Il Catania, al ritorno in B, perde i tre punti al 93°, ma il Massimino suona di nuovo come il catino ribollente che in serie A, invece, s’era viva via raffreddato.

L’imprevedibilità del calcio. Tra speranza e rimpianto. Un gioco che sul campo, al botteghino, in sede è sempre più matematica, conserva la sua natura straordinaria sugli spalti. Ultimo baluardo d’un calcio che non guarda i numeri, che non conosce logica. Che, come a Catania, dopo una retrocessione non lascia: raddoppia. Diecimila abbonati, o quasi, nella sola fase di prelazione. Ben oltre i quattro zeri i presenti alla prima del campionato di serie B, il primo dopo otto anni di serie A.

C’è voglia di ripartire, a Catania. I tifosi lo dicono forte allo stadio e lo scrivono chiaro anche nelle vie intorno: “Torneremo in A A A A”. Cito cartello appoggiato alla vetrina d’un negozio in zona Cibali. Dentro il Massimino, tolta la categoria (impressa a caratteri cubitali sui tabelloni a bordo campo), nulla è cambiato. Qualche giocatore sì, ma lo si sa: quelli passano.

Il giornalino ufficiale dello stadio non a caso apre a tutta pagina con una bandiera della Sud: “Melior der Cinere Surgo”. “Risorgo sempre più bella dalle mie ceneri”, iscrizione parte d’uno storico monumento della città: sette volte distrutta da terremoti ed eruzioni, altrettante volte rinata. È quel che il Catania, squadra, prova a fare nel campionato che inizia in casa, contro la Virtus Lanciano.

L’attesa è tanta. Già venti minuti prima del fischio d’inizio, il tifo è da ultimo minuto di una finale: “Noi siamo il Calcio Catania”, battimani, cori, “Noi vogliamo questa vittoria”, “Dai Catania lotta e vinci insieme a noi”.

Alla lettura delle formazioni però, nessun olé dalle curve risponde alla speaker: silenzio. È parte della mentalità, dell’identità della tifoseria organizzata. Applausi al “giuramento di fedeltà” che il capitano, Nicolas Spolli, legge ai tifosi: “rispetto… tifosi… maglia”, c’è tutto quello che conta, ma tutto va dimostrato sul campo, davanti agli occhi dei tifosi che al fischio d’inizio sono tanti quanti non se n’eran mai visti nel corso dell’ultimo campionato di serie A. Sessanta quelli del Lanciano.

Incessante il tifo. Sud e Nord, seppur sostenute in numero differente, esprimono il medesimo trasporto. Simpatico applauso quando, al 20°, l’arbitro caccia fuori la bomboletta e disegna in terra la linea della barriera. Trepidazione per il gol-non gol del Lanciano (più gol, ma per fortuna del Catania in B mancano gli addizionali di porta), esplosione di gioia al gol di Calaiò che porta in vantaggio gli etnei al 23°.

“Loris continua a lottare”, striscione esposto dai gruppi della Sud al 30°. Applausi da tutto lo stadio. Intervallo, tutti negli spogliatoi. Non Spolli, che ce l’ha con arbitro e quarto uomo per una punizione valsa il palo per gli avversari. Tira con sé i fischi delle tribune verso la quaterna arbitrale, ammonito. Ripresa traumatica. Il Lanciano segna due volte, risultato capovolto e tifo che anziché spegnersi s’accalora come non mai.

La spinta delle curve ridà forza alla squadra rossazzurra, parsa sulle gambe. Martinho pareggia, Rosina, su rigore, fa “accendere” lo stadio di flash. Panorama suggestivo, portiere spiazzato, torna la festa al Massimino.

Con meno di un quarto d’ora alla fine, con l’avversario ribaltato, la sfida pare vinta. I tre punti già in classifica, la testa a Vercelli. Infatti, all’ultimo istante di gara, dalla testa d’un difensore etneo arriva l’assist per il 3-3 del Lanciano.

Passo falso. Vittoria sfumata. Retrocessione ancora fumante. In campo s’accendono gli animi: parapiglia, mani, gomiti, teste, piedi. Alla fine due rossi, per Calaiò e Grossi. Sugli spalti? Sarà sbigottimento, ottimismo, fede cieca o voglia matta di non arrendersi alla fatalità, ma non s’ode un fischio. La squadra non imbocca diretta gli spogliatoi, incrocia il campo nelle quattro direzioni degli spalti, applaudendo e venendo applaudita.

Imprevedibile? Per chi conta i numeri sì, meno per chi pesa gli uomini al netto del sudore lasciato sul campo. Il Catania ha corso e sbagliato. Segnato e subito. Mostrato non tutti i suoi pregi ma fino all’ultimo dei suoi difetti. I tifosi possono non aver gradito il finale, ma hanno comunque capito e premiato l’impegno. Alla lunga, farà la differenza. Ancor più lo farà, per il Catania, giocare in uno stadio acusticamente ritornato ai vecchi tempi, non i migliori ma comunque bei vecchi tempi. 

Giuseppe Puglisi.