Ogni tanto serve fare un po’ di sana violenza contro sé stessi. Bisogna ricordarsi, talvolta, perché si sta spesso lontani dal calcio. La Lega Pro, poi, è il caso peggiore. Nonostante provvedimenti legislativi liberticidi, una burocrazia infinita, e norme di giustizia sportiva assurda, bene o male, la serie A continuerà sempre a mandare avanti il proprio baraccone, non fosse altro per tutti i soldi che riceve dalle televisioni. La serie B è messa molto male rispetto alla A, ma può contare su piazze di tutto rispetto e, in qualche caso, sull’entusiasmo popolare. La serie D consente molta più libertà di movimento e un’attenuazione delle norme anti-tifoso che, talvolta, si riescono persino ad aggirare con nonchalance. Ma la serie C no, quella proprio non si riesce a salvare dai tornelli, dai biglietti nominativi, dalle tessere del tifoso, dai divieti di trasferte e via dicendo. Gli svantaggi di andare a vedere una partita di “Lega Pro” (che nome orrendo che gli hanno affibbiato) non hanno nessuna contropartita vantaggiosa. Ed ecco gli stadi vuoti, persino quando ci sono i Play-off. O persino quando da una parte c’è una società storica con una tifoseria fedele, e dall’altra la capolista in classifica. E questo è il caso di questo Como-Entella.

Ora, intendiamoci, non che abbia grandi aspettative su questo match. Da una parte comunque ci sono i Comaschi, visti abbastanza in forma contro il Vicenza ad inizio campionato. Certo, quella è un’altra faccenda. Ma ci sono i risultati in ripresa dei Lariani e poi, appunto, arriva la quasi imbattibile Virtus Entella, capolista quasi assoluta di questo girone A. Per carità, alle favole non credo da un pezzo, soprattutto se si parla di calcio. Se la piccola Chiavari, 27.000 abitanti, con la sua storica Entella (ora Virtus Entella, visto che la squadra che porta il nome storico e, soprattutto il simbolo, è relegata in Terza Categoria genovese) è prima in classifica, di sicuro, ci sono in mezzo tanti soldi e personaggi dal potere non indifferente. Inutile raccontarsi balle. Però, in fondo, è il big-match della giornata, e la posta in palio è altissima per entrambe le compagini: il Como, con una vittoria, si consacrerebbe con un piede e mezzo nei vasti play-off e potrebbe persino sperare di rivedere la vetta, mentre l’Entella riprenderebbe la sua fuga, frenata ultimamente da qualche pareggio di troppo. Poi, per quanto riguarda il tifo ospite, presuppongo per mezzo tessera (ma non ne ho la conferma certa), il Gruppo Storico ha finora presenziato ovunque e, pur non disponendo di grandi numeri, dovrebbe tranquillamente presenziare al Sinigaglia.

Una partita a Como per me è la comodità più assoluta, cinque minuti e sono là. Il problema perenne è il parcheggio; non tanto per la partita, quanto per la gente che si va a fare una passeggiata sul lago, trovare un parcheggio è una missione impossibile. Se non altro, dopo giorni di acqua, ha smesso di piovere. Per me è la prima partita del 2014, anno sul quale, dal punto di vista ultrà, non ho grandi speranze. L’afflusso verso il Sinigaglia, nonostante manchi mezzora alla partita, è piuttosto modesto. Ciò nonostante, non mancano le barriere messe ovunque a mo’ di fortino e il solito, sproporzionato, schieramento di forze dell’ordine. Non mancano neanche i finanzieri, d’altronde dove trovarli se non in queste zone?

Ritiro senza problemi il mio accredito e, tramite regolare procedura, mi dirigo in campo. Saggiamente ho preferito le scarpe da trekking, e il tanto fango del manto erboso mi confermerà la bontà di tale scelta. Da subito, nonostante manchino pochi minuti al calcio d’inizio, la faccenda non mi convince assolutamente. I Liguri sono tredici contati, con un “Valgraveglia bianco celeste”, mentre la curva di casa appare spoglia dei soliti stendardi e con pochissimi effettivi. C’è un po’ di gente in tribuna coperta, con gli immancabili Panthers a sventolare le loro bandiere. E il gruppo della tribuna sarà l’unico a dare un po’ di colore all’ingresso in campo delle squadre, accompagnato, tra l’altro, dall’ipocrita striscione, retto da alcuni bambini a centrocampo “Aiutateci a crescere con i valori e le emozioni di uno sport pulito”. Ora, non che mi voglia perdere nelle mie solite polemiche, ma messaggi del genere proposti da un mondo veramente infestato da tutti i mali possibili, mi appare fuorviante e di cattivo gusto. Se lo sport non è un affare pulito, questo va ricercato nel malaffare della Federazione, delle Leghe, di moltissime società e degli squallidi personaggi che vi girano intorno, senza contare l’ “esempio” che, ormai quasi tutti i giorni, viene dato dagli stessi calciatori.

L’unica nota di una certa esaltazione, nel primo tempo, la dedico solo alla partita: il Como spinge e ce la mette tutta a cercare il gol del vantaggio, mentre l’Entella sembra arrivata in queste terre solo per non prenderle. Gli undici di casa entusiasmano il pubblico e, pur lentamente, fanno anche un po’ ingranare il tifo della curva lariana. Purtroppo, però, mentre gli ospiti posso tranquillamente giudicarli non pervenuti (tredici persone con la squadra prima in classifica, fate voi), il giudizio verso i Comaschi non può, almeno in questa prima frazione, neanche lontanamente avvicinarsi alla sufficienza. Pochissimi i cori intonati, poca coordinazione, poco entusiasmo e, per sentire il primo incitamento, isolato, devo aspettare circa cinque minuti. E molta gente se l’è presa estremamente comoda nell’arrivare allo stadio, dato che in molti continuano ad arrivare fino al primo quarto di partita. Alla fine, quando pure gli ultimi ritardatari arrivano a destinazione, il gruppo di casa non è neanche numericamente da buttare, ma manca veramente la voglia di sostenere la propria squadra. Un paio i battimani in tutto, forse tre, qualche coro, quasi nessuno tenuto un po’ a lungo. Stando alle cifre, tra abbonati e paganti dovrebbero esserci circa 1.500 spettatori ma, a mio modesto parere, oggi ce ne saranno sì e no la metà.

Nel secondo tempo cambio lato della tribuna e, fortunatamente, cambia anche qualcosa nella curva di casa. Il Como, nonostante la netta superiorità in campo, non aiutato di certo dalla fortuna, non riesce a sfondare la muraglia degli ospiti, ma il gioco resta altamente spettacolare. Pur con qualche pausa di troppo, la curva lariana comincia a trovare una certa continuità e sembra aver alzato notevolmente il timbro di voce. Certo, il mio Como-Vicenza è ormai un lontano ricordo, ma già avere dei segnali di risveglio, dato il contesto odierno, non è poco. Mentre ogni tanto getto uno sguardo perplesso alla curva ospiti, di fronte si abbozza anche una sciarpata, non proprio riuscita ma meglio di niente. I battimani aumentano a dismisura e vengono ben eseguiti. Insomma, almeno in questo secondo tempo la sufficienza ai padroni di casa si può tranquillamente assegnare.

Alla fine, nonostante i tanti sforzi del Como, il risultato rimane 0-0 e, soprattutto dato l’andamento dell’incontro, solo gli ospiti possono festeggiare. A distanza chilometrica i ragazzi dell’Entella fanno un applauso ai propri sostenitori; a distanza ancora maggiore, alcuni giocatori del Como alzano un braccio verso la curva in segno di saluto. Se li dovessero tutti mangiare i propri tifosi, a questi. E poi, ovviamente, impossibile trascurare l’altro punto di vista: io, tifoso, ti seguo in una categoria che non è di certo da lustrini, al freddo, con rischio pioggia, mi perquisiscono neanche stessi entrando a far visita in un carcere, devo mostrare il documento come ad un posto di blocco, non posso portare una bandiera come si deve ed uno striscione neanche a parlare, e tu, giocatore che ti senti chissà chi, fai persino fatica ad alzare un braccio per salutarmi quando, invece, dovresti venire sotto la curva e magari battere cinque (le nostre mani non sono roventi), o almeno dovremmo essere in grado di sentire la tua voce che ci dice un semplice “grazie”. E invece niente di niente, quindi, sai che ti dico? Ma vaff…

Stefano Severi.