Il 30 Luglio mi trovo a Budapest per il viaggio di maturità. Verso le 17 decido di uscire nella calda ed afosa capitale ungherese per fare un giro. Mentre passeggio individuo tre ragazzi armati di sciarpe e birre, il che mi fa presumere la possibilità di una partita di calcio in quella giornata; quello che ci voleva per smuovere la mia giornata. Inizio a seguirli e di lì a un’ora mi ritrovo in una della piazze principali della città: Piazza degli Eroi.
Il colpo d’occhio è subito impressionante: due migliaia di persone circa che indossano magliette bianche, la maggior parte delle quali raffiguranti un palmo di una mano sbarrato. La stessa immagine è stampata su dei volantini distribuiti più o meno a tutti. Capisco subito che non deve essere una giornata come le altre.
Dietro la folla scorgo la presenza di vari cameraman, un palco improvvisato e due casse evidentemente collegate ad un microfono. Inizio a capire di trovarmi di fronte ad una vera e propria protesta, quindi non rimango con le mani in mano e mi arrampico sulla cornice di uno dei monumenti della piazza per osservare meglio la situazione, proprio da dietro il palco. Un giornalista Ungherese fa lo stesso e, in un inglese un po’ maccheronico da parte di entrambi, mi spiega che la protesta è contro una nuova forma d’identificazione che il presidente della loro squadra ha messo in atto: il riconoscimento biometrico dei tifosi, ovvero la scansione del palmo della loro mano.
La squadra in questione è il Ferencváros, il club più tifato e titolato d’Ungheria. Se n’era parlato già su queste pagine, la situazione per la tifoseria bianco-verde è ai limiti della prigionia, infatti solo questo tipo di registrazione, che i gruppi ultras e gli hooligans hanno boicottato, permette di andare in trasferta. Inoltre le figure dalle quali guardarsi bene dentro e fuori lo stadio non sono le FdO, ma la security assunta dalla presidenza del club: un manipolo di avanzi di galera abituati ad andar molto meno per il sottile rispetto alla polizia, che almeno deve mantenere un minimo di decoro istituzionale di facciata. Chi si crogiola nel luogo comune secondo il quale “all’est fanno quel che gli pare” dovrebbe quantomeno documentarsi meglio.
Tornando alla protesta, sono rimasto sorpreso in positivo. L’altro luogo comune subito smontato è quello dell’ultras dell’est palestrato e violento a tutti i costi. Non ho assisto a provocazioni di alcun genere alla polizia presente (circa una 50ina di unità) ed a parte 30/40 “bestioni”, le persone che componevano la protesta erano ragazzi nella norma, per la maggior parte giovani, ma con una discreta presenza sia di giovanissimi che di tifosi più attempati.
Il ritrovo in piazza era alle 18 in punto ma la protesta inizia una mezz’ora dopo. L’attesa è alleviata da una serie di canzoni Ungheresi nelle quali riesco a capire solo il nome della squadra nei ritornelli. Inizia la protesta con un lungo discorso da parte del lanciacori, in piedi sul palco, intervallato da cori per la squadra e/o di dissenso per la situazione. Davanti a lui ci sono dei ragazzi con uno striscione di protesta, il quale viene cambiato nel corso del discorso. La cosa sorprendente è che in prima linea, non troviamo ragazzi appartenenti ai gruppi della curva, bensì normali frequentatori. Il nucleo dei Monsters (gruppo principale della curva) era alla sinistra del corista. Ho trovato questa scelta logistica come un incentivo in più all’aggregazione ed all’informazione su ciò che sta accadendo ai tifosi del Ferencváros, in contrapposizione alla visione elitaria della curva che talvolta possiamo trovare nelle gradinate Italiane.
Terminato il discorso inizia un mini corteo che attraversa la piazza, capeggiato da uno striscione con scritto FERENCVÁROS, tenuto teso dai ragazzi dei gruppi organizzati. Dietro lo striscione scorgo la presenza di una mezza dozzina di due aste, con scritte all’apparenza molto spontanee. Il corteo termina davanti ad un palazzo della piazza dove il lanciacori, con megafono in mano, fa partire cori seguiti da tutti. Contemporaneamente viene affisso uno striscione sul muro del suddetto palazzo.
Una volta finita la protesta, i tifosi si indirizzano alla metro per andare allo stadio, nella tranquillità di tutti.
Un episodio particolare è stato quando una squadra di poliziotti è entrata nella metro mischiandosi con i tifosi, i quali goliardicamente cantavano e mostravano i volantini della protesta, tutto senza l’accenno di una qualsiasi situazione spiacevole.
Un’esperienza senza dubbio positiva che mi ha fatto riflettere su come possiamo ancora ritenerci fortunati rispetto ad altri su alcuni aspetti della repressione imposta dalle autorità. Sembra un paradosso, eppure è così: quando si pensa di aver raggiunto il fondo del barile, basta pensare alla realtà del Ferecváros per capire che si può raschiare ancora più a fondo.
Diego Nieri.