Certi ricordi non si vorrebbe mai scriverli. O meglio, non si dovrebbe, non perché qualcosa nella testa dovrebbe impedircelo, ma perché morire così non è accettabile. Andarsene alle 16:30 di un pomeriggio di gennaio morendo di paura non è spiegabile, ma ciò accadde nei pressi dello stadio di Bergamo esattamente 24 anni fa.

Celestino Colombi, di anni 41, non era un ultras, quel giorno non era nemmeno andato allo stadio per assistere ad Atalanta Roma; si trovò nel posto sbagliato, al momento sbagliato. I locali avevano vinto per 3 a 1 e i tifosi della Roma se ne erano già andati, quando la ferocia della celere di Padova si abbatté sui tifosi bergamaschi, rimasti nel piazzale a bere qualcosa attorno al bar-edicola. La carica fu devastante, molti furono i feriti, a un ragazzo venne rotto un braccio.

Giornali e polizia tentarono di far passare la sua morte come dovuta allo spavento successivo allo scoppio di petardi, vi fu però una massiccia campagna di controinformazione, con migliaia e migliaia di volantini stampati e distribuiti,  come ricordano alcuni ultras atalantini nel documentario del 2001 “Farebbero tutti silenzio”, girato dal regista Andrea Zambelli.

Secondo la narrazione di comodo, Celestino Colombi era un ex tossico, morì di paura, a causa del suo cuore debole. Sarebbe morto lo stesso? Probabile. Ma quando si muore di paura davanti alla polizia bisogna ricordarlo, nonostante gli anni passati che affievoliscono la memoria.

Amedeo Zoller.