Ho appositamente atteso lo svolgimento di queste tre partite per sedermi di fronte a uno schermo e stilare il mio personalissimo parere sul periodo contorto e catartico che il pubblico romanista sta vivendo. Potrei parlare della vicenda stadio ma, come detto diverse volte, non è un qualcosa che mi appassiona particolarmente; inoltre non avendola seguita con attenzione rischierei di parlarne con troppa superficialità. Attualmente sembra che l’impianto si faccia e l’unica cosa che posso augurarmi è che sia a prova di tifoso. Senza barriere, con una curva unita e costruito con una logica volta a favorire ogni tipo di spettatore e delle sue esigenze. Cominciando dai prezzi, che non dovranno escludere tout court le classi meno abbienti, cacciandole definitivamente da quello che un tempo fu uno sport popolare e che oggi dovrebbe quanto meno incentivare lo spettacolo del folklore e le tradizioni del tifo italiano.

Chissà quanti di quelli che in questi giorni si sono fatti fieri portatori degli slogan contro la Curva Sud (da alcuni semplici tifoso ad altri semplici giornalisti) il 27 novembre 2002 sono rimasti dentro lo stadio Olimpico a sostenere una squadra che si sgretolava sotto i colpi di Henry. Quella sera l’Arsenal affondò letteralmente la Roma, cancellando le sue velleità di qualificazione ai Quarti di Finale e facendo imbestialire gran parte dei 60.000 presenti (premessa fondamentale: molti dei quali non avevano mai visto giocare la vecchia Coppa dei Campioni fino all’anno precedente). Tanti decisero bene di abbandonare lo stadio al 30′, dopo la terza rete del fuoriclasse francese. Decisione che suscitò fischi e cori “poco amichevoli” proprio da parte della Curva Sud, pronta come sempre a gustare fino alla fine il calice amaro.

Pronta a modo suo: tifando e sostenendo l’ideale. Quello che la squadra rappresenta e non quello che ormai in campo è perso e irrimediabile. Tuttavia nessuno volle dare lezioni di tifo a Spalato, l’anno successivo in Coppa Uefa, o a Donetsk, Kiev, Mosca, Belgrado, Tromsø o nell’annus horribilis 2004/2005, con lo spettro della retrocessione che incombeva e un Olimpico non certo traboccante di persone. Innumerevoli personaggi dell’etere erano impegnati a curar per il meglio il proprio interesse – ad esempio – mentre i ragazzi della Sud organizzavano al meglio la decisiva trasferta di Bergamo, che coincise con la matematica salvezza.

Termini come “finti tifosi” o “tifosi a comando” non sono partiti certamente all’indirizzo della Sud nelle molteplici occasioni in cui un risultato sfavorevole, una qualificazione svanita, un derby perso o uno scudetto mancato hanno scatenato nell’ambiente una gara a chi gettava più fango. La curva ha contestato – è vero – ma ha anche sostenuto la Roma in ogni angolo d’Italia e d’Europa, tifandola fino al 90′ più recupero.

Mentre altri l’hanno fischiata dopo un primo tempo opaco e continuano a fischiarla dopo una qualificazione ottenuta non giocando bene (come se nella storia dei giallorossi fosse la consuetudine vincere e partecipare alle Coppe Europee); insultando sovente i giocatori che indossano la maglia, feticcio sacro per ogni vero supporter, perché autori di una pessima prova.

È lapalissiano che comprendere le ragioni di una qualsiasi protesta, in una società generalmente supina e giustizialista come la nostra, sia diventata una vera e propria impresa. Non è concepibile che un gruppo di persone – per giunta ragazzi – rinuncino a un qualcosa di già pagato nell’era del consumismo, resistano ai richiami di una passione per cui danno generalmente l’anima e riescano persino a far parlare di loro, formando uno zoccolo duro che va ben oltre i tanto vituperati ultras, senza nessun secondo fine nascosto. E invece, vi do la notizia, è proprio così. E in un Paese che generalmente toglie il lavoro e il futuro ai nostri giovani, opprimendoli anche e soprattutto in aspetti quotidiani più grandi del calcio, ciò dovrebbe essere apprezzato. E nessuno se ne esca con il retorico assunto: “Se protestassero con questa veemenza per i “veri” problemi, a questo punto vivremmo in un altro mondo”. Innanzitutto perché non è detto che non lo facciano in altri contesti. Inoltre vorrei ricordarvi che quando ciò è statp fatto (prendo un esempio a caso: il G8 di Genova) immediatamente si è verificata la celeberrima levata di scudi dell’opinione pubblica. Un’opinione pubblica (nella fattispecie rappresentata da un target di tifosi che, a buon bisogno, neanche frequenta lo stadio) mossa dallo spirito dell’ “armatevi e partite. Ma se vi fate male vi diamo pure le altre”.

Non ci sono tifosi di Serie A o Serie B, questo l’ho sempre creduto. Assegnare patenti è un qualcosa di sgradevole, perché ognuno segue la propria passione come meglio crede. Del resto non si è mai visto un mezzofondista insultare pesantemente un ciclista a causa delle diverse passioni e della modalità con cui vengono vissute. Eppure molti degli stessi che nei mesi passati hanno esultato per l’assenza della Sud, mutuando la ragione scaramantica (“restate fòri, che si rientrate portate jella e nun vincemo più”) o ricorrendo a meschine e infondate ragioni (“lo fanno per interessi personali”, del resto chi per interessi personali non sottoscrive abbonamenti da centinaia di euro per non utilizzarli e decide di seguire la propria squadra solo in trasferta, dove costi e disagi aumentano?), oggi ne pretendono la presenza “per aiutare la squadra”. Per costoro i ragazzi della Sud sono diventati un bersaglio continuo (quasi un’ossessione) da anteporre a qualsiasi sciagura calcistica dei giallorossi.

La Roma rischia di non costruire il proprio stadio? Colpa della Sud che non si schiera a favore. Chissà perché, poi, debbano essere solo i ragazzi della curva a farsi carico di queste cose. Si è detto, in tempi non sospetti, che si può vivere l’Olimpico anche senza il tifo organizzato, giusto? E allora cosa ci vuole a organizzare una manifestazione per far sentire le proprie ragioni? Come dite? Lo hanno fatto ma erano in pochi, disorganizzati e rischiano anche di venir denunciati dalla Questura per manifestazione non autorizzata? Purtroppo questa è la prassi quando si vive da tifoso a 360 gradi. Chi si scandalizza forse è lo stesso che ha definito “giuste” le multe per cambio posto e “pretestuosa” la battaglia contro le barriere.

Inoltre appare quanto meno fuori luogo la pretesa che una curva già allo stremo, proprio per suddetta battaglia, riesca a perorarne un’altra per un luogo dove – va detto – nessuno garantisce che tornerà a trionfare il tifo folkloristico e passionale che fino a due anni fa ha contraddistinto il settore popolare. Il futuro di un club e dei propri tifosi è fondamentale, ovvio, ma non può esserci futuro se non si tutela il presente.

La Roma perde il derby di Coppa Italia e rischia di uscire dalla competizione? Colpa dell’assenza di tifo. Strano, proprio quel tifo che esimie penne e solerti giudici con la sciarpa al collo si sono spesso affrettati a definire “incivile” e dannoso per l’immagine del club. E non solo quando, effettivamente, si è macchiato di gesti indifendibili, ma anche quando ha “osato” colorare la curva con una fumogenata o intonare un coro di sfottò nei confronti di una tifoseria avversaria divenendo oggetto delle ridicole squalifiche per la famigerata discriminazione territoriale (la stessa posta in essere dai medesimi organi che vietano la vendita dei biglietti in base alla provenienza geografica) . “Destabilizzano l’ambiente”, hanno osato altri. Un gioco al massacro che oltre a non favorire la coesione tra tutte le componenti della tifoseria getta scredito su un’intera curva che da due anni porta avanti una battaglia in punta di diritto e nella maniera più pacifica possibile.

Quando ci si chiede dove sia la Curva Sud, quando si taccia ragazzi, ragazze, signori e signore di lasciare da sola la propria squadra e di rimanere fuori per tutelare chissà quale interesse personale, si cerchi per un momento di vedere oltre una partita di calcio (seppur importante e sentita) e si leggano le situazioni intercorse negli ultimi anni. Le barriere (e la repressione annessa) sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso di chi domenicalmente si ritrova a dover combattere con cavilli burocratici e disposizioni oppressive non degne di un Paese europeo. A questo bisognava pur dire basta e alzare la voce.

Quando ci si chiede dove sia la Curva Sud si prendano le foto di qualsiasi anno e di qualsiasi partita giocata dalla Roma. La Curva Sud la troverete là. Sempre.

Testo Simone Meloni

Foto Lorenzo Contucci