Il 20 settembre del 2003 è un sabato di inizio campionato. Migliaia di tifosi si preparano ad affollare gli stadi italiani, non potendo sapere quanto questa data rimarrà tristemente impressa nella mente di chi frequenta abitualmente le gradinate.

Quello tra Avellino e Napoli è un derby sentito, che torna dopo 16 anni. Per la prima volta in Serie B. Purtroppo questa sfida non verrà ricordata né per la netta vittoria degli irpini (3-0) né per lo spettacolo delle tifoserie. Ma per la morte del giovane tifoso partenopeo Sergio Ercolano – caduto da oltre venti metri di altezza – e per la seguente guerriglia che si scatenerà tra supporter napoletani e forze dell’ordine sul manto verde del Partenio. Un incredibile mix tra disorganizzazione (lungamente i tifosi ospiti punteranno il dito contro i soccorsi arrivati in ritardo) ed eccessiva esuberanza che in quegli anni ancora serpeggiava in numerose trasferte, soprattutto se di massa.

Posto che non sta a me giudicare chi fosse Sergio Ercolano e perché si trovasse là poco prima di cadere nel vuoto, ricordo quanto il fatto mi colpì, lasciandomi un grande amaro in bocca. Prima di giudicare ho sempre pensato che tutti noi, almeno da ragazzi, abbiamo fatto qualcosa di sconsiderato e potenzialmente pericolosissimo. Senza rendercene conto magari. Senza neanche pensare alle conseguenze che un gesto superficiale o inconsulto avrebbe potuto produrre.

Così, sempre per dirla tutta, se è vero che all’epoca in troppe occasioni abbiamo varcato cancelli che non dovevamo passare, abbiamo preso treni su cui non dovevamo salire e ci siamo trovati in situazioni per cui i nostri genitori ci avrebbero segregato in casa fino a giugno, è altrettanto vero che la considerazione che si aveva (e che ancora spesso si ha) per i ragazzi di stadio era pari a quella data agli animali stipati nelle gabbie del mattatoio. In più di un’occasione ho avuto l’impressione che a pochi interessasse se uno di questi “animali” venisse meno. Anzi, foraggiati dalla comune equazione ultras=delinquente, tutto sommato era una logica conseguenza delle loro azioni.

Non sono nessuno per produrre una disamina sulla violenza nella società e su quanto questa fosse/sia regolarmente proiettata in ambienti dalla larga aggregazione e dal facile scontro ideologico/culturale come gli stadi. Di sicuro però, anche prendendo in mano successivi casi che vedranno ragazzi perdere la vita prima, durante o dopo una partita, posso dire che un’esistenza spezzata in tale contesto non deve mai e poi mai essere considerata “normale”. E persone come Sergio Ercolano vanno ricordate a prescindere, per rispetto della gioventù e di tutto quello che di bello abbiamo quotidianamente e viviamo spesso con troppa fretta o superficialità.

Avellino-Bisceglie si gioca di 21 settembre. Sedici anni e un giorno dopo quella assurda serata. Gli ultras sono ancora là a reggere in piedi lo scenario folkloristico di un baraccone che ormai fa acqua da tutte le parti. E con loro ci sono ancora tutti quei soloni e quegli antropologi da quattro soldi che negli anni si sono sperticati le mani a scrivere ignobili e non veritieri approfondimenti sul mondo del tifo e su tutte le sue variegate e controverse sfaccettature. Gli stessi che: “Ma sì, Sergio Ercolano in fondo se l’è cercata. Se avesse avuto più cervello…”

La bocca dello stolto è il suo castigo, grazie a Dio.

Scusandomi per l’introduzione decontestualizzata e per la mia proverbiale lungaggine, possiamo voltare pagina e passare al match tra campani e pugliesi.

L’Avellino è reduce dalla stoica vittoria esterna contro il Picerno. Un successo che ha avvicinato i biancoverdi alla testa della classifica. Sono circa 5.000 i presenti, di cui 195 provenienti da Bisceglie. Una presenza di tutto rispetto la loro, se si pensa ai numeri che generalmente i nerazzurri portano lontano dalle mura amiche.

Il simpatico siparietto pre-gara me lo offre un signore sulla ottantina incastonato nella lunga ed estenuante fila per compare un biglietto. La sua lamentela verte, sostanzialmente, sul dover pazientare per comprare un tagliando che gli consentirà di vedere gli irpini contro i nerazzurri, sì. Ma non contro i “nerazzurri a cui ero abituato”, facendo chiaro riferimento all’Inter e ai bei tempi andati.

Apro e chiudo parentesi: chissà se il baldanzoso vecchietto era presente durante quell’Avellino-Inter del 1984/1985 quando, in campo, a scuotere le due squadre bloccate sullo 0-0, pensò bene di scendere – manco a dirlo – un cane lupo. Successivamente fermato da arbitro e giocatori e portato fuori dal campo dentro a una copertina. Filmati e immagini che rimangono impressi nella mente di chi ha deciso di crescere con tutti i vecchi 90° Minuto

Terminata quest’ulteriore divagazione (sic!) è ora di metter piede sull’ex pista d’atletica, oggi ricoperta d’asfalto. Il colpo d’occhio della Sud è come sempre più che buono, mentre il tifo si manterrà su ottimi livelli soprattutto nella parte centrale. I presenti avvertono la partita e in molti comprendono quanto sia importante conquistare tre punti anche oggi per far scattare nella testa dei giocatori quella molla per cui tutto è possibile. Malgrado l’estate bollente e una preparazione praticamente mai svolta. E malgrado un girone di ferro che mai come quest’anno pullula di piazze storiche e nobili decadute.

Dall’altra parte della barricata c’è un Bisceglie giunto al Partenio per giocarsela. Senza troppe pretese ma con la consapevolezza di poter far male ai dirimpettai. Nella parte bassa del settore ospiti, come detto, sono presenti un buon numero di supporter nerazzurri. La loro prestazione è tutto sommato discreta, sebbene si avverta nettamente il distacco tra la minoranza ultras e la maggioranza di tifosi “normali”.

In campo l’estremo difensore avellinese la combina grossa regalando il gol del successo ai pugliesi, che festeggiano comprensibilmente per diversi minuti con la propria gente dopo il triplice fischio.

Non c’è comunque disappunto da parte biancoverde. Come già detto in occasione del match contro il Teramo, il tifoso irpino ha ben capito quanto sia importante trasmettere positività e sostegno alla squadra, che viene così chiamata comunque sotto la Sud per ricevere l’applauso e l’incoraggiamento consueto.

Il poco logico orario d’inizio delle 17:30 fa sì che prima di lasciare il campo possa osservare gli ultimi raggi del sole andarsi a coricare dietro le montagne, accompagnati da una coltre di nuvole grigiastre. Del resto siamo al 21 di settembre. Il primo giorno di autunno è realtà e l’estate mostra ormai da lontano la mano, accennando il saluto e promettendo di farsi rivedere tra qualche mese.

L’appuntamento con la Serie C invece è rimandato di soli tre giorni. Il turno infrasettimanale incombe, così come le “magnifiche” partite fissate alle 18:30. Del resto vogliono gli stadi pieni, desiderano riportare le famiglie sulla gradinate, ci dicono che il calcio lo uccide la pirateria… ma poi quando si tratta di guardare bene cosa succede, i veri e propri serial killer di passione e seguito continuano a essere i soliti noti: leghe varie, Osservatorio, federazioni, etc etc etc…

Testo di Simone Meloni
Foto di Simone Meloni, Tobia Conte e Davide Gallo

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