Estate 2005. Ricordo come fosse oggi quella partitella che io, il buon Stefano, che attualmente scrive in queste onorevoli colonne, ed un altro ragazzo, ci facemmo con tanto entusiasmo. Era un Frosinone-Avellino di Coppa Italia, in pieno agosto. Caldo, ma anche tanta curiosità di vedere all’opera gli irpini. Il settore ospiti allora non ancora rifatto e con una capienza a dir poco ridotta rispetto a quella attuale, era stracolmo in ogni ordine di posto, così come il resto dello stadio. La festa di striscioni, torce e fumogeni la ricordiamo bene o male tutti in quegli anni, quindi inutile star qui a descriverla. Fu il mio primo approccio con la tifoseria campana.
Sono passati nove anni da quella giornata e tante, troppe cose sono cambiate. In peggio sia chiaro. Però stasera non voglio perdermi una partita che di sicuro proporrà uno scenario interessante, con due squadre che stanno attraversando ottimi momenti e due tifoserie cariche ed entusiaste. Ad Avellino la vendita dei biglietti è stata persino riaperta il giorno della partita e su internet si parla di circa 2.000 supporters al seguito dei Lupi.
Essendo la sfida in notturna devo rinunciare al comodissimo treno e, per risparmiare qualcosa in periodo di “micragna”, accantono l’autostrada in luogo della strada statale Casilina. Siccome c’è gente d’oltralpe, nata in Svizzera e con residenza in Lussemburgo che ritiene stucchevoli i resoconti dei viaggi e del relativo traffico, eviterò di dilungarmi, ma devo dire che, almeno all’andata, la scelta non è delle migliori: per lasciare l’area comunale di Roma impiego ben 40 minuti.
Arrivo nel capoluogo ciociaro attorno alle 19:50, faticando non poco per trovare un posto e affrettandomi poi ai botteghini per ritirare l’accredito. Ovviamente c’è un’altra discreta fila da smaltire, ma scorre abbastanza velocemente ed un quarto d’ora prima del fischio d’inizio sono dentro.
Lo stadio si sta riempiendo velocemente ed il dato offerto dalle fonti online, circa l’affluenza dei campani, direi che non discosta molto la realtà. Un bel gruppo compatto dietro lo striscione Avellino, a testimonianza del ritorno ufficiale in trasferta della Sud biancoverde dopo la sottoscrizione della tessera del tifoso. Per quanto riguarda i frusinati, la Nord è piena, mentre le tribune registrano davvero un bel colpo d’occhio. Una volta tanto la vituperata Serie B offre uno scenario degno di nota.
Prima dell’inizio c’è tempo per uno scambio di “effusioni” tra le due fazioni, con cori anti Latina che la fanno da padrone e rimarcano il rapporto di rispetto tra le tifoserie.
Lo storico inno del Frosinone, seguito dalla sciarpata degli ultras gialloblu, apre le danze della gara del tifo. Le torce accese saranno solo due, quelle dei padroni di casa ad inizio gara. Da queste parti purtroppo non si gioca in fatto di repressione ed anzi, ogni minimo particolare per far fioccare interdizioni, multe e denunce è atteso come il pane dai profughi del Biafra. A tal proposito va sottolineata l’esposizione da parte del gruppetto ciociaro posto in tribuna, della pezza 52, con la quale i frusinati hanno voluto comunicare la loro solidarietà agli altrettanti tifosi baresi destinatari del Daspo di gruppo in occasione della precedente gara giocata al Matusa.
Finalmente si comincia a giocare ed i motori del tifo si riscaldano per bene. Come di consueto decido di scattare un tempo per parte. Il primo vicino ai frusinati ed il secondo ai dirimpettai. Che gli avellinesi vivano un momento di forma non è certo una mia scoperta. Gli ultras irpini infatti si producono in manate che coinvolgono tutto il settore e cori a rispondere forti e secchi. Ma la vera marcia in più, secondo me, la hanno nell’aspetto coreografico. Il Tutti a destra tutti a sinistra con le braccia mosse in sincronia, e il coro E gireremo tutto lo stivale eseguito prima da seduti e poi tutti in piedi saltellando e sventolando le bandiere, sono chicche che da sole ti ripagano il viaggio da Roma. Ormai muoversi in massa equivale ad avere una parte centrale che fa il tifo e tanti, come li chiameremmo dalle mie parti, brucaccioni che o si mettono direttamente a sedere o seguono la partita in silenzio. Ecco, stasera tra gli ospiti questi discorso è venuto meno ed anche i più freddi e disinteressati all’aprire la bocca per sostenere gli undici in campo, hanno cercato di dare il loro contributo.
I padroni di casa francamente non mi sono dispiaciuti. Una curva che ha cercato di sostenere i gialloblu senza sosta, secondo il mio modesto parere anche un pochino meglio rispetto alla precedente partita casalinga contro il Bari, dove i ciociari erano leggermente calati nella ripresa. È proprio nei secondi 45’ invece che oggi la Nord ha alzato i decibel, alla ricerca di tre punti che avrebbero proiettato il Frosinone verso i primissimi posti della classifica. Va sempre ricordata, come dicevo in precedenza, la difficoltà dell’essere ultras in una città dove si è sotto stretto ed asfissiante controllo da parte della autorità, come non accade forse neanche a latitanti o boss mafiosi.
In campo le squadre danno dimostrazione di tutta la loro buona forma sfidandosi a viso aperto e non facendo mancare interventi duri ed al limite del falloso. Il Matusa si conferma uno stadio duro e difficile da espugnare, sarà per la sua conformazione attaccata al campo e per le sue dimensioni secondo me inferiori rispetto ad altri terreni della cadetteria, ma giocare da queste parti resta sempre un’impresa per tutti.
Alla fine il risultato di parità è il giusto specchio dell’andamento dei 90 minuti, un punto per uno che va bene ai due tecnici, entrambi reduci da ottime vittorie esterne.
Il finale è tutto per gli ultras biancoverdi, con la loro classica sciarpata a scomparsa ed altri cori “coreografici” che vale assolutamente la pena immortalare, tanto da lasciare lo stadio quando la partita è terminata da venti minuti.
Me ne vado soddisfatto ma anche disturbato da un fastidiosissimo vento gelido che, tutto ad un tratto, ha spostato il termometro dai 30 gradi del pomeriggio a 16. Mi sbrigo a raggiungere la macchina per ripartire alla volta di Roma. È ancora Casilina, ma stavolta il viaggio scorre tranquillissimo e con poco più di un’ora sono di nuovo a casa. Con le ossa rotte ed un mal di gola che comincia inesorabilmente a crescere. Nove anni fa non sarebbe mai successo.
Simone Meloni.