Porsi delle domande e indagare sullo svolgimento dei fatti dovrebbe essere la peculiarità per chiunque si approcci alla realtà giornalistica. Creare un clima di allarmismo senza fondamenta reali, ingigantire notizie e accadimenti per vendere qualche copia in più o battere sulla grancassa degli ormai atavici “mostri” da sbattere in prima pagina dovrebbe invece esser una sciatta e infame arte praticata da pochi. Da coloro che questa professione non solo non la vogliono svolgere secondo i suoi consueti canoni, ma fondamentalmente la odiano mettendola alla berlina giorno dopo giorno. Eppure la seconda “casistica” è molto più frequente di quanto si pensi. E soprattutto viene reiterata dalle cosiddette grandi firme. Un paradosso se ci si pensa.
La mia prima domanda è: dove finiscono i fatti di questo Roma-CSKA Mosca e dove inizia la spettacolarizzazione degli stessi? Forse bisognerebbe chiedere a chi il giorno dopo ha parlato di “guerriglia urbana”, come Il Messaggero, e ha dedicato diversi articoli nella sua edizione online utilizzando nei titoli e nei contenuti parole come “tensione”, “violenza” e “scontri” in maniera ricorrente. Salvo poi constatare che, nei video pubblicati, si possono notare soltanto i tifosi russi in salita sugli autobus che li avrebbero condotti allo stadio e il Ponte Duca d’Aosta affollato di gente intenta ad accedere allo stadio.
Ancor più “pittoresca” risulta la descrizione delle tensioni registrate tra Piazza Mancini e il Lungotevere un’ora e mezza prima del fischio d’inizio. In questo caso si parla di “notte di paura” e “sicurezza violata”, il tutto condito da una bella descrizione iper romanzata dei fatti. Serrande dei negozi abbassati in piazza (assolutamente falso), corpo a corpo (cosa impossibile, visto l’immediato intervento della polizia), uso dei lacrimogeni (altrettanto falso) e tifosi spostati dal getto d’acqua degli idranti (questa rasenta davvero il ridicolo!).
La nota emanata dalla Questura di Roma nella giornata di ieri mette in chiaro imbarazzo proprio questo genere di articoli:
“Alle ore 19.20 di ieri (martedì, ndr), poco prima del fischio d’inizio della partita, nei pressi di Piazza Mancini si è verificato un lancio di alcuni oggetti all’indirizzo delle Forze dell’Ordine, da parte dei tifosi romanisti. Gli stessi sono stati allontanati dai contingenti presenti e indirizzati verso lo stadio. Nell’occorso si è proceduto all’identificazione di 15 tifosi romanisti, la cui posizione è attualmente al vaglio della Digos che ha proceduto. In conclusione il Questore Guido Marino tiene a precisare «alla luce di quanto successo ieri posso affermare che non si sono verificati i gravi fatti rappresentati dai quotidiani, che hanno descritto uno scenario di guerriglia urbana. Tale allarmismo non corrisponde ai fatti, non si è verificata alcuna violenta battaglia che abbia richiesto l’uso dell’idrante e dei lacrimogeni»”.
Una sorta di sottile “giornalisti terroristi” scagliato dalla questura capitolina nei confronti della stampa. Una stampa che ha preferito, come dicevo nell’incipit, non porsi e porre domande sui fatti nel loro complesso. Se è vero – e va detto per onestà intellettuale – che controllare i tifosi russi non sia la cosa più semplice di questo mondo, a causa del loro modo militare di muoversi e ragionare, è altrettanto vero che alcune falle sono riscontrabili nella gestione dell’ordine pubblico attorno a questo match.
I lievi tafferugli verificatisi in Piazza Mancini hanno infatti come oggetto l’arrivo di alcuni supporter del CSKA presso il prospiciente capolinea del tram numero 2. Non era forse meglio utilizzare una parte del contingente ivi schierato spostandolo al capolinea di partenza?
Va poi evidenziato come la carica delle forze dell’ordine sia stata forse eccessivamente furente, laddove probabilmente sarebbe stata sufficiente un’opera di alleggerimento. Gli agenti hanno sospinto la folla fin sotto l’Obelisco, nei pressi dei prefiltraggi, schiacciando diverse persone sui cancelloni (frettolosamente chiusi dagli steward per non far passare nessuno) e inasprendo oltremodo gli animi anche di chi era totalmente estraneo ai tafferugli. In quell’esatto momento Francesca Sanipoli, nota cronista Rai, è stata sfiorata dalla carica divenendo oggetto delle postume lamentele di molti tifosi che erano tranquillamente in fila e sono stati ingiustamente spinti e maltrattati. In tanti l’hanno “pregata” di raccontare anche questo. Peccato che ad oggi ancora non ve ne sia traccia.
Sempre facendo riferimento alla nota della Questura e al modo in cui determinate testate hanno posto la notizia, va ricordato che “15 identificati” non corrispondono a “15 colpevoli”. L’identificazione è un atto preventivo, che non comporta l’incriminazione per alcun reato. Questo tanto per chiarire.
Avere dei dubbi, fare delle domande ed eventualmente criticare non significa giustificare eventuali atti violenti, ma analizzare i fatti con onestà e completezza. Altrimenti, come mi ha fatto notare un personaggio “di spicco” della nostra testata, avalliamo la tesi per cui massacrare di botte Stefano Cucchi è stato tutto sommato giusto in virtù dei suoi precedenti per spaccio.
Così come riportare sin dall’inizio la notizia del cedimento della scala mobile alla stazione metro di Repubblica, scaricando la colpa sui tifosi russi, è un gesto miserabile. Si è parlato di supporter intenti a saltare e ballare sulla scala, mostrando un video in cui non si vede né l’uno né l’altro. Basterebbe questo per sollevare dei dubbi. In ogni caso ci sono attualmente due inchieste aperte (una interna all’Atac e una avviata dalla Procura della Repubblica) e prima di poter emettere un giudizio completo occorrerà attendere il loro corso.
I giornali – in particolar modo quelli romani – non si sono minimamente chiesti se potesse essere colpa di infrastrutture troppo spesso fatiscenti e precarie. Chi prende la metro ogni giorno sa bene quante volte le scale mobili siano ferme o in riparazione. In particolar modo poi, quella della stazione Repubblica si era guastata ben quattro volte nell’ultimo mese.
Infine, ammesso e non concesso che si possa saltare e ballare su una scala mobile senza ruzzolare giù, è normale che essa ceda in quella maniera? Allora avrebbe dovuto farlo molto prima, basti pensare alle tante scolaresche scalmanate che ogni giorno transitano sulle tre linee della metro capitolina.
I tifosi russi si difendono: “Non stavamo saltando e ballando, cantavamo scendendo in maniera ordinata”. Che non diventi un caso politico, dove i vari sciacalli sono pronti ad approfittare di tutte le sfaccettature per portare acqua al proprio mulino. Questo non solo farebbe il male della città di Roma, ma restituirebbe per l’ennesima volta al mondo l’immagine di un’Italia fatta di polistirolo. Non si può pretendere che un Paese in cui ponti e palazzi troppo spesso crollano come se nulla fosse, faccia spallucce e scarichi su terzi la colpa di quanto accaduto senza neanche prima ultimare indagini e accertamenti.
Sarebbe importante se ogni tanto chi scrive o pontifica su queste, delicate, situazioni, fosse anche presente al momento del loro svolgimento. O quanto meno ben informato da qualcuno che ha visto con i propri occhi i fatti descritti. Altrimenti qua si rischia di alterare e “inquinare” il lavoro di ordine pubblico distorcendo totalmente la realtà e creando nell’opinione pubblica un’ingiustificata sete di sicurezza e giustizialismo di cui, in questo periodo storico, davvero non abbiamo bisogno.
Che martedì sera ci siano state criticità è innegabile, ma alle stesse va conferito il giusto peso.
Chiudo con una battuta sarcastica: fare cronaca è un dovere di tutti. Riuscirci è un’onore per pochi, parafrasando una vecchia frase stampata sulle sciarpette da stadio.
Simone Meloni