Là andava fatto un vero e proprio lavoro di sensibilizzazione, finalizzato alla creazione di una “coscienza di classe” in grado di andare ben oltre la curva.

Tuttavia per certi versi si è ancora in tempo. Rispetto a un recente passato sembra che il supporter da stadio sia visto un po’ meno come un animale da circo e più come un essere pensante. Ciò non può che fungere da terreno fertile a una battaglia che riguarderebbe davvero tutti.

Difendere i propri “beni” da rincari ingiustificati è difendere un proprio diritto. Anche se parliamo di calcio, di ristoranti, viaggi o beni giustamente considerati secondari. Se – al contrario – si lascia passare il tutto senza batter ciglio nel prossimo futuro le società si sentiranno autorizzate a chiedere sempre di più, andando a sostituire totalmente il pubblico ed eliminando completamente la fascia meno abbiente. Ed evito di fare comparazioni con l’Inghilterra, perché sarebbero semplicemente fuori luogo. Del resto la Perfida Albione si è dimostrata meno perfida di quanto lo stereotipo vorrebbe, lo dimostra l’accoglimento (almeno parziale) delle numerose proteste messe in scena dai tifosi negli ultimi anni contro i biglietti esosi. Risultato? Al momento la Premier League ha stabilito un tetto massimo di 30 Pounds (circa 40 Euro) per i settori ospiti. Un costo non eccessivo se commisurato ai salari e al costo della vita inglese. Un atto di civiltà, passatemi l’espressione.

Ci si chiede: in un ipotetico Roma-Atletico Madrid con i biglietti venduti a metà prezzo davvero ci sarebbe stato il pienone? Sicuramente no. Ma sono alquanto sicuro di dire che 10/15.000 spettatori in più sarebbero sicuramente accorsi a sostenere i giallorossi. L’Olimpico inoltre è uno stadio grande e ciò che si guadagna mettendo un biglietto a prezzi esorbitanti sarebbe con tutta probabilità rapportabile a quanto incamerato con un prezzo inferiore ma un maggiore afflusso. Insomma: non è conveniente neanche per i club approntare questa folle politica inerente alla bigliettazione.

Mi sento infine di dire che i 36.064 di ieri sera siano, sì figli di una passione che è scemata o si è mestamente declinata sui social network o nelle chiacchiere da bar, ma soprattutto dei costi folli per vedere una partita col binocolo (almeno da curve e distinti). Se si avrà pazienza, tempo, abnegazione e umiltà si deve assolutamente venire a capo di questa situazione. Magari cominciando a denunciare proprio quanto accaduto con lo striscione che fa da copertina a questo pezzo: esposto pacificamente a pochi passi dai prefiltraggi e immediatamente tolto dalla pubblica sicurezza neanche fosse un’incitamento all’odio o un messaggio con fine terroristico.

IL TIFO

Lasciatemi anche questo piccolo spazio per parlare del tifo. Non me ne vogliate se nell’articolo occupa una parte marginale. Del resto per parlare di battimani, cori a rispondere e bandieroni abbiamo tutto l’anno.

La Sud continua ad essere un malato convalescente che – partita dopo partita – fa dei piccoli passi in avanti. Anche stasera un ottimo primo tempo, colorato dai numerosi bandieroni e da tante bandierine sparse nel settore. Nella ripresa il tifo cala un pochino, riprendendosi però nel finale quando i tifosi giallorossi capiscono che la squadra ha bisogno dell’ultima spinta per portare a casa un ottimo 0-0. Da segnalare anche i due gruppi posti sulle balconate della Nord: tante manate e molti cori nell’arco dei 90′.

Nel settore ospiti gli spagnoli (salvo qualche rara eccezione) si confermano tra le più brutte, grige e impalpabili realtà per quanto riguarda il tifo. Non mi è parso di vedere ultras al seguito e onestamente non so quanto ancora incidano i fatti accaduti qualche anno fa contro il Deportivo La Coruna, quando a seguito di violenti incidenti scoppiati fuori al Vicente Calderon un tifoso galiziano perse la vita e il Frente venne ufficialmente sciolto.

Fortunatamente sabato arriva il Verona. Là potremo tornare a parlare di sfida del tifo e confronto ultras.

Simone Meloni.