Giunti oramai a poche settimane dall’inizio dei Mondiali, con tutte le competizioni volte al termine, la nostra voglia di calcio non si attenua, anzi.
Le vittorie Europee dei soliti Club milionari, che dopo aver cambiato il calcio, se ne sono letteralmente impossessate, lasciando agli altri “pensieri utopistici” piuttosto che meri sogni, unitamente alla scandalosa gestione dei Mondiali di calcio in Brasile dove l’ultimo granello dell’espressione “il calcio è della gente” sembra cementificarsi in uno dei muri innalzati alle spalle dei megaimpianti sportivi, non fanno altro che avvicinarci a quei campi di Provincia, dove, senza sensazionali divieti, sperperi, lussi e via discorrendo, il calcio sembra ancora appartenere al popolo.
Sia chiaro, anche in queste realtà la voglia di emergere e di scalare le vette è matta, ma è la maniera con la quale si vive la passione  a cambiare.
Ci risiamo così immersi nel polveroso campionato di Prima Categoria, che proprio oggi, all’ultima giornata regala il testacoda tra Afragolese e Sparta San Tammaro.
L’attesa è di quelle importanti, la formazione Partenopea, vincendo, potrebbe staccare il biglietto valido per il campionato di Promozione 2014/15, mentre nell’altra sponda, i Casertani devono assolutamente provare a sgambettare la capolista, racimolando così punti chiave in proiezione play-out.
La settimana che precede la festa è caratterizzata dal solito, incessante invito degli Ultras a raggiungere le gradinate del Papa di Cardito, mentre la Società, con l’invito ai bambini delle scuole, dimostra come sui gradoni di uno stadio possono convivere sia pargoli che Ultras senza che le due “specie” vadano in conflitto.
Arriviamo così a Domenica, ma non siamo gli unici, anche il caldo afoso dà il buongiorno ad una giornata che potrebbe di fatto sancire l’addio ad un’asfissiante categoria per l’ambiente.
La voglia di arrivare al Papa in anteprima e la consapevolezza che l’evento sarà seguito da molti colleghi della carta stampata, oltre alle televisioni, hanno la meglio su di noi, ed alle ore 10:20 (con quaranta minuti d’anticipo) già siamo all’ingresso. Il destino è beffardo, ci viene da esclamare quando veniamo a conoscenza dell’assenza degli ospiti, senza preavviso. Ma la Prima Categoria è anche questa, e dopo un anno di svarioni arbitrali, di campi impraticabili è arrivato anche il momento dell’assenza degli avversari,  una scena già vista nei campetti di calcetto che siamo, noi tutti, soliti affittare il Giovedì.
Il dubbio amletico sulla disputa o meno della partita coinvolge anche le tribune, coi i tifosi che, da un lato si interrogano ironicamente sul rimborso dei 2 € del biglietto, e gli Ultras preoccupati dell’esito della loro coreografia, già connotata dalle solite strisce bianco rosse che destano sospetti sulla praticabilità della tribuna ai meno attenti alle “questioni spalti”.
I colpi di scena non mancano ed a surriscaldare un ambiente che incominciava a palesare segni di depressione, ci pensa il primo cittadino Domenico Tuccillo. Come spesso accade, in occasione dei grandi traguardi, le istituzioni si avvicinano alle società, ma questa visita non ha l’aria della solita salita sul carro dei vincitori, infatti il Sindaco, dopo aver ascoltato per bene i cori degli Ultras, “Dateci lo stadio!”, prende la parola e promette la riapertura dello storico Stadio Moccia entro il mese di Settembre.
Andato via il sindaco, arrivano gli avversari, quasi ci viene da sorridere, e dopo aver consegnato il documento ai commissari, facciamo definitivamente ingresso in campo… si gioca!
La tribuna presenta un buon colpo d’occhio, lo striscione esposto recita “Scusate il disagio, eravamo di passaggio!”, scuse emblematiche se si pensa ai problemi strutturali creati da un pubblico così folto, immerso in una categoria del genere. Tra le due panchine, affisse al muro, un altro striscione, “Ridateci lo stadio!” targato “Boys 13”, gruppetto di ultras che prima d’oggi, a parte la bandiera sempre al cielo, non aveva scelto di identificarsi dietro nessun drappo o firma.
Con i ragazzini delle scuole giovanili schierati a mo’ di corridoio, pronti ad accogliere i ventidue atleti, si approssima il calcio d’inizio (finalmente!), ma c’è ancora tempo per uno dei momenti più toccanti della giornata, ovvero l’esposizione del drappo degli Ultras in onore alla “Principessa”, angelo volato in cielo, orgoglio del padre Boemio, capitano dell’Afragolese, che insieme alla sua Signora va a raccogliere l’applauso dell’intero stadio, compreso il nostro. “Olè olè Rita!” è il coro che accompagna questi attimi intensi, che vanno al di là di qualsiasi competizione sportiva.
All’ingresso delle squadre in campo, è finalmente coreografia. L’avevamo percepita, immaginata ed effettivamente gli Ultras Afragolesi sfoggiano una bella immagine, ennesima cartolina di un campionato stupendo.
Bandierine blu da un lato, rosse dall’altro, e nel mezzo l’emblema dell’Afragolese bene in vista.  Ottima la scelta di tempo, con la classica fumogenata che nasconde il tutto solo dopo aver dato il tempo ai fortunati come noi di assistere allo spettacolo.  Bomboni e cori sono l’accompagnamento ai tanti colori sfoggiati per l’occasione.
La partita inizia e l’Afragolese ci mette poco a passare in vantaggio, solo cinque minuti. Ne passeranno una ventina per il raddoppio, ma fortunatamente la prima frazione si chiuderà con la partita formalmente ancora in bilico.
Il gruppo degli ultras afragolesi, raccolti dietro i classici striscioni e drappi, oggi registrano una presenza imponente, superiore a tutte le altre partite, e di questo beneficiano soprattutto i cori secchi che sono a dir poco impressionanti.
Nell’intervallo le sorprese non finiscono, e questa volta ad omaggiare un tifo così bello è il centrocampista Giuseppe Vives, militante nel Torino di Ventura, tornato a casa per omaggiare il progetto ed i propri concittadini, proprio lui che nell’Afragolese aveva mosso i primi passi.
Iniziata la ripresa, uno striscione si alza nel settore: “Ridateci le nostre gradinate!” è ancora il messaggio degli Ultras, in vero fermento, con la parola “gradinate” marcata in rosso, sinonimo di casa, il tutto accompagnato dalla sciarpata del gruppo.
Tante fumogenate rossoblu e torce, accese soprattutto quando vengono esposti gli striscioni. Già, gli striscioni, perché oltre al messaggio antecedente, dallo stesso settore un altro striscione viene aperto: “Al di là della categoria… sempre avanti il mio ideale”, questo a testimonianza della poca propensione verso la futura Promozione, ma con lo stesso modo di vivere il calcio indiscusso ed inviolabile.
L’Afragolese nella ripresa fa un sol boccone dei grigi di San Tammaro, rifilandogli altre tre reti che sommate alle due precedenti portano a cinque il vantaggio. La malcapitata San Tammaro nulla può alle conclusioni mortifere dei padroni di casa e nemmeno un rigore all’83’ permette agli ospiti di accorciare, con uno strepitoso Allocca che neutralizza alla sue destra il tiro dal dischetto.
Il countdown inizia, con i tifosi che uno ad uno elencano gli artefici di un campionato brillante quanto difficile, con mille difficoltà di una signorile società con i piedi per terra. Stupende dagli spalti sono anche le coreografie effettuate con le braccia, che in maniera sincronizzata si muovono a destra ed a sinistra, lasciandoci scappare l’ennesima smorfia di assenso nei loro confronti.
Alle ore 13, abbondantemente oltrepassate, il triplice fischio è una vera è propria liberazione, missione completa, con l’invasione pacifica dei tifosi in cerca di maglie e vessilli rossoblu.
Erano otto anni che l’Afragolese mancava dai campi di calcio, ed i tifosi che in passato prelevarono il titolo della società abbandonata a sé, addossandosene tutte le spese, adesso possono tornare a sognare senza l’assillo dell’imminente futuro.
Tra chi è fortunato e chi no, ci si ritrova davanti qualche bimbo che ci richiede la casacca gialla come cimelio di un giorno da ricordare. Un altro gruppetto, invece, resterà fedelmente sugli spalti, a cantare per sé, per gli Ultras, lasciando la goliardia agli altri. I classici gavettoni si espandono a macchia d’olio per tutto il campo, e noi capiamo che è il momento di lasciare spazio alla gente, anche per salvaguardare il lavoro fatto, custodito gelosamente nella macchinetta che ci accompagna in queste domeniche di polvere, fumo e cuoio.
“Non passeremo mai questa fase” è l’espressione chiave del film “Febbre a 90°” che in questo momento ci va di citare, esorcizzando un amore per questo sport, e per il modo di viverlo, che paradossalmente solo queste povere categorie, calcate da piazze ricche di passione, garantiscono ancora.
Lasciamo l’impianto tra i caroselli e solo arrivati al riparo dal sole ci accorgeremo degli effetti delle due ore di esposizione ai raggi solari, ma una cosa è certa, oggi come ieri, ne è valsa la pena.

Andrea Visconti.