Difficile immaginare due città così differenti nell’ambito della stessa regione. L’una, adagiata sul lago omonimo, centro di connessione tra la Brianza, la Svizzera e l’ampio territorio del Lario; l’altra si affaccia sul fiume Po, guarda l’Emilia sull’altra sponda e si appoggia su un entroterra lombardo molto sviluppato industrialmente.

Territori differenti, usi e costumi diversi, dialetti di difficile comprensione reciproca, storie calcistiche non sempre in stretto contatto tra loro.

Nella stagione 1984/85 le due squadre si confrontarono per la prima ed ultima volta in Serie A. Il Como, in quel decennio, era una presenza abituale nell’Olimpo del calcio italiano, mentre la Cremonese, fresca matricola, retrocesse immediatamente, per poi ritrovare un po’ di gloria nella prima metà degli anni’90, portando a casa, tra l’altro, la Coppa Anglo Italiana.

In quello scorcio di storia calcistica, sulla panchina del Como sedeva tale Ottavio Bianchi; ai suoi ordini una truppa di giocatori di prim’ordine come Hansi Müller, Giovanni Invernizzi, Egidio Notaristefano, Pasquale Bruno, Enrico Annoni, Antonio Favaro e Antonio Tempestilli. Sulla sponda opposta ad allenare era tale Emiliano Mondonico, coach rampante ma che doveva conoscere le sue prime delusioni per farsi le ossa. Eppure anche nelle sue fila non mancava la qualità: Fulvio Bonomi, Alviero Chiorri, Romano Galvani e il talentuoso brasiliano Juary.

Cambiano i tempi, passano gli anni, le squadre si affrontano qualche volta tra Serie B e Serie C, specie negli ultimi anni a causa delle delusioni comuni.

Stessi colori fedeli stampati sulle maglie, stesso stadio, Como e Cremonese si ritrovano nuovamente di fronte con obiettivi diversi: dopo la deludentissima parentesi in Serie B, i lariani cercano di dare un senso al loro prematuro rientro in Lega Pro; i grigiorossi, dal canto loro, sono lanciatissimi in un testa a testa per la promozione diretta contro l’Alessandria.

Mi approccio al Sinigaglia in un momento in cui il maltempo sembra dare una tregua dopo giorni di pioggia e nebbia.

Assieme a me, diversi tifosi del Como cominciano a lasciare la propria auto in posizione strategica per evitare l’intasamento della zona stadio.

È buio e dalla salita che porta verso Monte Olimpino spiccano i riflettori dello stadio.

Dopo una breve camminata, arrivo ai botteghini dove constato l’assenza del mio accredito. Copia alla mano della richiesta e non ho problemi di sorta, complice il buon senso.

Ritrovo il rettangolo di gioco comasco ad un anno e mezzo di distanza dalla mia ultima apparizione, in occasione dei playoff in cui la squadra di mister Sabatini centrò la promozione in Serie B.

Sembra già passata un’eternità. Oltre al sole e alle maniche corte, sono spariti l’entusiasmo e il tifoso occasionale. Oggi è il tifoso del Como quello vero, sanguigno, fedele ed appassionato a tirare le fila.

Lo constato entrato in campo, mentre osservo la lenta scansione degli ingressi dai tornelli tristi e grigi.

Ad inizio partita la curva del Como è pronta per la sua sfida, mentre non c’è nessuno sul fronte ospite. A destra si posiziona il grosso della curva, a sinistra i Black List. Nulla da segnalare sul fronte coreografico se non un piacevole sventolio di bandiere.

I cremonesi, circa 300, arrivano a partita iniziata e danno subito l’idea di volersi compattare. La pezza “Teste Quadre” e alcuni cori a favore testimoniano la presenza dei gemellati reggiani. Tempo di organizzarsi e le tante bandierine grigiorosse di plastica tenute in mano dai più cominciano a sventolare, accompagnate dallo striscione “Finché morte non ci separerà”. Lo spettacolo continua con l’accensione di alcune torce e un bombone finale.

L’entrata ad effetto produce un attrito molto forte tra le curve, evidenziato dai tanti cori ostili e dalla voglia di prevalere gli uni sugli altri.

Nel frattempo mi raggiunge anche Simone, che mi aiuterà in questo servizio con qualche foto e maggiori informazioni sull’evoluzione della curva comasca negli ultimi tempi. Assieme a lui arriva tanta pioggia. Non essendoci organizzati per l’evenienza, decidiamo di spostarci a scattare in tribuna durante l’intervallo.

Nel frattempo continua la prova più che discreta sia dei biancoblu, sia dei grigiorossi. Cambia poco al 28°, quando Di Quinzio trova la giusta imbeccata in area di rigore per portare in vantaggio i padroni di casa.

Nella ripresa, invece della reazione ospite, arriva la splendida doppietta di Di Quinzio, che almeno apparentemente chiude la contesa. Grande la festa in Curva Ovest. Tra l’altro il gol arriva ad inizio sciarpata sulle note di “Oh comasco dal cuore ubriaco”. Tempo di esultare e la distesa di sciarpe riprende abbastanza fitta.

Sul fronte ospite non ci si perde d’animo, e nemmeno la pioggia battente frena l’ardore dei più assidui.

La perseveranza della curva ospite viene premiata al 33°, quando Scappini accorcia le distanze di testa. Già da qualche minuto la Cremonese aveva iniziato a premere. La pressione continua e bastano appena due minuti per riportare in equilibrio la contesa: si invertono le fasce ma è sempre Scappini ad incornare la palla vincente. Inutile descrivere la gioia ospite. Nell’esultanza ci scappa persino una torcia.

Il bilanciamento del punteggio è in perfetta linea con lo sforzo profuso da entrambe le tifoserie per prevalere. Finisce 2-2 e, tutto sommato, sono contenti tutti, con qualche recriminazione in più per i padroni di casa.

A partita finita ultimi “saluti” tra le due fazioni. Da annotare lo striscione dei cremonesi “Dix ans son passe’, Cremona n’a pas oubliè” riferito all’uccisione, da parte di un agente della polizia francese, del tifoso del Paris Saint Germain Julien Quemener. Era il 23 Novembre 2006.

Stefano Severi