“Trasferta del secolo” l’aveva definita un giornale locale spezzino. E io dico no, non è così che vanno le cose. Le trasferte del secolo, quelle per chi vive la squadra, sono quelle dove macini centinaia e centinaia di chilometri con le peggiori scomodità e con la squadra in bassa classifica. La trasferta del secolo è quando arrivano i momenti bui, conti i tuoi compagni per sapere in quanti si è rimasti, ma l’importante è sapere che sei lì. La trasferta del secolo è quando parti tranquillo ma poi ti ritrovi, volente o nolente, in situazioni difficili, ma poi ne esci e puoi raccontare la tua avventura col sorriso sulle labbra. Ma, se non si vive lo stadio costantemente, stagione su stagione, questi concetti non si possono capire. Non che Milan-Spezia, ottavi di finale di Coppa Italia, debba essere per il tifoso ligure una partita come un’altra, anzi. Però vorrei tanto sapere cosa ne pensa il ragazzo della curva che sarebbe stato presente anche se fosse stato un Fo.Ce.Vara.-Spezia di Eccellenza Ligure.

L’invasione bianconera nella “Scala del calcio” non è affatto scontata, ma sicuramente prevedibile. È un po’ come quando la mamma, o la fidanzata, di fronte alla partita della nazionale (ovviamente solo ai Mondiali, al limite agli Europei ma dopo i quarti di finale) diventa una tifosa sfegatata che, un altro po’, sembra farti diventare uno che il pallone non l’ha mai visto. Dalle mie parti queste vengono definite “trasferte da bruco”, dove il tifoso col bruco di peluche in auto è quello improvvisato dell’ultimo minuto, che mai si sognerebbe di seguire la squadra in difficoltà ma che, quando le cose vanno bene, è lestissimo a salire sul carro dei vincitori. Così come ci sono le “brucacciate”, ovvero il comportamento allo stadio un po’ folkloristico di questi personaggi, per esempio con acconciature assurde, cappelli improponibili e con frasi banali sui loro stendardi “lastminute”. Ora, per carità, lungi da me del fare di tutta l’erba un fascio, oggi è capitato lo Spezia e domani sarà un’altra squadra, però ho sempre guardato con occhio critico questa moltiplicazione di tifosi in certe partite, simile a quella del pane e dei pesci. Massimo rispetto per chi c’è sempre, per il resto è un’occasione per fare delle foto con più impatto del solito. Anche se, su sponda opposta, la mia reflex non avrà altrettanta soddisfazione.

Risparmio alla mia macchina la tortura di entrare a Milano, col suo traffico e i suoi balzelli autostradali, fra l’altro aumentati a dismisura con l’anno nuovo. Scelgo un’altra volta il treno, con tutti i rischi annessi e connessi. Tanto che buco la corsa e devo aspettare, mezzora dopo, quella successiva. Poi, fortunatamente, è tutto un procedere veloce e puntuale verso il capoluogo lombardo. Solito cambio con la metropolitana e poi solita camminata verso San Siro. Nonostante manchino tre quarti d’ora, la gente per strada è decisamente poca. Molti bancarellari fanno di necessità virtù e si ritrovano a vendere diverse bandiere bianconere. Come giro l’angolo per trovarmi lo stadio di fronte sento i cori degli Spezzini, evidentemente già dentro per la maggior parte. Mentre continuo ad incamminarmi verso l’ingresso stampa vedo, infatti, i pochi tifosi liguri che attendono ancora l’ingresso, mentre i cancelli destinati ai Milanisti procedono con una velocità incredibile. Lo dico sempre: questa Coppa Italia va cambiata, deve partire in Estate dalle Promozioni regionali con partite sempre secche in casa della squadra svantaggiata, almeno sulla carta. Una formula come quella attuale non ha senso, e, come in altri stadi impegnati in questo ottavo, il dato paganti non è di certo di quelli da far fare salti di gioia al cassiere: in tutto si conteranno 16.000 spettatori, dei quali almeno 6.000 provenienti da La Spezia.

Al botteghino stampa manca l’accredito; fortunatamente le scartoffie in mio possesso non fanno una piega e l’addetta mi dà subito il mio accesso in tribuna stampa. Essendo un tagliando fatto all’ultimo secondo, non ho diritto ai classici banchi, ma ai seggiolini accanto “di servizio”. E sarà un bene, visto che questa postazione mi dà la possibilità di scattare alle due curve senza infastidire nessuno. Poi certo, metà dei banchi stampa sono vuoti, e ciò mi lascia da pensare su come poi vengano ignorate con nonchalance le richieste fatte in regola, così come colpisce la quasi metà dei giornalisti giapponesi presenti. Ora, non che la voglia menare fuori luogo, ma frequentando spesso la Svizzera, dove qualcuno fa sermoni su come, rispetto agli stranieri, bisogna dare precedenza a fotografi e giornalisti svizzeri, mi chiedo perché in Italia spesso ti dicono “scusate non c’è posto”, quando poi più che in tribuna stampa sembra di essere in Ginza Dori a Tokyo.

Detto questo, la mia impressione iniziale è confermata: gli Spezzini sono tanti, assiepati al primo anello della Curva Nord, con tante persone pure negli adiacenti distinti arancio. Il resto dello stadio è composto da pochi spettatori. Nota a parte per la Curva Sud del Milan, oggi veramente con pochissimi effettivi, la quale continua il suo sciopero a causa dell’impedimento di poter introdurre allo stadio striscioni e altro materiale che, fino a poco tempo fa, soleva entrare senza problemi. Quindi anche oggi niente tifo, niente striscioni e niente bandiere. Anzi, tutti seduti. Nel settore ospiti, invece, devo sbrigarmi a sistemare la macchina fotografica per immortalare in tempo la prima sciarpata di giornata, sicuramente la più riuscita delle tante eseguite durante la partita (ne ho contate almeno cinque, con risultati variabili).

Il prepartita è già bollente, almeno su sponda bianconera. Una buona parte del settore intona “giochiamo in casa” e “benvenuti al Picco”, anche se non so dire assolutamente se tali cori arrivino dal centro della curva, luogo di maggiore aggregazione odierno per gli ultras spezzini. Quando poi sul maxischermo appare Galliani, i tifosi liguri lo accolgono con “C’è il pelato di merda olé”, sulle note de “La Stangata”. Durante la lettura delle formazioni, finalmente rivedo un rito al quale non assistevo da tempo, ovvero la lettura dei cognomi dei giocatori ospiti seguiti da un “olè” col braccio alzato per ognuno di loro. E il contrasto con la lettura dell’undici milanista è imbarazzante, dato che lo speaker propone la solita pacchianata dei nomi di battesimo dei giocatori che dovrebbero essere completati dal cognome urlato dai tifosi: stavolta (ed era ora, anche se è un fatto contingente) nessuno segue l’altoparlante. Forse, dato il clima pesante intorno all’undici oggi allenato da Cassetti (è la prima partita senza Allegri, esonerato, mentre Seedorf arriverà in tribuna solo per vedere gli ultimi minuti di partita), sarebbe stato meglio evitare, ma tant’è.

Mentre, ovviamente, in Sud non succede nulla, all’entrata in campo delle due squadre gli Spezzini sventolano le loro numerose bandierine di plastica bianche, accompagnate dallo striscione, in due pezzi, “Bianca la nostra maglia”, “Pronti alla battaglia”. Poi il primo pezzo sparirà misteriosamente, mentre il secondo, sempre alzato, si farà un allegro giro per tutto il settore. Nell’area degli ultras vengono accese alcune torce (di cui una finirà in campo) e due bombe carta. L’effetto della coreografia, accompagnato dal numero elevato di tifosi, è notevole.

La partita inizia e, così come annunciato, non posso far altro che commentare solo quanto succede nel settore ospiti. Durante i primi 45 minuti di gioco il tifo bianconero non eccelle assolutamente. Forse qualche silenzio di troppo, fatto sta che solo la parte bassa degli ultras al centro della curva cerca di sostenere la propria squadra con continuità, ma la stragrande maggioranza del settore se ne infischia altamente. E qui torniamo a quanto scritto all’inizio, oltre ad un altro mantra che mai mi stancherò di ripetere: ormai il viaggio è stato fatto, si sta là, e l’occasione è storica, quindi perché non tifare? I cori, quando coinvolgono più dei soliti effettivi, appaiono scoordinati, insomma, manca qualcosa. Anche la terza sciarpata proposta, verso la mezzora, viene fatta solo al centro della curva.

Poi, dal 28° al 32°, in quattro minuti, riescono a segnare due giocatori da “Chi l’ha visto” quali Robinho e Pazzini, e per lo Spezia, sotto di due reti, si fa veramente dura. Eppure, proprio da qui, il tifo migliora: non che tutto il settore venga coinvolto, ma la continuità sembra ingranare, e a momenti si guadagna di intensità. L’emblema di questa trasferta per gli ultras spezzini avviene proprio durante l’ultima fase del primo tempo: i ragazzi al centro, con alterne fortune, stanno tenendo lo stesso coro da diversi minuti, mentre, intanto, la nebbia che scende dalla tettoia di San Siro diventa sempre più fitta e minacciosa, e qualche tifoso occasionale intona il classico “Avete solo la nebbia”, eseguito in breve da tutto il settore tranne gli ultras; finito il momento di euforia “bruca”, si risente lo stesso coro degli ultras, di fatto mai cessato. Va segnalato che, già in precedenza, sempre da “zone non ultras” si era alzato, dopo il gol del 2-0, il coro “Serie B” verso i Milanisti. In ogni caso il pubblico locale accenna a malapena qualche fischio. Finisce comunque in crescendo la prima frazione per gli ospiti, con la soddisfazione di aver tenuto testa al blasonato Milan per una buona mezzora. Poi non si sa mai.

Nel secondo tempo neanche due minuti e il Nipponico Honda realizza la sua prima rete in Italia, per la disperazione dei tanti giornalisti giapponesi che sono tornati in tribuna stampa qualche istante dopo col loro caffè caldo in mano e che hanno perso la rete del loro beniamino. Se la rivedessero in streaming. La cosa bella è che, nella testa del tifoso medio spezzino, qualcosa cambia: prima è solo una sensazione, ma poi, col passare dei minuti, appare sempre più chiaro come sempre più larghe fette del settore ospiti comincino ad affiancare gli ultras nei vari cori. Forse non si arriverà mai al 100% del settore a tifare attivamente, ma, soprattutto in determinati frangenti, l’intensità è ben degna di nota. Qualche coro per i diffidati, qualcuno contro Genoa e Brescia, e poi sostegno continuo per lo Spezia. Fra l’altro, cosa sempre gradita, aumentano i battimani.

La nebbia, per un qualche miracolo, dopo essersi imposta decisamente (e avermi rovinato qualche scatto), inizia a diradarsi. Ormai la partita volge al termine e il coro che convince un po’ tutti gli Spezzini presenti è “Abbiamo vinto noi”. La parte finale di questo ottavo senza storia in campo, se non fosse per il freddo, sembrerebbe quasi perfetta e, proprio allo scadere del tempo regolamentare, a seguito di un’azione piuttosto concitata in area milanista, lo Spezzino Ferrari regala la gioia di un gol a San Siro ai tanti tifosi presenti. È incredibile l’esultanza per un gol che non vale niente ai fini della partita, molto più spontanea e vera di quella compassata del pubblico locale per le tre reti del Milan. E ci ripenso: se si fosse giocato al Picco, a botta secca?

Nei tre minuti di recupero torna in voga l’ “Abbiamo vinto noi”, mentre la squadra si gasa e potrebbe persino trovare la seconda rete. Finisce però così, per 3-1 e, mentre i giocatori di casa tornano negli spogliatoi col pubblico un po’ perplesso, gli ospiti vanno a festeggiare (altro fatto che andrebbe sottolineato) sotto al settore ospiti. Finisce così l’avventura dello Spezia in Coppa Italia. Nonostante la sua formula astrusa e dettata da incompetenti, questo torneo può ancora regalare qualche piccola emozione a chi non è abituato, almeno per ora, a determinati palcoscenici.

Il freddo diventa insopportabile e solo la camminata fino alla fermata Lotto della metro mi riporta in vita. Oggi, ai tornelli della Linea1, non c’è neanche l’ingente schieramento di controllori abituale per le partite delle due squadre milanesi, e il che è tutto dire. Chissà se prima o poi il pubblico italiano potrà riappropriarsi, e rinnamorarsi, della Coppa Italia.

Stefano Severi.