Era da molto tempo, forse troppo, che volevo venire a Barletta per vedere la tifoseria biancorossa e lo storico impianto intitolato a Cosimo Puttilli, marciatore degli anni trenta e quaranta per ben due volte campione italiano. Ma un po’ per mia negligenza e un po’ perché il Barletta per diversi anni si è ritrovato nelle categorie inferiori mi sono sempre lasciato sfuggire l’occasione. Anche se avevo visto diverse volte la tifoseria biancorossa in trasferta, sia nei trascorsi dell’allora Lega Pro ma anche in serie D, in ultimo nella famosa trasferta di Rieti di due stagioni fa contro il Salsomaggiore per la finale nazionale di Coppa Italia Eccellenza con oltre mille tifosi al seguito.

Cercando di sopperire a questa mancanza mi impongo, nell’ultima domenica di settembre, di presenziare per la sfida contro il neopromosso Gallipoli, in uno dei tanti derby pugliesi del girone H di Serie D. Fatti i dovuti calcoli e prenotazioni, per cercare un minimo di risparmio in tempi di inflazione galoppante pur di poter assecondare le proprie passioni, parto sabato sera ed arrivo a Bari con le tenebre che avvolgono ancora la città. L’ora e mezza che mi separa dalla coincidenza per Barletta, la spendo in una rigenerante colazione e un giro nella parte storica di Bari vecchia con la Cattedrale di San Sabino e l’imponente castello svevo che in notturna e senza un’anima in giro e forse ancora più suggestivo.

Terminato il breve tour torno nuovamente in stazione e alle prime luci dell’alba sono già a Barletta: anche in questo caso rimango colpito dalla grandezza della stazione ferroviaria, in ulteriore espansione visti i lavori di ampliamento di un nuovo tronco e l’apertura di alcune vie attigue. Da qui muovo per il mio solito tour verso lo stadio della città della disfida, osservando i vari murales tra i quali quello di Pietro Mennea, figlio illustre di Barletta.

Come spesso accade a queste ore del mattino, terminato il mio minuzioso giro esterno dell’impianto, trovo la cancellata aperta che permette agli amanti dell’atletica di godersi la pista ed al sottoscritto di entrare ed ammirare da vicino gli spalti momentaneamente senza tifosi, che sembrano evocare i ricordi della storica serie B per quattro anni sul finire degli anni ottanta ed i primi dei novanta. Ne è passato di tempo da allora e tante sono state le migliorie e gli interventi di risistemazione con i vecchi blocchi in cemento armato di una volta che hanno ceduto il passo a tribune tubolari in ferro con i seggiolini, scelta sempre più ricorrente nel calcio odierno per abbattere i costi.

L’ampio margine di tempo mi permette di fare un giro veloce anche nell’altro impianto cittadino, intitolato al cavalier Giuseppe Manzi dove il Barletta ha disputato per diversi anni le sue gare interne e l’amarezza degli anni di Eccellenza pugliese è stata poi rincarata da altri anni in campo neutro prima di tornare definitivamente a casa. È interessante notare quanto vicino alle stazioni venissero costruiti una volta gli stadi, con il minor tratto di strada per le tifoserie ospiti che permetteva un più facile controllo degli stessi. Attualmente le scelte logistiche sono totalmente cambiate ma i fari del “Puttilli” sembrano emanare lo stesso fascino di un tempo ed è suggestivo vedere la tifoseria biancorossa muovere in processione verso quella luce, un rito laico in cui tifosi di vecchia data si fondono in un corpo unico con quelli più giovani e giovanissimi. È la prova provata del buon lavoro fatto dalle ultime generazioni, le inutili diatribe messe al bando per puntare al ricambio generazionale che nel difficile quadro storico attuale è un problema per la maggior parte delle tifoserie nostrane, soprattutto nei piccoli centri.

Vorrei che il prepartita non finisse mai per continuare a gustarmi queste scene ma messo piede in campo, mi ripaga e mi assale tutta l’energia della tifoseria biancorossa, che per numero di spettatori presenti dimostra in maniera lampante e fuor di retorica quanto la D stia stretta a questa piazza.

Nonostante sia estremamente grande, la Curva Nord appare gremita con in balconata lo storico striscione del gruppo principale, l’originale GRUPPO EROTICO BARLETTA con in mezzo la mela morsicata che dal 1987 segue assiduamente le sorti del Barletta Calcio. Più defilato c’è il gruppo dei BULLDOG riconoscibili per le magliette bianche inoltre, da questa stagione, in gradinata è tornato in auge il C.U.C.S., altro storico gruppo del 1987 che aveva deciso di sciogliersi nel 2015, quest’oggi presente con un grande striscione di carta per chiedere la riapertura alla tifoseria della stessa Curva Sud.

Già prima del calcio d’inizio fissato per le 15 la tifoseria barlettana comincia a farsi sentire prepotentemente con imponenti cori accompagnati da numerosi battimani, bandieroni, bandiere e bandierine che sventolano al vento assieme ad una buona dose di stendardi. Sulle note di “Gente di mare”, propagata dagli altoparlanti dello stadio, e con l’entrata delle squadre in campo, offrono una bella e fitta sciarpata ed accendono dei fumogeni rossi nella parte centrale della curva, mentre nella zona dei BULLDOG viene acceso un fumogeno arancione.

Quando comincia la partita la curva è una polveriera e mostra tutto il proprio potenziale. Tre lanciacori si sistemano in maniera perfetta in balconata, cercando di arrivare fino alle estremità della curva che canta incessantemente e con un’intensità corale elevata, quando poi le braccia si alzano per effettuare i battimani, l’effetto visivo è stupefacente.

Bandieroni, bandiere e stendardi vengono sventolati per tutta la durata della partita ed in momenti diversi della gara vengono accesi dei fumogeni di colore rosso, mentre pure il CUCS partecipa al tifo, pur effettuando cori diversi e non sempre in maniera continua ma comunque riescono a farsi notare.

Nella seconda parte di gara, nonostante il perdurare della parità in campo. la Nord non demorde e continua a sfornare una prestazione sontuosa, in cui spiccano tantissime sbandierate e battimani ed ancora altri fumogeni anche se in numero minore rispetto alla prima parte di gara. Sul finire della partita effettuano una bellissima sciarpata che rimane alzata per svariati minuti.

Sul fronte ospite bel contraltare quello dei gallipolini che si presentano in oltre una sessantina di unità: non male, calcolando comunque che la Puglia è stretta ma molto lunga e tra andata e ritorno ci sono oltre 500 km da percorrere. Entrano a ridosso del fischio d’inizio sventolando un paio di bandieroni ed un altro paio di bandiere, alzano alcune sciarpe per poi posizionare i propri vessilli in balconata.

Nel corso del primo tempo, nonostante la bolgia del “Puttilli”, non si lasciano intimorire e sono autori di una buona performance condita da molti battimani ad accompagnare i cori. Alla mezzora effettuano una bella sciarpata e alzano un buon numero di sciarpe, un paio di stendardi e sventolando i due bandieroni: anche se sono consapevoli che è dura farsi sentire, non demordono ed alla fine, ad eccezione di qualche pausa, il loro tifo risulta abbastanza lineare.

Nel secondo tempo i giallorossi cercano di restare “in partita” sfornando un gran numero di battimani, ma qualche pausa in più rispetto alla prima frazione si nota, anche se possono comunque ritenersi soddisfatti ed a fine partita alzano le sciarpe in direzione dei giocatori con i quali festeggiano questo pareggio a reti bianche, sicuramente importante per la salvezza. Scena che si ripete anche dalla parte opposta e in gradinata prima che gli undici biancorossi rientrino negli spogliatoi anche se ai barlettani resta un po’ di amaro in bocca.

Termina così la mia giornata ultras con i colleghi Massimo e Vincenzo degni compari che saluto prima di un giro in una Barletta by night davvero bella e particolare con il castello che sembra sorvegliare e difendere l’antica città della disfida. Prendo l’ultimo treno utile per Bari per un viaggio di ritorno che si prospetta lungo, ma allevviato dalle emozioni vissute in questo tempio sacro, regalatemi dalla sua tifoseria senza tralasciare quella ospite, tassello fondamentale che completa questo meraviglioso puzzle che è il calcio italiano, specie in provincia. Peccato solo che istituzioni politiche e calcistiche stiano facendo di tutto per estinguerlo.

Marco Gasparri