“Questa sera non fa poi così freddo”, dice un signore davanti alla biglietteria toccando la ringhiera su cui è poggiato per dimostrare all’amico che non è pregna di umidità. Lo guardo quasi sconsolato, avvertendo proprio la sensazione contrario. E non avendo tutti i torti. Alle 19,30 il termometro segna già tre gradi e l’umidità ne fa percepire almeno tre o quattro di meno. “Beato lui che non sente freddo”, mormoro a me stesso rinchiudendomi in un bar nell’attesa del buon partitellaro Marco, come sempre in ritardo.

Latina-Avellino è l’ultima appendice di questo anno solare. Un match che scorre nei titoli di coda di 365 anni vissuti in giro per lo Stivale. Con la possibilità di vedere e conoscere nuove realtà, ma anche di avere conferme e smentite. Se la mia vita potesse ruotare solamente attorno allo sport e a tutti i suoi tratti distintivi, da quelli sociali a quelli folkloristici, sicuramente sarebbe un’esistenza migliore. Perché quella del tifo non è solo una mera passione. Ma un modus vivendi che ti permette di esser sempre in movimento e conoscere le tante sfaccettature di un Paese che avrebbe tanto da dire ma ha sempre meno voglia di farlo. Vuol dire anche e soprattutto girare, conoscere nuovi borghi, nuove storie e nuove persone. Insomma, aver sempre qualcosa da raccontare. Pensate quanto è grande l’Italia nella sua pur piccola estensione geografica. Riflettete su quanto dovrebbe esprimere il nostro Paese e su quanto invece viene quotidianamente decimato e annichilito a livello culturale, artistico e della fantasia.

Divagazione a parte torniamo alla nostra serata glaciale. È una gara importante. Su ambo i fronti. Da una parte c’è un Latina che non sta sfigurando, pur avendo accumulato troppi pareggi da inizio campionato, dall’altra c’è l’Avellino reduce dalla salutare vittoria nel derby contro la Salernitana. Un successo che ha regalato agli irpini una vera e propria boccata d’ossigeno all’interno di un torneo sinora tribolato e a dir poco avaro di soddisfazioni. Forse il più tosto dal ritorno tra i cadetti.

Manco a dirlo i biglietti per il settore ospiti sono stati polverizzati in poco tempo, mentre su fronte casalingo la società ha optato per una promozione speciale con la curva a 5 Euro e il Distinto a 10. Sono scelte da elogiare in un calcio che volge sempre più al rincaro spietato dei tagliandi, anche in impianti dove per vedere la partita c’è bisogno del telescopio. Certo, non si registrerà il tutto esaurito, ma la risposta del pubblico è comunque discreta. Mi piacerebbe non usare giustificazioni legate al freddo, perché per il mio concetto personale di stadio, le gradinate vanno affollate sempre e comunque. Soprattutto quando imperversano difficoltà e avversità. Sportive come climatiche. Ma il tifoso di oggi (e non parlo solo di quelli pontini ovviamente) ha perso buona parte della sua essenza. E quando la colonnina di mercurio scende o Giove Pluvio decide che è arrivata l’ora di irrigare i campi, preferisce spesso la copertina in pile e il telecomando di Sky. O, se tutto va bene, l’ombrellino e i settori riparati dello stadio.

Guadagnato il nostro posto sulle vecchie gradinate del Francioni osserviamo le due squadre scendere in campo, mentre i tifosi ospiti stanno ancora entrando nel settore a loro dedicato. Neanche il tempo di appendere il drappo recante il nome della città che già la Nord ha acceso la miccia salutando i supporter biancoverde con un paio di cori offensivi, tra cui “Gemellati con le merde” in riferimento all’amicizia esistente tra i tifosi campani e alcuni gruppi del Frosinone.

La Nord inaugura la sfida con un piccola torciata nella zona centrale per poi offrire il classico sostegno fatto di tante manate, un sciarpata e numerosi cori a rispondere. La gara non aiuta certo a fomentare gli animi, con uno 0-0 che lentamente si concretizza e pochissimi spunti offensivi da parte delle due compagini.

Se dovessi descrivere sinteticamente gli avellinesi direi semplicemente che sono una certezza. Loro, come poche altre tifoserie, hanno ancora un concetto di tifo che si è perso nel tempo. Vale a dire quello che ti fa cantare sempre e comunque per 90′. Malgrado il risultato o altri fattori esterni. Come sempre molto bella la sciarpata e lo sventolio dei tanti bandieroni presenti (tra cui segnalo quello dei Total Chaos Bologna), così come il loro venir ammainati al momento dei cori a rispondere e delle seguenti manate. Ciò denota l’ottima organizzazione della Sud biancoverde. Tra i migliori visti a Latina nelle ultime stagioni.

Sulla sfida prettamente calcistica c’è ben poco da dire. Come accennato la contesa termina a reti inviolate, con il freddo a farla da padrona e un punto che in fondo non scontenta nessuno.

Va in archivio anche un altro anno solare. “Il peggiore” come in tanti lo definiscono. Non immaginando che diranno/diremo la stessa cosa del prossimo e di quelli dopo ancora. Sarà vero? O sarà solo l’eterna finestra aperta sul passato a farci ragionare con nostalgia e rimpianto di tutto quello che abbiamo vissuto o superato?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Simone Meloni