Mettiamo in chiaro una cosa, generalmente quando scrivo cerco di essere il più neutro possibile, non facendo quasi mai trasparire le mie opinioni personali. Partendo da questo presupposto, con altrettanta sincerità, devo dire che quanto segue sarà fazioso e certamente non obiettivo. Ma sincero. La Lupa Roma, come detto in un racconto precedente, è una società nata quest’anno dalle ceneri della Lupa Frascati, storico sodalizio della cittadina castellana. Questa società, oltre ad aver abbinato i colori sociali di Roma e Lazio per l’odioso politically correct, rappresenta il calcio moderno nella sua peggior veste: campo di gioco a Fiumicino, buona parte dei media imboniti da una sapiente opera di circonvenzione e discreto potere economico, tanto da permettergli un campionato di vertice nella sua prima stagione di Serie D. Prepotenza ed arroganza come succulenti contorni a questo già abbondante piatto. Non è cattiveria, ma tra loro ed una squadra con tradizione, identità e storia ovvio che la mia scelta cada sulla seconda. Ed allora sin dal primo momento che leggo di questa semifinale di Coppa Italia Dilettanti tra laziali ed amaranto, ovvio che la mia speranza profonda sia quella che almeno in finale di questo torneo snobbato da molti ci arrivino delle squadre decenti. Ed allora poco importa se alla fine l’Arezzo passerà ai calci di rigore grazie ad un penalty assegnato al 92’ per un fallo, diciamocelo pure, totalmente inesistente.

Dopo questa breve ma necessaria premessa possiamo entrare nel merito del vero e proprio racconto. La gara è in programma per le 14:30 e spostandomi con i mezzi esco di casa con un paio d’ore di vantaggio. Lo stop della Linea B a causa di una manifestazione non è certamente d’aiuto e così, invece che arrivare a Magliana e prendere il Co.Tra.L., sono costretto ad optare per il treno diretto all’Aeroporto, scendere una fermata prima (Parco Leonardo) e salire su un autobus che fa capolinea nel paese tirrenico. Bei tempi quando Trenitalia ancora serviva Fiumicino Città. Non senza affanno riesco ad arrivare al campo. Prima di entrare mi godo il panorama del porticciolo posto dietro lo stadio e, quando mancano dieci minuti al fischio d’inizio, vedo arrivare le macchine con a bordo gli ultras toscani. Entro nella tribuna coperta dello stadio “Desideri”, storica roccaforte del Fiumicino Calcio oggi in prestito ai vagabondi giallorossobiancocelsti, e abbastanza sorpreso noto che per essere una giornata lavorativa c’è un discreto pubblico. Davanti a me gli Aretini stanno finendo di mettere le pezze, un’operazione alquanto veloce, mentre le squadre stanno facendo il loro ingresso sul terreno di gioco. Gli ospiti, una quindicina, alzano uno striscione con la coccarda della Coppa Italia e la scritta “La voglio”. Va ricordato che gli amaranto lo scorso anno sfiorarono la finale, venendo eliminati dalla Turris in semifinale al termine di due gare alquanto sfortunate.

Le cose in campo non si mettono però bene, infatti la Lupa Roma trova quasi subito il vantaggio, sfiorando in più di un’occasione il raddoppio contro una difesa avversaria che appare lenta e spaesata. Il manipolo di ultras amaranto è tutt’altro che scoraggiato e, in barba all’esiguo numero, fa quadrato tifando, offrendo bei battimani e colorando continuamente il settore con numerose bandierine. Devo dire una piacevole sorpresa, non avevo molte aspettative trattandosi di una trasferta certo non affascinante ed oltretutto alle 14:30 di mercoledì, eppure sono stato ampiamente smentito. Tra di loro si vede chiaramente che c’è gente grande e che venendo almeno dalla scuola degli anni ’90 ha un certo modo di intendere la curva. Quando si è sugli spalti si tifa. In due, in dieci o in cento. Punto e basta. Penso che la perdita di questo genere di concetto sia alla base di molte altre catastrofi che hanno poi investito il nostro amato movimento. Se il primo pensiero che si ha quando si varcano i cancelli di uno stadio non è quello di tifare per sovrastare gli avversari ed essere il dodicesimo in campo, allora manca forse proprio la base per tutto il resto. Mia opinione personale ovviamente.

Nella ripresa l’Arezzo tenta di tirar fuori l’orgoglio ma ad avere le occasioni più nitide sono sempre i padroni di casa. Così, mentre gli amaranto continuano a tifare, dopo aver esposto un simpatico striscione in riferimento ai malandrini bambini dello Juventus Stadium, “Torino 1-12-2013: quando i bambini fanno oh…merda!”, in campo sembra esser ormai scritta la fine. Eppure negli ultimi cinque minuti succede di tutto. L’arbitro assegna un primo rigore all’Arezzo che l’ex romanista Quadrini (esordì ai tempi di Zeman) si fa neutralizzare dal portiere avversario, e quando la gara sembra volgere al termine decreta un secondo penalty per gli ospiti, stavolta sembra davvero molto dubbio il fallo dell’estremo difensore giallorossobiancoceleste sull’attaccante toscano. Dal dischetto va Essoussi che non sbaglia, mandando su tutte le furie il pubblico della tribuna che invoca allo scandalo ed al furto. Mentre mi chiedo da quale senso di appartenenza provenga tutto quest’astio, le due squadre vanno ai rigori: Morini (entrato appositamente per il tiro dagli undici metri) colpisce la traversa regalando il successo agli avversari. Mastica amaro la Lupa Roma, fa festa l’Arezzo che va a raccogliere il ringraziamento dei propri tifosi.

Faccio sfollare un pochino e poi anche io mi dirigo verso le uscite. So già che per tornare verso casa dovrò affrontare il caotico traffico delle 17:30. Il viaggio passa riguardando le foto con soddisfazione. Di fronte non c’era la Torcida dell’Hajduk d’accordo, ma quando non si hanno aspettative anche trovare una quindicina di ragazzi, arrivati nella provincia di Roma per cantare tutta la loro passione, è sempre un piacere. Del resto non sbagliava chi anni fa, dalla A alla Terza Categoria, definiva la Coppa Italia “Coppa degli Ultras”.

Simone Meloni.