Se per campanilismo intendiamo il sentimento di forte attaccamento alla propria città o paese, allora nel calcio il campanile trova il proprio sfogo naturale. Altamura e Gravina sono due comuni della Murgia barese, divisi da una manciata di km, ma alla continua ricerca di un punto di equilibrio capace di garantire a entrambi ricchezza, mantenendo però intatta quella sana, genuina e storica diffidenza reciproca. Economicamente, per esempio, i due centri hanno dato vita, insieme ad altri comuni tra cui Matera e Santeramo, al distretto del salotto, eccellenza mondiale nella produzione di divani. Sul piano culturale, invece, negli ultimi anni, grazie a iniziative di privati, si è provato a rilanciare in ambito territoriale la figura di Federico II Svevia, dando vita all’ormai conosciuta e attesa rassegna culturale “Federicus”. Dove non arriva l’economia o la cultura ci pensa però la politica. Nel periodo dei tagli selvaggi alla sanità, al fine di non scontentare nessuno, si decise di costruire a metà strada tra i due centri l’ospedale intitolato al politico locale Perinei, rappresentante in Parlamento degli interessi delle due comunità. Un tratto però è comune alla vita economica e sociale di Altamura e Gravina: l’unione non è un fine meritorio in sé, quanto piuttosto uno strumento utile ad assecondare esigenze personali, elemento presente, purtroppo, anche nei progetti in comune e rispetto ai quali ognuno cerca di prevalere, a riprova della persistenza della competizione in ogni ambito.

Lo sport, il calcio nel caso specifico, si sottrae a queste logiche unitarie, il campanile sopravvive e si manifesta negli eventi sportivi che almeno due volte l’anno vedono contrapposti altamurani e gravinesi. Nessuno cerca un punto di equilibrio e tantomeno si prova ad aiutarsi reciprocamente, perché proprio nel calcio la cooperazione ha un peso specifico meno rilevante rispetto a quanto invece avviene in ambito economico, politico o sociale. La rivalità sportiva è però circoscritta alla componente non organizzata del tifo, sul piano ultras invece, tra i rispettivi gruppi ha sempre “regnato” uno strano senso di indifferenza. Strano perché i presupposti per la rivalità c’erano e forse ci sono ancora tutti. 

Il match da calendario si sarebbe dovuto disputare mercoledì 21 settembre alle ore 15:00, ma le due società di comune accordo hanno preferito disputare la partita venerdì 23 alle ore 20:00. L’attesa che si respira ad Altamura e Gravina è trepidante, la prevendita va a gonfie vele, oltre mille biglietti venduti nei giorni precedenti al match, ai quali aggiungere i tagliandi comprati ai botteghini; si conteranno circa tremila persone. Prima del match le associazioni culturali che organizzano la festa medievale in onore di Federico II di Sveva rubano la scena con il corteo medievale che cammina lungo la pista atletica. 

I presenti però hanno però gli occhi puntati sul prato verde e quando le squadre entrano in campo, nel settore di casa viene issato lo striscione “illumineremo il tuo cammino” contornato da luci, fumogeni e bandiere al vento, mentre nel settore occupato dagli ospiti vengono accese un paio di torce. La partita è avvincente e la tensione sugli spalti si taglia a fette, anche se non degenera in cori di scherno; come detto sopra i gruppi organizzati hanno sempre preferito ignorarsi anziché sfogare nel calcio un campanile forte e presente che divide le due comunità: la partita tra Altamura e Gravina è vissuta con trasporto dai rispettivi tifosi, molti dei quali li vedi sulle gradinate solo due volte l’anno, mentre gli ultras hanno appunto preferito restare indifferenti al rumore che dal campanile fuoriesce ogni qualvolta i due centri murgiani si affrontano.

L’Altamura a 15 minuti dalla fine passa in vantaggio, provando a gestire il risultato ma al settimo minuto di recupero gli ospiti pareggiano, mandando in visibilio i tifosi gravinesi. A fine partita la squadra di casa raccoglie comunque gli applausi del proprio pubblico che riconosce loro l’impegno profuso per tutto l’arco dei 90 minuti. 

Foto di Marco Papangelo
Testo di Michele D’Urso