Il clima che gravita attorno a questa partita non è certo dei migliori. I fatti della Coppa Italia influiscono inevitabilmente sull’ambiente ed i media in settimana non hanno fatto che caricare questa giornata con falsi allarmismi circa la possibile presenza di infiltrati napoletani nelle fila juventine. Chiunque frequenti gli stadi da un po’ sa che, per varie dinamiche che non sto qui a spiegare, una cosa del genere non si sarebbe mai verificata. Pertanto, come spesso accade, i media hanno esercitato un vero e proprio terrorismo psicologico che ha portato persino ad anticipare la partita, inizialmente fissata alle 20:45, alle 18. Il solito teatrino all’italiana, quando per pulirsi le coscienze e mostrare vigliaccamente dei muscoli che normalmente riposano dietro le scrivanie del potere, si sceglie il colpo ad effetto per riempire giornali e tv ed accontentare il cittadino medio che già di suo è rincoglionito dal lavaggio del cervello quotidiano a cui è assoggettato.
La strada dell’Olimpico si avvicina lentamente. Stancamente direi. Eppure dovrebbe essere una giornata di festa, con la Roma che riconquista la Coppa dei Campioni dopo qualche anno ed una partita che, seppur ininfluente per un campionato tra i più noiosi degli ultimi dieci anni, esercita sempre il suo fascino. L’obelisco è sempre là, a pochi metri una troupe della Rai si affanna nel cercare testimonianze di tifosi sugli episodi della Coppa Italia. Quasi nessuno li asseconda, c’è poca voglia di parlare eppure gli sciacalli sono là, alla ricerca di chissà quale scoop. Di chissà quale stereotipo che non sia stato scritto o raccontato negli ultimi sette giorni. Provo a convincerli del fatto che, nei loro panni, mi farei ben altre domande. Magari guardando la cosa a 360 gradi, ponendosi numerosi quesiti intelligenti, anziché artefatti per soddisfare la sete di ovvietà del pubblico italiano. Ma poi mi dico “È la Rai”. Appunto. È la Rai, ancora ci sto perdendo tempo? Loro sono il servizio pubblico che, di fatto, governa il paese spostando voti, invocando una fantomatica giustizia e chiudendo processi ancor prima del loro inizio. Il servizio pubblico. Questa grande barzelletta italiana.
Roma-Juventus di oggi è l’argine estremo di un’ipocrisia e di una falsità tutta italiana, cresciute e maturate negli anni per diventare poi persino necessarie per il nostro tessuto sociale. Non ho ancora superato i filtraggi, eppure ho già il fegato a pezzi. È dura oggi essere all’Olimpico, non lo nego. Ma sarebbe forse stato vigliacco disertare. Anche fosse solo a livello di cronaca.
Il clima mesto mi accompagna fino all’entrata, dove nonostante i 60.000 presenti, non c’è entusiasmo ed inoltre giunge voce che la Questura abbia fatto problemi alle entrate della Sud, dove è stato vietato l’accesso alle aste dei bandieroni. Nulla di cui sorprendersi, a pensarci bene. Siamo stati abituati a questi siparietti patetici delle punizioni infantili subito dopo qualsiasi sorta di fattaccio. Ricordo quando i laziali esposero i famosi striscioni per la Tigre Arkan, la domenica successiva in tutta Italia ci fu la caccia allo striscione violento. Nel calderone chiaramente finirono anche frasi innocue o di semplice sostegno alla propria squadra. Del resto questo è la vera e propria anima dell’Italia attuale. Dimostrare di avere polso della situazione sequestrando la bandierina ad un bambino per poi sorvolare su chi delinque veramente. E non sto qui ad elencare i casi, perché poi sfociamo nella demagogia e nel piagnisteo più becero che non ho mai sopportato.
All’interno gli spalti sono spettrali. Nessuno striscione e nessuna bandiera nelle curve. Già immagino i titoli di Gazzetta e Repubblica il giorno dopo. “La vittoria del calcio, uno stadio all’inglese”. Oppure i commenti saccenti dell’ormai senile Fabio Capello. Ognuno ha una parola sugli ultras e sullo stadio in generale in questi casi. Chissà perché questa solerzia non venga mai esercitata quando escono gli scandali sistematici che coinvolgono il nostro paese. Mi sarebbe ad esempio piaciuto vedere i vari Giletti di turno, attaccare con la stessa veemenza anche chi si è reso protagonista di quanto accaduto attorno all’Expo di Milano. Oppure, visto che si parla tanto di maglie a favore di condannati, cosa vogliamo dire dei vari fanfaroni (tra cui lo stesso Alfano) che erano pronti ed imbellettati davanti al Tribunale di Milano per chiedere la libertà di quel vecchio rincoglionito che risponde al nome di Silvio Berlusconi? Forse ci sto girando attorno, forse non ho neanche voglia in fondo di analizzare questa giornata, perché già dal mio risveglio avevo voglia finisse presto.
Quello che succede durante la partita, a livello ambientale, lo sappiamo. I giornali hanno pensato bene di tirarci avanti per un’altra settimana. Mi limito a non giudicare. E non si pensi che la mia è una situazione di comodo. Ma francamente mi trovo in un limbo in cui non saprei bene cosa dire. Troppo facile prendere le distanze, complicato assecondare e stupido sparare sentenze prima che siano tribunali appositi a farlo. Null’altro da raccontare. Perché che la Juventus vinca al 90’ con un gol di Osvaldo e che la Roma provi, timidamente, a raccogliere il plauso delle curve, importa davvero relativamente. Volenti o nolenti abbiamo tracciato un altro solco nella storia di questo movimento. Vedremo cosa il futuro saprà riservarci, ma essere speranzosi è un qualcosa di impossibile.
Il clima pesante si discioglie sfollando dai seggiolini blu dell’Olimpico. Di questa giornata resterà sicuramente l’ambiente ovattato. Strano. Fortunatamente unico nel suo genere. Il cielo si è fatto plumbeo e minaccioso. La giornata inizialmente primaverile si sta trasformando in una serata autunnale. Forse è un segnale che mi invita a rincasare.
A prescindere dagli sviluppi, io mi auguro solamente che il mondo ultras riesca a rialzarsi anche contro le trombe mediatiche che ne vogliono la morte immediata. Per oggi non ci sono alternative. Radio, tv ed internet spenti. Ho la mente satura di moralismo e congetture.
Testo di Simone Meloni.
Foto di Sauro Subbiani.