“Pioggia e sole cambiano la faccia alle persone, fanno il diavolo a quattro nel cuore, e passano, e tornano, e non la smettono mai… ricordati, dovunque sei, se mi cercherai, sempre e per sempre, dalla stessa parte mi troverai…” così cantava Francesco De Gregori e le parole sembrano cucite su misura alla tifoseria bergamasca.
Si badi bene: quello stare sempre “dalla stessa parte” non ha solo a che vedere con la fede calcistica e va persino al di là delle stesse logiche di solidarietà curvaiola. Se infatti una delle grandi bandiere che spesso sventolano in Nord porta la scritta “PRIMA DI TUTTO GLI ULTRAS”, il punto della questione va oltre, molto oltre, e arriva a toccare valori supremi per ogni società e per ogni cittadino, che sia o meno tifoso, che sia o meno atalantino.
Si parla giustizia, si parla di verità, si parla di denunciare gli abusi, tanto più quando le vittime non possono più farlo oppure “il sistema”, fatto di istituzioni con la coscienza sporca e di organi di informazione remissivi, tiene tutto sotto silenzio ovvero divulga verità di comodo e che spesso rasentano l’assurdo. Se non ci fosse di mezzo la vita delle persone si sarebbe potuto anche premiare la fantasia e l’immaginazione di chi, tra “lorsignori”, ha ricostruito certe vicende: pensiamo alle morti di Stefano Furlan, di Celestino Colombi, di Sergio Ercolano, di Gabriele Sandri e, per quanto riguarda i contesti totalmente extra calcistici, quelle di Federico Aldrovandi, di Stefano Cucchi e di Giuseppe Uva. Un elenco che si limita ai casi più noti avvenuti negli ultimi anni, perché se volessimo risalire la china della storia avremmo bisogno di un articolo a parte.
Dopo tante iniziative di controinformazione che, negli anni, li hanno visti sempre molto attivi, oggi gli ultras bergamaschi, loro malgrado, sono il megafono di sé stessi: denunciano il comportamento ingiustificato e spropositato che hanno subito pochi giorni prima per opera della celere che li scortava di ritorno dal match di coppa Italia contro la Fiorentina. I fatti e le immagini sono ormai noti a tutti, mentre nessuno di chi di dovere ha ancora dato spiegazioni plausibili sui motivi di quella mattanza on the road: dal capoluogo toscano una sequenza (sei?! sette?!) di ricostruzioni dei fatti che continuano a non convincere, tutte così solide ed incontrovertibili che fanno ricordare i versi poetici di Ungaretti “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. È bastato un soffio di verità, insomma, per fare cadere (nel ridicolo) le veline propinate di volta in volta dalla questura…
Chi frequenta gli stadi o le manifestazioni di piazza forse nemmeno si stupisce troppo di certi fatti, quello che personalmente mi lascia particolarmente sgomento è l’arroganza e la sfacciataggine con cui le fdo si sono mosse, ben sapendo che non erano nel chiuso di una caserma e lontani da occhi indiscreti. In un’epoca in cui ciascuno di noi possiede uno strumento (lo smartphone) con cui può immortalare tutto e tutti, in qualsiasi momento, l’unico pensiero che mi gira nella testa è questo: hanno la quasi matematica certezza dell’impunità, e poco cambia se questa venga assicurata dai superiori gerarchici (ad ogni livello, compreso quello stesso Ministro dell’Interno che ha platealmente fraternizzato con gli ultras della sua squadra del cuore) o dall’anonimato garantito da caschi e divise senza numero identificativo (caso praticamente unico in Europa, in piena violazione di un codice etico di cui la UE si è dotata sin dal 2001).
La Bergamo ultras non si rassegna ad essere spettatrice di un film già visto e rivisto ed anzi, dopo esserne stata protagonista a dispetto della propria volontà, ha raccolto sin da subito forza ed idee per provare a scrivere un finale diverso.
Se nei giorni immediatamente successivi a quella notte da incubo la controinformazione l’ha fatta da padrona, specialmente nel mondo dei social media, nel giorno della partita punta alla solidarietà della propria gente per una protesta concreta e ben visibile. L’appuntamento è fissato al baretto verso le ore 16.30, per poi partire in corteo verso la curva Nord, che si annuncia in silenzio nei primi 10 minuti del match che, coincidenza vuole, vede come avversaria la stessa Fiorentina. Quando l’assembramento prende forma la prima fila apre lo striscione “ORA BASTA!” e dal megafono si ripercorrono velocemente le ragioni e lo scopo dell’iniziativa: sarebbe stato facile vendicarsi per le botte prese, viene detto, ma questo avrebbe significato fare il loro gioco, mentre le bugie, la vergogna e gli abusi compiuti meritano di trovare la più vasta eco possibile, superando anche la classica divisione tra ultras e normali tifosi. Solo così, forse, si potrà avere “verità e giustizia”, e magari le scuse, aggiungerei.
Terminato tra gli applausi il discorso al megafono, si alza un orgoglioso “Siamo gli ultrà dell’Atalanta, niente ci potrà fermar…” e poi il corteo si muove silenzioso ed ordinato. Quando la testa arriva in cima a viale Giulio Cesare, per accingersi a svoltare a sinistra verso le entrate della curva, la coda è ancora ferma all’altezza del baretto: sono a migliaia ad avere aderito all’appello della Nord, tifosi di ogni età, perfettamente consapevoli dell’importanza di certi gesti e del fatto che oggi più che mai occorre “usare la testa”. Non c’è l’ombra di una divisa in giro e questo contribuisce ad allentare un po’ la tensione: il corteo supera i cancelli del prefiltraggio e si ferma prima dei tornelli. Dal megafono viene data la buona notizia: lo striscione di protesta che si vuole esporre è stato fatto passare e quindi si può entrare in curva.
Si arriva velocemente al fischio d’inizio: la Nord, come da programma, si presenta muta e seduta, con esposto solo il “SIAMO TUTTI CON CLAUDIO” sulla vetrata e, in alto, “27-2-2019: OGGI BERGAMO DOMANI CHISSÀ… BASTA ABUSI VOGLIAMO LA VERITÀ!!!”.
I viola nel frattempo hanno preso posto nel settore ospite: gli ultras fanno gruppo compattandosi in una delle due tribunette in metallo e sin da subito si distinguono per i grandi bandieroni che si sono portati appresso. Numericamente possono essere stimati in circa 350 unità, a cui si aggiungono qualche decina di tifosi sparsi sui gradoni di cemento. Il match ha un significato particolare anche per i Viola, perché cade in occasione dell’anniversario della morte di Davide Astori, capitano che da un anno a questa parte viene ricordato al 13° di ogni partita, come il numero della maglia che indossava.
Pur non avendo certezze in tal senso, azzardo l’idea che il silenzio dei supporters gigliati ad inizio partita sia una manifestazione di solidarietà nei confronti degli avversari e nemmeno il goal a freddo che Muriel mette a segno dopo due minuti di gioco li smuove dai loro propositi. Se così fosse, chapeau!
Il tempo passa lentamente, troppo lentamente per chi vuole urlare al cielo la rabbia che cova in corpo, poi puntualmente al 10° la Pisani fa sentire la propria voce e lo fa senza troppi giri di parole: mentre in balconata riappare lo striscione “ORA BASTA!!!” che ha sfilato in corteo, il primo coro è l’arcinoto “la disoccupazione ti ha dato un bel mestiere…”. Se la compattezza della curva era fuori discussione, non era per nulla scontata la standing ovation con cui viene accolto da larga parte del pubblico del Comunale. La cosa dovrebbe fare riflettere, perché non più tardi di una decina di anni fa, quando nel giorno dell’omicidio di Gabriele Sandri la Nord decise manu militari di fare sospendere la partita, le cose non andarono esattamente nello stesso modo: mi ricordo come se fosse ieri i fischi ed i cori “scemi-scemi” che si alzarono per esempio dai parterre e dalla tribuna Creberg. Ed a smentire possibili equivoci arriva a stretto giro anche il “Chi non salta è un celerino” che incontra altrettanta partecipazione “allargata”: un’apertura di credito nei confronti della Curva che definirei plateale e che carica gli ultras di responsabilità ancora maggiori…
In un’ideale passaggio del testimone, al 13° tocca ai supporters viola prendersi la scena: la partita osserva un minuto di silenzio e loro alzano tante piccole bandierine in ricordo di Astori, nei cui confronti anche la Nord espone uno striscione.
La mia Atalanta-Fiorentina si ferma qui, il resto è normale cronaca sportiva, destinata sì ad entrare negli almanacchi ma non a regalarmi le stesse emozioni e l’orgoglio di poter dire, nel mio piccolo e senza mai nasconderlo, che “…dovunque sei, se mi cercherai, sempre e per sempre, dalla stessa parte mi troverai…” .
Lele Viganò