Dicono che la storia, con i suoi corsi e ricorsi, sia un ciclo destinato a ripetersi perpetuamente. A quanto pare l’uomo è così stupido da non essere capace di imparare nemmeno dai suoi errori, così, come il peggiore degli incubi ricorrenti, tocca rivivere periodicamente il peggio, anche se credevamo e speravamo che al peggio potesse esserci una fine.

Correva l’anno 2007, la partita era Avellino-Ternana e grazie ad uno dei nostri corrispondenti di vecchia data, ci ritrovammo ad immortalare l’agghiacciante scena di un zelante (?) tutore dell’ordine che obbligava alcuni bambini a rimuovere il loro striscione “100% Lupi” perché non autorizzato. La cosa ci colpì molto, tanto che ne facemmo una copertina.
A distanza di anni, nella gara di sabato tra Avellino e Lanciano, sempre il “Partenio” è stato teatro della sgradita replica di questo squallido esercizio di potere: il solito solerte uomo “vestito uguale” ha obbligato un manipolo di ragazzini a rimuovere il loro “sovversivo” striscione “I lupacchiotti di Mamma Schiavona vogliono l’Avellino in Serie A”. Il motivo ostativo è lo stesso, lo striscione non era stato preventivamente autorizzato presso la questura con richiesta formale via fax da spedirsi entro e non oltre i 7 giorni precedenti la gara. In Unione Sovietica erano dei pivelli al confronto di cotanto scrupolo burocratico da leggersi a fine censorio. Chiedere a dei bambini una richiesta via fax quando, con molta probabilità, nemmeno sanno cos’è un fax: roba da geni del male shackerati con 1/3 di idiozia.

Poi vengono anche a raccontarci la storia del povero poliziotto “Pecorella” o di quello che si sfila il casco per presunta solidarietà con la gente (che poi è una mistificazione, ma vabbe’…). Non è con questa propaganda sciatta che si conquista la fiducia della gente verso le rappresentanze istituzionali, ma con atti concreti di buon senso, specie quando le leggi sono così assurde ed in netto contrasto con i principi sanciti dalla nostra carta costituzionale, ormai sempre più equiparabile a carta da cesso.

Così facendo si plasmano cittadini modello o si cova rabbia sociale? Pure se fosse, è con la paura e l’intimidazione dell’inflessibilità della legge che si crea un cittadino per bene? Domande retoriche a cui non è possibile nemmeno concedere il beneficio del dubbio legato all’umano errore, visto il perseverare di certi atteggiamenti che dimostrano chiaramente quanto diabolico sia il piano di allontanamento della gente dagli stadi a beneficio dei salotti pay-televisivi. Anche il mantra ipocrita del riportare le famiglie e i bambini allo stadio, per favore, risparmiatecelo che ne siamo stomacati: 200 di quei bambini presenti allo stadio erano stati infatti invitati dallo stesso sodalizio irpino, ma se è con questo trattamento che intendono scaturirne l’entusiasmo, forse farebbero meglio a indirizzare altrove i loro sforzi, magari a questuare qualche spicciolo in più a Caressa. Se ne riporterebbero molti di più, di bambini allo stadio, facendo vivere loro la prima partita in Curva: sentirebbero qualche parolaccia o bestemmia in più, per carità, innegabile, ma almeno capirebbero da subito che lo spettacolo del calcio è anche (e spesso soprattutto) quello legato alla magia che l’atmosfera del tifo ne conferisce, una magia nel vero senso del termine vista la caparbietà con cui resiste ai divieti e agli abusi del potere calcistico e politico. Di spettacoli di borghese immobilismo e asettica distanza fra pubblico e “palco”, ce ne sono almeno una decina di migliori e pure meno costosi, cinema e teatro compresi.

Matteo Falcone, Sport People.