Cronaca della partita del campionato di prima divisione bulgaro fra Botev Plovdiv e Levski Sofia

 

Nel loro esilio rumeno, i due patrioti bulgari Hristo Botev e Vasil Levski condivisero molto. Prepararono piani rivoluzionari e studiarono la via migliore per restituire la Bulgaria ai bulgari. Ma il Poeta e l’Apostolo, nonostante il percorso comune, non avrebbero mai potuto immaginare che due squadre di calcio avrebbero portato il loro nome quasi duecento anni dopo. Il calendario della prima divisione bulgara ha messo Botev e Levski uno di fronte all’altro in una calda domenica sera di metà settembre.

 

Il Botev Plovdiv e il Levski Sofia sono arrivati alla partita con due spiriti completamente diversi. La squadra della capitale proviene da ottime prestazioni. Si parla molto bene del suo allenatore, capace in poco tempo di ambientarsi e restituire ai bianco-blu un’identità forte per contrastare lo strapotere del Ludogorets e il ritorno del CSKA. Gazzetta e Corriere dello Sport già pregustano l’articolo di colore sugli italiani all’estero. Perché l’allenatore del Levski Sofia è un italiano: Delio Rossi è infatti da quest’anno il mister del club più tifato della Bulgaria.

 

Sull’altro fronte invece il Botev Plovdiv. Una squadra abbastanza in difficoltà, con una notevole carenza di risultati, collocata nella parte bassa della classifica. Ma non solo. Di lì a 15 giorni si gioca lo scontro più importante dell’anno: il derby con il Lokomotiv Plovdiv, che invece sta attraversando un buon momento di forma. In mezzo la proibitiva trasferta di Razgrad. Il rischio di fare zero punti è altissimo.

Il Botev è la squadra più antica della città e anche la più seguita. Ha attraversato qualche anno fa una crisi economica molto profonda, causata dalla fuga all’estero del suo presidente, che ha portato con sé parte del capitale della squadra. Nel frattempo erano iniziati i lavori di ristrutturazione dello stadio. In breve la squadra si è trovata in rosso, senza stadio e stava per scomparire. Grazie all’impegno della sua gente (tifosi, appassionati ed ex calciatori) è riuscita a risorgere ed è tornata in prima divisione dove era stata per quasi 50 anni consecutivi. Tuttavia lo stadio rimane una fatua speranza e ancora oggi, a distanza di sette anni dal collasso, il club gioca nel campo di allenamento che ha 3.500 posti e sorge fuori città.

 

È chiaro che in un impianto del genere non ci si può aspettare grandi coreografie, ma le tribune al momento del calcio d’inizio sono piene. La vecchia guardia dei Bultras, il più importante gruppo organizzato al seguito della squadra, si posiziona nella tribuna principale che è completamente piena e spicca per coerenza di colore (giallo, nero e qualche macchia di rosso). In curva, o meglio nella piccola stand dietro una delle due porte, ci sono le nuove leve del tifo organizzato del Botev. Non sono tantissimi, ma sono piuttosto rumorosi e giocano spesso a lanciare i cori a cui risponde la tribuna, meno attiva ma più numerosa.

 

Dall’altro lato rispetto alla struttura principale, nei cinquanta metri che vanno dal calcio d’angolo vicino alla stand occupata dai tifosi del Botev, fino a centrocampo si trovano i tifosi del Levski. Non sono moltissimi e non hanno quasi neanche la possibilità di appendere pezze, altrimenti si coprono da soli la visuale del campo. In una situazione così logisticamente ostile, si sentono poco e si limitano a seguire la partita cantando. I rapporti fra le due tifoserie non sono particolarmente amichevoli, anche per la vicinanza fra Lokomotiv e Levski, ma c’è comunque rispetto nei confronti di un gruppo storico come quello dei Bultras.

Il match non è bellissimo, ma c’è molto agonismo. Il Botev ha in pugno la gara, ma non riesce a concretizzare il vantaggio. I tifosi spingono la squadra con canti ininterrotti. Gli istanti di silenzio sono davvero rarissimi. Verso la fine del primo tempo però il Levski fa valere la maggiore caratura tecnica e si porta in vantaggio. Una vera e propria doccia fredda per la tifoseria di casa, che però non sembra abbassare il volume. Difficile capire i cori, ma le urla più frequenti sono “Tzigani” all’indirizzo dei giocatori avversari, e qualcosa in italiano verso Delio Rossi e sua madre.

 

Il secondo tempo si apre con una torciata in tribuna, spalleggiata dai fumogeni giallo-neri lanciati dalla gradinata. Tutti scoppiano a ridere e non è facile capire perché. Qualcuno racconta che la Federazione ha diffidato il Botev dall’accendere nuovamente fumogeni. È’ il terzo avvertimento e scatterà la squalifica. Ma non sembra proprio essere un problema e tutti applaudono divertiti. La partita intanto è ferma, perché in campo non si vede niente.

 

Quando il gioco riprende l’inerzia è cambiata, il Botev è più che mai padrone del campo. Spinge, attacca e trova il pareggio su una papera del portiere. Ma non è finita. Continua il forcing della squadra di casa che a dieci dalla fine centra il sorpasso e si assicura i tre punti, nonostante un arbitraggio oggettivamente gentile nei confronti degli ospiti. Lo stadio esplode, i giocatori vanno a ringraziare i tifosi e comincia il lento defluire dallo stadio. La zona non è attrezzata a ricevere tutta questa gente e il serpentone di macchine è immenso. È buio, ma vale la pena fermarsi per un’ultima birra e godersi la tranquillità di una vittoria sofferta.

 

Gianni Galleri.