Credo che uno dei più grandi problemi della Curva Sud degli ultimi quindici anni – al netto di repressione e restrizioni – sia stato quello di tralasciare l’importanza del tifo. E quando parlo di “tifo”, intendo proprio tutti i dettagli che rendono un settore bello a vedersi e ben impostato nel cantare e nel coinvolgere tutti i presenti.

Indubbiamente ci sono stati periodi in cui si è provato a rimettere in piedi un discorso unitario, ma si sa, questo resta forse il muro più grande da scavalcare per riavere una grande Curva Sud. Un lavoro che va fatto dall’interno, in cui tutte le componenti debbono collaborare e remare nella stessa direzione. Insomma, una faticaccia (sic!) per lo spirito che da sempre contraddistingue il tifo organizzato giallorosso.

Al contempo va detto che dal rientro post-barriere alcuni aspetti sono cambiati. Lentamente, in linea con i tempi della città, ma anche inesorabilmente. Se quell’anno e mezzo di assenza forzata ha restituito a molti la dimensione di quello che la Sud è, e di quello che non sarebbe più se essa scomparisse, in questi mesi è in corso un innegabile cammino di amalgama. Il rientro dei ragazzi ex Nord Alta ha reso possibile un grande salto di qualità, misto a una bella verve che sembra finalmente scuotere molte teste curvaiole.

Chi mi legge sa che non sono solito sperticarmi in complimenti e frasi ad effetto tanto per sembrare forzatamente positivo. I lati da smussare sono ancora tanti e spigolosi. Cominciando dalla scarsa percezione delle parole “tempo” e “ritmo”: troppe volte i lanciacori sono costretti a sgolarsi per far rallentare l’esecuzione di un coro. Questa fretta nel cantare penso sia uno dei principali problemi del tifo attuale: andando veloci un coro svanisce facilmente, finendo per essere fuori tempo o scoordinato e risultando così impalpabile. Non a caso ci sono diverse basi diventate attualmente ingestibili. Mi viene in mente, ad esempio, il “Dammi i tre punti” eseguito su “Tu sei l’unica donna per me” di Alan Sorrenti.

Ma come si fa a restituire ritmo e vigore a ogni canto? Innanzitutto facendo capire ai curvaioli quanto sia controproducente correre e quindi uccidere qualsiasi coro (e di conseguenza danneggiare la prestazione complessiva della curva) e in secondo luogo – permettetemi – ripartendo proprio dalle basi del tifo.

Gli ultimi tre lustri sono stati sovente dannosi per tante realtà italiane. Un po’ per l’impossibilità di coordinare il tifo con tamburi e megafoni, un po’ per le “armi di distrazione” quali smartphone et similia e un po’ per l’imborghesimento dilagante che sempre più si è impossessato dei nostri settori popolari.

Facciamo conto che tante curve ne siano uscite come un palazzo dopo un bombardamento. Bisogna decidere se lasciare le macerie o ricostruire. Se si vuol ricostruire bisogna proprio ricominciare dalle fondamenta. La Sud lo sta facendo e questo è più che apprezzabile. Certo, non sarà un lavoro facile o veloce. E giocoforza c’è bisogno di vere e proprie spinte “rivoluzionarie” per ridare un’impostazione univoca.

Il ritorno dei megafoni è senza dubbio un indice della volontà di voler migliorare la coordinazione del tifo e, di conseguenza, canalizzare bene le potenzialità di un settore così grande. Ora, so di entrare su un terreno spinoso e più di qualcuno potrà anche non esser d’accordo, ma pongo questa domanda: in una curva così grande e – come detto – così spesso scoordinata e in difficoltà nel seguire ritmo e tempi, quanto sarebbe importante e d’aiuto l’utilizzo del tamburo?

Parere personale? Tanto. Quasi fondamentale. Mi spiego anche meglio: fino a venti anni fa si potevano operare in tranquillità scelte “ideologiche”, essendo il popolo dei curvaioli comunque alquanto coordinato e abituato a seguire il ritmo dei megafoni. Ma soprattutto avendo quasi sempre una determinata cultura ultras/stradaiola che (a seconda dei gusti) convogliava in una data direzione le scelte dei gruppi, avvalorandone il significato e rendendole pertanto edotte anche a chi meno era avvezzo alla sottocultura ultras. C’erano le fanzine in cui si diffondeva e spiegava il perché di un certo modo di fare tifo. C’era molta più “coscienza di classe” in tutto quello che si faceva. Ed era quindi più facile diffondere i propri modus operandi e lavorare di conseguenza.

Peraltro non dimentichiamo mai che fino al 2006 in tante curve (comprese quelle di Roma) era presente l’impianto di amplificazione. Uno strumento non indifferente se si pensa al suo “richiamo”, capace di arrivare veramente nell’angolo più alto e recondito del settore.

È evidente il cambiamento che questo lasso di tempo “grigio” ha comportato. Una regressione generale, in cui tante realtà sono involute e altre si sono chiuse a riccio. Così come appare evidente che quel piccolo spiraglio ridato dalla possibilità di tornare a viaggiare senza tessera (almeno in alcune trasferte) e riportar dentro tamburi e megafoni, ha rappresentato per molti un’occasione di rinascita. Una “resurrezione” che ha richiesto intelligenza, magari anche laddove in tanti avrebbero voluto continuare a tifare “all’inglese”, accorgendosi quanto, però, questo portava all’esclusione di una buona fetta di appartenenti al proprio settore. Magari più stimolati a seguire il battito del tamburi e quindi ad usare prima le mani e poi la voce.

Penso che anche queste siano scelte capace di decretare la rinascita o il declino del nostro movimento in questi tempi non di certo radiosi per tutto quello che rappresenta aggregazione.

La mia vuol essere una semplice constatazione/domanda. So bene che nel 2018 solo l’ingresso in una curva richiede un inter burocratico non indifferente e conosco bene le restrizioni cui ogni tifoseria si trova di fronte anche per realizzare una semplice coreografia. Quindi non sta a me giudicare o dar consigli a chi ogni domenica (e non solo) si sobbarca la responsabilità di portare avanti il discorso Curva Sud, cosa che dev’essere tutt’altro che semplice e rilassante.

Eppure pensavo a tutto ciò proprio guardando la Sud durante questo esordio casalingo contro il Viktoria Plzen. Ci pensavo osservando con attenzione l’impegno profuso dai ragazzi in balaustra per non far morire immediatamente un coro o farlo eseguire lentamente. O la determinazione con cui si chiedeva di alzare tutte le mani o rispondere al classico “Forza Roma, Roma campione”. Nonostante le sue pecche, ieri la Curva Sud è stata autrice di un’ottima prestazione, con un primo tempo davvero di livello e un secondo caratterizzato dalla diffusione di un nuovo coro e dalla “rilassatezza” del risultato, che alla fine vedrà i capitolini imporsi con un netto 5-0.

Dalla Repubblica Ceca davvero poco da segnalare. Circa 500 i presenti con la metà impegnata a fare sporadicamente tifo. Nessuno striscione di matrice ultras presente nel settore ospiti.

Testo di Simone Meloni.
Foto di Cinzia Lmr.