In oltre un ventennio di stradominio dell’Olympiakos, più unici che rari i confronti fra AEK e Panathinaikos in cui, oltre a contendersi la supremazia cittadina, ci si giocava tanto anche in termini di classifica. Notevole il carico di tensione che accompagna la vigilia di questo match di alta classifica che i gialloneri devono per forza vincere, se vogliono accorciare sul PAO. Si registrano anche alcuni scontri fra gli stessi tifosi dell’AEK e la polizia nei dintorni dello stadio, prima dellagara, che hanno portato le forze dell’ordine a sparare gas lacrimogeni per disperdere la folla.

Lo stadio, teatro di questa sfida, è l’Opap Arena, nuovissimo impianto costruito sulle ceneri del vecchio Nikos Gourmas e che al di là di queste odiose pratiche commerciali che ne hanno svenduto i diritti di denominazione, porta anche il nome di Agia Sophia Stadium. Il riferimento è alle più profonde radici storiche e culturali del club, nonché all’omonima chiesa ortodossa (oggi divenuta moschea) a Costantinopoli (l’odierna Istanbul, se c’è bisogno di precisarlo). Il club fu infatti fondato nel 1924 da rifugiati di Costantinopoli accolti ad Atene dopo lo scoppio della guerra greco-turca (1919-1922). Lo stesso simbolo del club, l’aquila bicipite su sfondo giallo, è ricalcato su quello dell’Impero Bizantino che, prima dell’ascesa ottomana, aveva esteso domini e popolazioni su tutta l’Asia Minore e a cui si doveva la presenza di una folta comunità greca in loco.

Un po’ più tranquillo e comunque suggestivo il clima all’interno dove, sempre in linea con le già citate e odiose pratiche moderne, ci pensano le musiche sparate a tutto volume dagli altoparlanti a rovinare tutto. Quando però le squadre fanno il loro ingresso e il portiere si approssima alla porta davanti alla curva dell’AEK, esplode il boato del pubblico che riporta l’atmosfera ai più sani e folli binari della partecipazione popolare totale. Davvero tutti, tutti i presenti si uniscono ai cori e sostengono i canti della parte più attiva della tifoseria, rendendo il clima a dir poco incandescente.

Un paio di striscioni vengono usati per prendere in giro il Panathinaikos e il Gate 13, accusato nella fattispecie (e secondo la più classica retorica del tifo organizzato, a cui siamo abituati anche a queste latitudini) di essere “un vergognoso gruppo di spie che consegna la gente alla polizia”. Per l’eventuale replica però, bisogna chiaramente rimandare ad altri tempi, considerando che – come purtroppo da tempo avviene in Grecia – ai tifosi ospiti è assolutamente preclusa la partecipazione all’evento odierno.

Davvero piacevole nel complesso il primo tempo anche se, inevitabilmente, hanno pesato le tensioni per un derby importantissimo dal punto di vista calcistico, che ha influito sulla continuità e la potenza del tifo canoro. Nel secondo tempo invece lo stadio è andato letteralmente in fiamme con una torciata iniziale corposa e diffusa anche ad altri settori, mentre il tifo vero e proprio ha ricevuto un’ulteriore sterzata, diventando ancora più convinto e quasi isterico. L’apoteosi al 68esimo quando Pineda porta in vantaggio i gialloneri, risultato che poi non cambierà più fino al triplice fischio dell’arbitro, quando la folle rabbia agonistica della tifoseria si tramuta in folle ed incontenibile gioia per la vittoria e per le lunghezze dalla capolista avversaria che si accorciano a quattro. Ancora un buon margine di sicurezza per loro anche se i tifosi solitamente non fanno calcoli ma sogni…

Alexis