BociaCrocifissoSpesse volte mi son soffermato a riflettere sul concetto di “deontologia” nell’ambito del giornalismo, ovvero quell’insieme di norme che dovrebbero regolare la professione di chi, in teoria, avrebbe il sacro onore/onere di informare e portare alla luce ciò che rimane intrappolato nella melma di cui è ricoperto questo Paese, con il fine di creare nel lettore quel moto di spirito che induce a prendere una posizione, o almeno a farsi un’idea in merito ad un determinato argomento.

Tuttora non ho una risposta soddisfacente, e probabilmente mai l’avrò. Però, c’è sempre un però, in questi primi anni da aspirante tale una cosa l’ho fatta mia, e su questa non mi pongo più troppe domande: dubitare sempre di ciò che ci viene raccontato – compreso ciò che sto scrivendo in questi istanti, in base al celebre epitaffio inciso sulla tomba di Immanuel Kant: “Il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. E l’articolo pubblicato ieri mattina sulle colonne de La Gazzetta dello Sport, a firma di Alessandro Catapano, m’ha lasciato a dir poco perplesso (eufemismo).

Parlando dell’incontro andato in scena il 6 aprile scorso tra alcuni leader del tifo organizzato del Belpaese in un’aula del Senato, con il fine di discutere della disciplina in merito al Daspo, il giornalista della “Rosea” ha commentato con queste parole la presenza di Claudio Galimberti, leader della tifoseria atalantina meglio noto come il “Bocia”, nel palazzo mediceo di Piazza Madama numero 11: “Un tale che ha accumulato nove Daspo tanto che da parecchi anni non può mettere piede in uno stadio, che è stato condannato a tre anni per lesioni e che dalle 22 alle 6 non può uscire dalla sua abitazione di Bergamo perché sorvegliato speciale. Ecco, con questo curriculum ieri il Bocia ha illustrato a senatori e deputati in piena campagna elettorale il ‘programma’ degli ultrà italiani, stanchi di essere sottoposti alle misure restrittive disposte per arginare le loro violenze”.

“Oggi il Senato ha ospitato una conferenza stampa sul Daspo cui ha partecipato, tra gli altri, una persona – Claudio Galimberti detto Bocia – che a quanto leggo dai giornali risulta sottoposta a sorveglianza speciale. La Repubblica italiana, alla presenza di onorevoli parlamentari, avrebbe quindi ospitato in una sede istituzionale un soggetto sottoposto a una misura cautelare sovente utilizzata per la criminalità organizzata.”, ha aggiunto Catapano riprendendo le parole del Responsabile Sport del Partito Democratico, Luca Di Bartolomei.

Premessa doverosa: non conosco personalmente Claudio Galimberti, né ho letto tutte le carte relative alle sue vicende giudiziarie. Motivo per cui, con ineccepibile modestia, non potrò dirti caro lettore se il soggetto in questione sia o meno quello che i maggiori mass-media dipingono, anche se nutro diversi dubbi in merito alla richiesta – supportata da una legge diciamo strampalata – di coloro che vorrebbero negare a vita l’accesso al suddetto negli stadi italiani, basandosi sul famigerato articolo 9 della Legge Amato, varato a tempo di record (e quindi senza un democratico contraddittorio) in seguito alla morte dell’Ispettore Capo Filippo Raciti. Né voglio tediarti con le spiegazioni in merito ad un ragionamento così prevenuto come quello della celeberrima firma de La Gazzetta dello Sport. Tuttavia, il mio fallace punto di vista non mi impedisce di osservare che, ad esempio, in presenza di soggetti dal curriculum brillante tanto quanto il “Bocia” queste valorose penne, che a comando si alzano al Cielo come la scure del boia, casualmente si rintanano in un silenzio assordante, meschino, che sembra essere tristemente architettato ad arte.

Prendiamo due soggetti a caso, ma neanche così a caso in realtà perché parliamo del Presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Carlo Tavecchio, e del Consigliere Federale Claudio Lotito. L’attuale numero uno di quello che un tempo era lo sport più amato d’Italia, secondo quanto riferito alcuni mesi fa dal compianto giornalista de Il Fatto Quotidiano Emiliano Liuzzi, è stato processato e condannato cinque volte nel corso della sua carriera. Quattro mesi di reclusione per falsità in titolo di credito nel lontano 1970; due mesi e 28 giorni di reclusione per evasione fiscale ne 1994; tre mesi per omissione di versamento di ritenute assicurative e previdenziali due anni dopo; sei mesi di reclusione nel 1998 per omissione o falsità in denunce obbligatorie e abuso d’ufficio per violazione delle norme anti-inquinamento (più 7mila euro di multe). Il patron della S.S. Lazio, invece, ha una fedina penale piuttosto nota, facilmente consultabile attraverso un motore di ricerca ormai a portata di tutti.

Quindi, amico lettore, ti risparmio un’ulteriore elencazione, sottolineando però come il suddetto Lotito abbia trovato la prima ribalta mediatica nel 1992, in seguito all’arresto relativo ad una gara da 27 miliardi di lire in cui erano coinvolte le sue tre imprese di pulizie. “Bella presenza, 35 anni, pistola in tasca, telefonino, è fidanzato con una delle figlie del costruttore Gianni Mezzaroma. L’ordine di cattura parla di turbativa d’asta e violazione di segreti d’ufficio”, questo uno stralcio dell’articolo di Antonio De Florio pubblicato da “Il Messaggero”. Mi chiedo allora perché sia così scandaloso per questi signori sentir parlare di incontro tra parlamentari e ultras, il quale dovrebbe essere alla base di una sana Democrazia – interessando TUTTE le parti in causa – trovandosi al cospetto di un calcio in mano a soggetti diciamo non proprio irreprensibili (un altro eufemismo concedetemelo). Perché al “Bocia” dovrebbe essere impedito un confronto, così come agli altri rappresentanti delle 25 tifoserie che hanno semplicemente portato la loro versione in merito ad un mondo che conoscono meglio di chiunque altro?

Forse perché da questo potrebbe nascere un sentimento di dubbio nel cittadino che definirei “classico”, verso le misure adottate nel corso degli ultimi anni da menti illuminate, le quali hanno, ad esempio, reso il Derby di Roma – noto in tutto il globo come una delle sfide più spettacolari e passionali – una semplice partita di pallone disputata in un acquario che un tempo si chiamava Stadio Olimpico. Le cui curve fino allo scorso Settembre, hanno fatto innamorare migliaia di spettatori e sognare almeno tre generazioni.

“Siamo stati dei maestri per l’Europa intera in materia di tifo. L’Italia era un mito, mentre ora ci bagnano il naso. Come si fa a fare una coreografia se si tolgono gli strumenti ai tifosi? Ognuno deve fare il suo, a noi lasciateci fare i tifosi. Non ha senso dividere le curve, se no si perde tutto. I romanisti e i laziali stanno dimostrando grande maturità, con il fine di far capire a chi ha preso decisioni errate che bisogna lasciar liberi i tifosi di riportare la passione negli stadi. Ma senza i nostri strumenti questo non è possibile. Lo spettacolo parte dalla preparazione della coreografia e arriva fino in campo. Questo è il compito del dodicesimo uomo”.

Queste le dichiarazioni a margine dell’evento rilasciate dal “Bocia” ai microfoni de Il Corriere dello Sport, a cui hanno fatto seguito quelle di Paolo Cento, politico di area SEL e fermo sostenitore di quel tipo di tifo che ha reso l’Italia un esempio a livello di spettacolo sugli spalti: “Parliamo di qualcosa che dovrebbe essere valorizzata positivamente. Gli ultras chiedono di essere trattati semplicemente come cittadini. Bisogna ragionare se queste posizioni prese sulla sicurezza negli stadi siano state utili o meno. Voglio ricordare che anche sulla Tessera del tifoso sono cambiate alcune cose, perché il dialogo produce sempre risultati. Il vero problema è quello relativo allo svuotamento degli stadi: questa è la nostra sfida. Mi auguro che ci sia un dialogo con le tifoserie perché la crisi del calcio italiano riguarda tutti, anche il tifo organizzato. Per salvare il calcio tutti devono dare un contributo e ci sono dei segnali positivi in merito. Trattare un ultras come un cittadino di Serie B non è positivo e assolutamente sbagliato. Non capisco perché in questo paese tutti parlano con tutti, mentre se si parla con i tifosi delle curve si urla allo scandalo”.

Insomma, dichiarazioni che non lasciano trasparire alcun intento criminale e che si basano sulla semplice conoscenza di un mondo spesso ghettizzato, e anche autoghettizzatosi dai venti esterni come una sorta di spaccato sociale sottovuoto. Un dialogo per ribadire la necessità di cambiamento per fermare la caduta verticale del calcio in un inferno dantesco. Un primo passo verso una normalizzazione dell’ambiente che circonda uno sport che non è mai stato soltanto tale, ma aggregazione, educazione civica e sociale, divertimento, svago, violenza e tanto altro. Con i suoi lati positivi e quelli negativi, come ogni cosa presente su questa Terra in fondo. Eppure ad alcuni tutto questo non è andato proprio giù, vuoi forse perché, ma forse son malizioso io, tempo fa alcuni sostenitori dell’Atalanta si sono permessi di contestare la testata color pesco, sotto la sede milanese di via Rizzoli, in seguito ad un articolo in cui una delle firme si augurava di vedere crescere orfani a Bergamo pur di toglierli alle mani violente dei sostenitori di un ragazzo di curva, rei di aver partecipato ad un corteo di solidarietà per un loro amico: il “Bocia”.

Perché non si può avere il diritto di manifestare in pubblica piazza, non è democratico orsù! Magari distribuendo anche volantini per difendersi da tali angherie ed eccedendo in maleparole e qualche fumogeno. E in tal caso comunque, per rimanere in tema calcistico, la situazione sarebbe di perfetta parità. 1 a 1 palla al centro.

Come ha detto Milan Kundera: “La stupidità deriva dall’avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall’avere, per ogni cosa, una domanda”. E allora, per cortesia, quando ci si accinge a prendere in mano uno strumento così potente e persuasivo quale è la penna, sarebbe meglio non dar risposte in base ad antipatie personali o pregiudizi scevri di raziocino, o anche la stramaledetta convinzione di essere depositari unici su questo mondo della verità assoluta, ma porsi invece una bella domanda: “Cosa possiamo fare per salvare il calcio italiano, dato che negli ultimi dieci anni abbiamo fallito miseramente tutti quanti?”

Gianvittorio De Gennaro.