Dovevo rimettermi in carreggiata. Mi serviva una partita, una qualsiasi dopo uno stop forzato per il solito letale mix di impegni lavorativi e famigliari. Avendo disertato lungamente i campi, rischiando poi spesso e all’ultimo di disdire, non me la sentivo di contendere i campi principali delle serie maggiori ai soci che calcano le mie stesse zone (ma con più assiduità e quindi più meritevoli di me). Così alla fine, tra quel che era rimasto scoperto e alla mia portata, opto per Vis Pesaro-Avezzano di Serie D: qualche km in più da fare, ma una sicura rappresentanza ultras su cui curiosare.

La classifica del girone F della Serie D non depone in mio favore: entrambe le contendenti galleggiano a mezza altezza, senza alcuna ambizione ma senza troppe preoccupazioni di essere risucchiate in basso, se solo sapranno gestire il resto del campionato con intelligenza. Ciò tradotto vorrà dire da un lato che le squadre in campo potranno sfidarsi senza tatticismi esasperati di sorta (il che poco me ne frega), dall’altro che non ci si gioca niente e che quindi ci si ritroverà ad assistere alla classica partita riservata ai pochi intimi, non di certo all’evento per il pubblico delle grandi occasioni.

Avvicinandomi a Pesaro e al “Tonino Benelli”, mi addentro in una coltre di nuvoloni che mandano giù pioggia con insistenza. Ogni tanto con la gentilezza di forti raffiche di vento che la trasformano in schiaffoni liquidi. Dopo le scarse motivazioni tecnico-tattiche, un’iniezione ulteriore di veleno alle mie aspirazioni quantitative.

Al botteghino sono già pronto per ricevere il colpo del ko: il mio accredito non c’è, ma per fortuna l’addetto mi grazia con estrema cortesia e provvede a farmi entrare ugualmente.

Mentre le squadre rientrano negli spogliatoi dopo il riscaldamento, lo stadio è praticamente un deserto, eccezion fatta per qualche timida presenza al riparo della Tribuna coperta. Quando cominciavo a temere il peggio, soprattutto in riferimento agli ospiti di cui avevo poche notizie recenti, cominciano le primissime schermaglie: a gruppi non ancora pienamente schierati, avezzanesi e pesaresi si salutano con pochissima cordialità fin dal primo contatto visivo, evidenziando un astio di cui sinceramente non avevo idea. Successivamente i marsicani alzeranno anche il coro “Fermana Fermana” che ascrive le motivazioni alla classica legge del Beduino.

Con la pioggia che continua a scendere, scendono in campo anche le squadre. Un paio di torce accese e lasciate consumare al nascosto, tra le gambe dei presenti, caratterizzano l’inizio dei padroni di casa, mentre gli ospiti optano per una stilisticamente più asciutta manciata di bandiere, belle a vedersi e che sventoleranno poi con buona continuità durante l’arco dei 90 minuti.

Pronti via e l’Avezzano passa subito in vantaggio. Uno a zero, palla a centro e nella successiva azione è immediato il pareggio della Vis. Giusto qualche scatto di lancette dopo il decimo, la Vis trova addirittura la rete che ribalta il risultato a suo favore. Un inizio davvero al cardiopalma che frutta un paio di esultanze scatenate ma non influenza troppo il tifo, condizionato in misura molto maggiore dal tempo atmosferico veramente infame.

In barba ai numeri non di certo esaltanti, la prova delle due rappresentative ultras la trovo però senza dubbio positiva. Bravi gli ospiti a fare quadrato e rimanere compatti e con buona costanza a sostegno delle maglie biancoverdi. Bella anche l’insistenza con cui sferzano l’aria con le loro bandiere. Gli avezzanesi alla lunga perderanno qualcosa in termini di continuità, sia per il fisiologico calo dovuto all’imbarcata d’acqua che hanno dovuto subire, sia per l’altra imbarcata che invece prende la loro squadra, che al triplice fischio finale raccoglierà una sconfitta per 4-2, di certo deludente per come si erano messe le cose all’avvio.

Gli ultras marsicani però no, non deludono: avevo di loro un vago ricordo risalente a circa 15 anni fa che sinceramente non era molto positivo, ma li ritrovo notevolmente cambiati e senza dubbio migliorati. Resistono stoicamente sotto la pioggia, si fanno sentire spesso anche dai loro rivali odierni, soprattutto con alcuni cori più secchi e quindi efficaci, concedendo sia come detto al colore ma anche a qualche coro più ritmato che però, data la loro ristretta composizione numerica, non sarà altrettanto efficace.

Considerati numeri, distanza, classifica, pioggia e risultato non si poteva sinceramente pretendere nient’altro in più da loro. Dimostrano di essere quelli che ci sono e che amano la squadra anche nei momenti poco esaltanti e al contempo dimostrano di meritare qualche soddisfazione in più nel futuro, visto tutto lo spirito di sacrificio ed il cuore che hanno messo in campo.

Venendo ai padroni di casa, Pesaro è per me una realtà strana e difficile da restituire al lettore con parole: l’ho sempre considerata subordinata psicologicamente alla pallacanestro, primo sport cittadino in termini di risultati, la cui ombra finisce inevitabilmente per influenzarli anche involontariamente. Dal mio punto di vista di semplice osservatore, senza troppe nozioni al loro riguardo, ho spesso avuto l’impressione che il tifoso calcistico in genere subisse l’imprinting da quello della palla a spicchi. Nelle varie occasioni in cui ho potuto vedere i pesaresi al seguito della Vis, mi è sempre sembrata predominante la loro parte “sportiva” e più in ombra il loro pur presente lato ultras. Oggi invece l’equilibrio mi appare cambiato e i biancorossi mi restituiscono un’immagine molto “più ultras” di altre volte. Se cogliete la tortuosa antifona…

Sono obiettivamente pochi, va detto, fermo restando l’attenuante non da poco della pioggia; però, sia vedendoli per come si compattano sui gradoni (per l’aspetto estetico del gruppo) che sentendoli nel tifo che esprimono (per la potenza e la continuità con cui lo esprimono), mi paiono aver imboccato un buon percorso di cambiamento e crescita. Buona varietà di cori, sia secchi che più melodiosi, tanti battimani, largo uso della pirotecnica: insomma, se numericamente non mi hanno esaltato, sono sicuramente soddisfatto nel giudizio complessivo.

Tra le note che li riguardano, va segnalato lo striscione “Promo città dello sport senza calcio: più rispetto per la Pesaro Vissina”, che contesta lo spot con il quale l’amministrazione ha lanciato la candidatura di Pesaro a capitale dello sport 2017, seguito da alcuni cori offensivi verso il sindaco.

Scende la pioggia ma che fa: pochi ma buoni, oggi gli ultras hanno recitato la loro parte fino in fondo e al pieno delle loro possibilità. Ineccepibili ed encomiabili, con quel pizzico di pepe offerto dalla rivalità e dai cori reciproci di sfottò. Uno degli ingredienti che rendono più gustoso l’insipido calcio attuale e che i signori nelle poltrone di comando vorrebbero eliminare, in ossequio alla loro ossessione per il politicamente corretto. Se mai ci riusciranno, anche lo stadio diventerà un non luogo dove mangiare lo stesso hamburger dal gusto di niente spacciato per “prodotto per famiglie”. Ne potremmo (e dovremmo) farne tutti tranquillamente a meno.

Matteo Falcone.