Appuntamento con la storia al City of Manchester. Pensare a quei tempi, neanche così lontani, in cui Dickov e Wanchope scrivevano il destino dei campionati dei citizen, aiutandoli in faticose arrampicate dalle serie inferiori ed ergendosi a idoli della tifoseria negli impari derby cittadini, rigorosamente giocati al Maine Road, ha quasi l’effetto di un salto indietro. In un passato lontano anni luce.
Il Manchester City approda per la prima volta alla semifinale di Champions League. Avversario quel Real Madrid che, di coppe dalle grandi orecchie, ne ha ben dieci in bacheca. Per l’occasione m’imbarco verso il nord dell’Inghilterra direttamente da Londra, grazie all’immancabile Megabus che percorre in circa cinque ore la strada che separa le due città.
Già parecchio tempo prima del fischio d’inizio molti tifosi si aggirano attorno allo stadio. Come consuetudine inglese l’impianto di gioco è visto in ottica di grande centro commerciale, con strutture che permettono un intrattenimento nelle fase pre e post. Una volta ritirato il mio accredito posso entrare nella pancia dello stadio, che pian piano va sempre più riempiendosi. Di certo anni di successi internazionali da parte dei cugini, mentre il cuore del City soffriva relegato addirittura nella vecchia Third Division, hanno funzionato da vero e proprio trampolino di lancio per i tifosi di oggi. Un tempo parte, calcisticamente, meno fortunata della città.
Se a livello tecnico si tratta di una sfida con un potenziale galattico, dal punto di vista meramente ambientale lo scenario è tutt’altro che esaltatnte. Fatta eccezione per la coreografia iniziale, che sembra preparata dalla società e si compone di diversi cartoncini con i colori sociali che vanno a comporre il nome del club, durante la sfida difficilmente si udiranno cori e rumori adatti a una sfida del genere. Il settore ospiti non è da meno, e i tifosi madrileni risultano alquanto silenziosi, salvo qualche rara eccezione in cui abbozzano dei battimani.
Complessivamente si può dire che l’ambiente non è all’altezza dell’appuntamento, ma sicuramente farebbe piacere a molti luminari italiani che vorrebbero stadi silenti e asettici. Di contro bisognerebbe mostrargli come a queste latitudini non esistano regole per la vendita dei biglietti su criteri geografici e, soprattutto, gli stadi non siano stati tramutati in vere e proprie fortezze inespugnabili persino per i tifosi che le dovrebbero popolare.
In campo lo spettacolo è degno di una semifinale d’andata. Pochissime emozioni e tantissima tensione. Alla fine è la noia a trionfare, con uno 0-0 che lascia i conti aperti in vista della gara del Bernabeu. Per l’attesa frenetica dei tifosi del Manchester City, mai così in alto nella loro storia calcistica.
Marco Meloni