Un derby, quando le cose vanno bene, lo si può vincere sia in campo che fuori. Magari capita che, oltre a vincere, si festeggi un traguardo importante per la tifoseria. Tutto fila liscio, la partita non è quasi mai messa in discussione e, favoriti dal risultato, è possibile autocompiacersi per una prova canora pressoché perfetta. Ma ci si può sentire veri vincitori quanto i tuoi dirimpettai, i rivali di sempre, espongono una pezza sottratta al tuo gruppo principale? Oppure la vittoria passa in secondo piano, per un fatto che, indipendentemente dal chi o dal come, verrà ricamato dall’altra tifoseria, come minimo, fino al 2020? Questo è lo spunto principale che il primo derby stagionale di hockey su ghiaccio del Canton Ticino, tra Lugano e Ambrì Piotta, offre agli appassionati di tifo e del movimento ultras. Un derby bello, con una cornice più che degna, e che pure fuori dalla pista ha fatto parlare di sé.

Il derby capita di Martedì, cosa non inusuale per il campionato svizzero. Un Martedì di cui personalmente farei a meno, dove i problemi si presentano come gli stronzi (accompagnati). Nessun attimo di tregua, niente testa per pensare a una partita. Varcato il solito confine tra un paese disastrato e l’altro investito da un benessere quasi in eccesso (almeno se paragonato a noi), fatta la benzina ad un prezzo che più economico non si può, decido di prendermi una birra in solitario che, come capita con l’alcool, o ti riassesta, o ti butta giù definitivamente. La mia calma arriva con la fine dei miei 50 cl di lattina e con l’arrivo ormai imminente alla pista Resega di Lugano, dopo il lungo tunnel di 3 km che collega l’autostrada a Cornaredo. Parcheggio in un posto abbastanza sperduto ma che mi permetterà di non incappare nel traffico post-derby al ritorno, e mi precipito verso la mia prima partita stagionale di hockey su ghiaccio. Finalmente. Perché, quando sei lontano da casa, e nulla che ti circonda del nuovo ambiente ti va a genio, cerchi, inevitabilmente, dei punti fermi sui quali ti appoggi per non soffrire troppo di saudade. Uno di questi punti, un’autentica ancora, è il campionato di hockey su ghiaccio, che già seguivo prima di approdare su questi lidi.

Alla partita mancano quasi due ore, e decido di farmi un giro nei dintorni per captare qualche movimento. In realtà non c’è il flusso che ho registrato nelle due precedenti occasioni in cui ho assistito al derby, mi sembra tutto molto tranquillo, coi tifosi dell’Ambrì Piotta che arrivano in maniera sparuta con sciarpe biancoblu e magliette della loro squadra. In realtà qualcosa, nella mattinata, è successo. Le cronache locali riportano che alcuni tifosi del Lugano (in seguito, pare, identificati per mezzo delle telecamere di sorveglianza), approfittando del fatto che la pista rimane spesso aperta, si siano intrufolati nel settore ospiti, cospargendolo di pesce marcio e letame.

Finalmente ritiro il mio accredito, ovvero vi riesco dopo un giro indecente: dal botteghino dove veniva rilasciato lo scorso anno finisco nella segreteria del club, fino ad arrivare alla mia busta nell’HC Lugano Shop. Varcati i cancelli, riprendo familiarità con la pista della Resega, entrando, prima di tutto, in tribuna per vedere l’affluenza. Manca poco più di un’ora all’inizio, la curva del Lugano è piena per metà, e i primi tifosi dell’Ambrì Piotta hanno già cominciato ad entrare nel settore a loro riservato. Presa la pettorina, sono tra i primi fotografi ad andare a bordo pista, visto che sono praticamente il solo al quale interessa il pre-partita. Il posto per scattare, come sempre, è stretto, e fianco a fianco con la panchina degli ospiti, senza che vi sia nessun divisorio, facendo vivere veramente, a noi fotografi, una situazione di primissima linea, sospesi tra i cambi della panchina e il veloce, e talvolta violento, gioco della pista.

La curva bianconera non ci mette molto a riempirsi, così come il settore ospiti, che al massimo potrà contenere 5/600 persone. Anche i minuti prima della partita, da queste parti, sono densi di significato, in particolare quando, una mezzoretta prima del via delle ostilità, le squadre entrano sul ghiaccio per il riscaldamento. Cori, entusiasmo, fischi per gli avversari, clima a mille. La cosa un po’ desueta del riscaldamento, qua a Lugano, è che gli ospiti si allenano sotto la Nord, mentre la squadra di casa sotto al settore ospiti. Ma, qualche offesa e qualche fischio a parte, il che ci sta in pieno, tutto avviene nella massima correttezza. I cori principali che si sentono, tutti con una certa potenza, sono quelli delle tifoserie che inveiscono l’una contro l’altra. Come da sogno di ogni ultras sulla faccia del pianeta, è fortissima la componente femminile tra le due fazioni, soprattutto, almeno stasera, in curva del Lugano.

Uscite le squadre prima di rientrare per la classica presentazione all’americana (luci spente e fari puntati sulle squadre che entrano in campo, coi giocatori chiamati uno ad uno), imposto la macchina fotografica per immortalare le coreografie al buio e con tempi di scatto veramente bassi. Spentesi le luci, infatti, i primi a proporre il loro spettacolo sono i tifosi della Valle Leventina: la GBB compie 25 anni, e la coreografia è tutto un programma. Un bandierone bianco col numero 25 scritto in blu, e incorniciato da 25 stellette rosse, viene contornato da tanti cartoncini blu, con la scritta, nello striscione alzato di sotto sul plexiglass, che fa “25 anni con le mani su a tifare biancoblu”. Anche dalla parte opposta, la curva si colora come meglio non potrebbe: al centro bandierine gialle e, ai lati, da una parte cartoncini neri e dall’altra bianchi, con la scritta, in basso “Nel ’41 fu creato… fino ad oggi mai violato”, riferito, ovviamente, all’Hockey Club Lugano.

Si parte, il tifo è alle stelle, dall’una e dall’altra parte. Sia l’intera curva di casa che quella ospite sono in fermento e cantano dalla prima all’ultima fila, con rare eccezioni. Ospiti dell’Ambrì, come da loro abitudine, con bandieroni, che sventolano sempre, e stendardi, mentre i Luganesi si affidano di più a delle belle manate, con eccezione della Fossa, che non disdegna un uso veramente continuo delle bandiere. Sulla pista il Lugano sembra partire veramente stordito e l’Ambrì ne approfitta, segnando, dopo poco più di un minuto, l’immediato vantaggio, con Pestoni che, a tu per tu col portiere, non sbaglia. L’esultanza è da brividi, e mi accorgo che, in tribuna di fronte a me, sia nell’anello superiore che in quello inferiore, ci sono altri tifosi dell’Ambrì. Il che mi lascia pensare che, in tutto, gli ospiti, se non sono proprio un migliaio, poco ci manca. La Nord, piena in ogni singolo posto, non è compensata dalle tribune: nonostante i 6.200 spettatori, alla Resega, ho visto, altre volte, più pubblico totale.

Le curve non si risparmiano nelle continue offese reciproche, anche se poi, il più dei cori è per le rispettive squadre. L’Ambrì ottiene presto una doppia penalità per infrazioni dei giocatori luganesi, e, all’11°, Trunz ne approfitta per portare l’Ambrì sul 2-0. I biancoblu sono in paradiso, mentre Lugano accusa il colpo. Per qualche istante lo stesso si può dire della curva di casa che, pur non calando nella continuità, lo fa leggermente nell’intensità. Non serve la capacità di trascinare del pur bravo megafonista dei Ragazzi della Nord, quel che occorre è un gol. Che non arriva nemmeno quando il Lugano va prima in doppia superiorità numerica e, sul finire del tempo, nuovamente in power-play, ma senza mai trovare nulla se non qualche svarione difensivo davanti alla porta dell’ottimo portiere leventinese Schaefer. La sirena suona e si porta via un primo tempo dove gli ultras dell’Ambrì, trascinati dal risultato, hanno fatto vedere veramente un gran tifo, con un sostegno continuo e dei battimani che hanno coinvolto tutto il settore. Di contro, i Luganesi, pur tifando sempre, hanno risentito un po’ del pathos della partita, risultando meno incisivi rispetto ad altre occasioni in cui li ho visti in passato. Ma è solo una prima impressione, e la partita è lunga.

Nell’intervallo la Gioventù espone uno striscione contro i cugini bianconeri: “La storia non è un’invenzione… voi ospiti in questo Cantone”. Più secca l’immediata risposta dei Ragazzi della Nord: “Voi in 200 in Ungheria per vedere vostra madre darla via”, riferito ad una trasferta estiva della Gioventù in terra magiara.

Il secondo dei tre tempi non è il migliore per la tifoseria dell’Ambrì: non tanto per il Lugano, che alla mezzora dimezza (meritatamente) le distanze, quanto per ciò che la curva bianconera pone sul piatto. Lo striscione “Pullman, stendardi e striscioni… quando tirate fuori i coglioni?” dei Ragazzi della Nord, anticipa di pochi secondi l’esposizione, da parte della Fossa, di uno stendardo, chiaramente della GBB Ambrì, col simbolo del gruppo e la dicitura “1988”. Il gruppo bianconero, ironicamente, rimanda su stoffa “Geronimo ancora tu? Ma mica dovevamo vederci più!” mentre, su sponda opposta, già pronta la risposta, riferita alla dinamica del furto: “Aspetti il fumo per rubar lo stendardo, ma quale ultras, sei solo un codardo”, firmato GBB. La Fossa risponde alzando lo striscione, pronto all’uso, “Parole, parole, parole”. Certo che, indipendentemente dal chi e dal come, lo smacco c’è, e la pezza del gruppo principale del tuo nemico è sempre una reliquia di cui vantarsi. Va detto che, a livello di tifo, nonostante la mazzata psicologica (comunque i Leventinesi sapevano e se lo aspettavano), il settore dell’Ambrì continua ad offrire un gran colpo d’occhio ed un tifo solo di poco inferiore alla frazione precedente. In curva del Lugano, invece, tra l’euforia per lo stendardo e la squadra che sembra poter pareggiare da un momento all’altro, si vola, e finalmente tutta la curva partecipa a pieni polmoni. È questo il bello del derby, quando fai fatica a distinguere i cori delle due tifoserie perché tutte e due cantano sempre e ad altissimo volume.

L’ultima pausa porta, come di consueto, ad uno striscione per parte: “J.J. pupazzo saltella su sto cazzo” invita la GBB (ammetto la mia ignoranza su chi sia J.J.), mentre non serve nessuna conoscenza specifica per lo striscione dei Ragazzi della Nord: “Nella nostra città il vostro mestiere senza dignità!!! ACAB”.

La partita riprende, non passa neanche un minuto di gioco che, grazie ad un doppio power-play, l’Ambrì, con Steiner, si porta sull’1-3. L’entusiasmo diventa il faro della curva ospite che, come accade spesso in questo sport, dà nella terza frazione il meglio di sé, sia come continuità che come decibel, senza disdegnare il colore. L’apoteosi è completa quando, neanche quattro minuti dopo, l’esperto Mieville firma l’allungo sull’1-4 dell’Ambrì. La curva bianconera continua a cantare, ma si capisce che manca la convinzione. A ridare un po’ di vigore alla curva, il nuovo striscione della Fossa, mentre lo stendardo “grattato” resta appeso come niente fosse nella balconata del gruppo: “Ma quale infamia, ma quale viltà, siete un fans-club, questa è la realtà” che, ripensandoci, potrebbe essere stato scritto durante la pausa, ma anche no (se il furto, come pare, è avvenuto in un’altra occasione, era lecito aspettarsi uno striscione in merito da quelli dell’Ambrì, per poi immaginare una facile risposta).

C’è anche il tempo dell’illusione, al minuto 47, per il Lugano, col lesto Fazzini che segna la seconda marcatura della propria squadra. Anche se non al 100%, la curva di casa riprende a tifare un po’ più convinta mentre, nonostante il colpo subito, la curva opposta continua a dare spettacolo. Passano i minuti e la consapevolezza di vittoria aumenta proporzionalmente tra i tifosi ospiti. Il Lugano assedia, ma poi perde irrimediabilmente i nervi, e ad un minuto e 25” dalla sirena finale, in superiorità numerica, l’Ambrì segna il definitivo 2:5. Tra la gente biancoblu è il delirio, e anche la contigua panchina ospite al mio fianco festeggia. Non mancherà neanche un minuto alla fine che la “Montanara” viene intonata, con le sue sciarpe alzate, da quanti tifano Ambrì Piotta, mentre, con molta volontà, la Curva Nord cerca di coprire vocalmente gli ospiti continuando a cantare.

Tutto stupendo e capisco come l’importante di questo derby, il punto g, l’orgasmo, non sia vincerlo, ma vincerlo in casa dei rivali. Poi c’è tutto il rito finale, con le sciarpe che rimangono alzate ancora per un po’, le squadre sotto alle curve, la premiazione dell’uomo partita, più altri cori finché i gradoni non cominciano a svuotarsi. Sono l’ultimo dei fotografi ad andarsene. La mia scheda di memoria è completamente esaurita, le orecchie fischiano per il rumore, ma è una sensazione veramente bella, quando esci dalla pista e ti rimbombano nella testa i cori delle due tifoserie.

Anche se me ne torno alla mia macchina parcheggiata in posizione strategica, ci sarà un dopo-partita che provocherà, per giorni, polemiche a non finire in tutto il Cantone: in zona cimitero (per intenderci nei parcheggi della curva ospiti dello stadio di calcio, adiacente alla pista), ci sono stati dei contatti tra le due tifoserie, e due agenti, nel tentativo di separare le fazioni, sono stati feriti da due ultras del Lugano. Questa è la Svizzera e, anche se in Italia può sembrare non sia successo nulla di eccessivo, si discute ancora di provvedimenti più severi in occasione delle manifestazioni sportive. Spero che il paese elvetico, uno dei pochi che ancora riconosce veramente i diritti fondamentali dei cittadini (pur facendone rispettare, e severamente, i doveri), per degli episodi sporadici non prenda la triste deriva moralista e liberticida della nostra martoriata Italia.

Stefano Severi.