Tra i campi dello Stivale non ancora presenti nella mia personalissima lista c’è anche lo Stadio dei Marmi di Carrara. Un impianto che sin da piccolo ho guardato con una certa curiosità – attraverso giornali e sintesi del compianto C Siamo – per la sua particolare conformazione. Facendomi due conti, scrutando le tifoserie presenti nel Girone B e realizzando che alle falde della Alpi Apuane da qui a fine stagione non sono rimasti tanti incontri “frizzanti”, decido di spendere questo venerdi pre natalizio sul treno, per raggiungere la parte nord della Toscana. Un viaggio non proprio breve, considerata la distanza che intercorre tra Roma e Carrara (circa 400 km).

Ho sempre amato viaggiare in treno nei giorni che precedono le festività. In un’Italia abituata a emigrare, tornare a casa e muoversi forsennatamente da Nord a Sud, questi giorni rappresentano il massimo del caos e del giubilo anche all’interno dei vagoni. Persino sul mio Regionale per Pisa si respira aria di festa. Malgrado le sue quasi quattro ore di percorrenza, che almeno mi danno l’effimera gioia di vedere a sprazzi la costa tirrenica e il suo mare agitato.

Dal momento in cui scelgo di partire, mi pongo anche l’obiettivo di realizzare un piccolo giro in città. Il centro storico di Carrara è distante qualche chilometro dal suo scalo ferroviario – posizionato nella frazione di Avenza – e per raggiungerlo mi servo di un comodissimo autobus, che in un quarto d’ora mi porta a destinazione.

Fuori dai grandi circuiti turistici, arroccata a pochi passi dalla Liguria e inglobata in territorio emiliano fino al 1870, questa città mi lascia subito affascinato per il suo spirito battagliero e ruvido che emana. Qua e là sono attaccati volantini che perorano lotte anarchiche ad appannaggio dei lavoratori delle cave di marmo e dei contadini, numerose scritte di carattere politico campeggiano sui muri dei vicoletti e una libreria anarchica spicca nel cuore della piazza centrale, dove lo stupendo Duomo di Sant’Andrea si staglia con la sua possanza, neanche a dirlo marmifera. Curiosità: l’anima solidaristica carrarese è tangibile anche all’interno di questa chiesa, con una vera e propria biblioteca costituita da libri regalati dai cittadini e consultabili gratuitamente.

In un centro famoso nel mondo, sin dal tempo dei romani, per l’estrazione del marmo, non poteva che vigere uno spirito ribelle, di chi evidentemente ha sempre cercato di difendere i propri diritti e di chi la working class la deve avere nel sangue. Ma in particolar modo Carrara è una vera e propria culla dell’anarchismo sin dalla fine dell’800. Una corrente di pensiero nata e sviluppatasi tra i cavatori e appoggiata dal resto della cittadinanza, un tessuto operaio granitico e in grado di organizzare storiche rivolte e grandi resistenze al padronato. Si narra, addirittura, che diversi esuli politici provenienti dal Belgio e dalla Svizzera, fondarono qui il primo gruppo anarchico nel nostro Paese, trovando ovviamente terreno fertile.

La città, inoltre, essendo posizionata esattamente sulla Linea Gotica, è stata segnata da pesanti rappresaglie e guerriglie durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale. Altro arco temporale in cui i carrarini si sono contraddistinti per la difesa del proprio territorio, dimostrandosi popolazione arcigna e turbolenta. Del resto che questo sia un punto di passaggio ce lo narrano il suo nome e la sua araldica. Il suo toponimo si riferisce al latino Carrāria (via), stando a indicare il luogo dove erano di transito i carri, mentre il simbolo è una ruota in cui è inciso il motto Fortitudo mea in rota. Ruota che è rappresentata anche nel rosone apposto sulla facciata del Duomo.

A guardarla in questo pomeriggio di fine dicembre, poco prima dell’ora di pranzo, con poca gente in giro, Carrara sembra voler urlare – dall’alto delle sue strade, delle sue piazze e del suo fascino trasandato – di esser ancora sé stessa. Vuol riportarci indietro di qualche anno, guardando a distanza le sue spiagge che muoiono sul Tirreno nella frazione di Marina e che rappresentano un mondo lontano. Ben più distante della manciata di chilometri che in realtà intercorre. In questo fazzoletto di vita urbana impegnata, in queste botteghe che sembrano aver abbassato le serrande per sempre e in questi ciottoli che delineano stradine, alcune delle quali sfociano sui ponticelli che sovrastano il torrente Carrione. Rapido e ripido corso d’acqua che scendendo dalle Alpi Apuane attraversa la città, gettandosi poi nel Mar Ligure.

Mentre mi addentro negli ultimi vicoli noto che si è fatta l’ora di incamminarmi verso lo stadio. Un ultimo sguardo ad alcuni ragazzi che ravvivano il pomeriggio sorseggiando vino e poi, in men che non si dica, sono nuovamente sull’autobus. Lo Stadio dei Marmi (che dal 2005 è intitolati ai quattro campioni olimpici carrarini Libero Marchini, Achille Piccini, Paolo Vannucci e Bruno Venturini, ma che io continuerò a chiamare con il nome tradizionale) è uno di quei luoghi ancestrale del calcio italiano. Eretto completamente in forma circolare, pochi gradini a disposizione e infossato tra il centro cittadino e la frazione di Avenza. Un impianto che per certi versi somiglia a quello della vicina Massa e che può ovviamente solo piacere a chi ama un certo tipo di calcio. Non certo quello degli Juventus Stadium o delle poltroncine ben curate. Uno stadio che si sposa appieno con lo spirito della città, direi.

Avvicinandomi mi imbatto nei ragazzi della curva, che stanno celebrando il pre partita a suon di bomboni, fumogeni e torce. Ciò che purtroppo, qualche metro più in là, è severamente punito da leggi prive di buon senso e utili solo a far cumulo nel già pesantissimo fardello legislativo in tema di manifestazioni sportive. Provo sempre molta rabbia nel non poter vedere un sano e folkloristico fumogeno accendersi in curva, ucciso dalla vomitevole burocrazia che troppo spesso dilania il nostro Paese.

Negli ultimi anni ho un po’ perso di vista le varie evoluzioni del tifo carrarino. Quindi ammetto di arrivare un po’ disinformato a questa partita. Certo, anche io nella mia vecchia collezione di sciarpe ho annoverato quella del Commando Ultrà Indians Trip e anche io nel CUIT ho identificato la storia del tifo locale, seguendone da piccolo le gesta su Supertifo. Oggi quel gruppo (come anche tutte le altre sigle storiche) fa parte del passato, un passato che è ovviamente storia e cha ha lasciato in eredità un movimento ultras comunque importante e in grado di rigenerarsi, sebbene storicamente non abbia mai avuto nei numeri la principale peculiarità.

D’altro canto, però, parliamo di una tifoseria che ha sempre onorato le principali rivalità ed ha sempre portato avanti una linea coerente con il proprio modo d’essere (vedi discorso tessera del tifoso). Quest’oggi all’interno dello stadio c’è un nucleo più corposo che segue nel settore storico del tifo giallazzurro dietro lo striscione Curva Nord Lauro Perini (i caratteri sono quelli storici del CUIT e il richiamo è ovviamente al mitico capo ultras scomparso nel 2001), mentre in gradinata una manciata di ragazzi si apposta dietro la pezza Settore 1908.

Nel settore ospiti trovano posto circa duecento cesenati. Un numero più che dignitoso considerato il turno infrasettimanale, l’orario assurdo (14:30) e la distanza non propriamente snella (300 km).

A proposito di orari assurdi. Mi si permetta di definire ridicola la dovizia con cui il rappresentante della Lega ha appuntato e fotografato lo striscione esposto dagli ultras carrarini su questa tematica. Nulla di violento o provocatorio, ma solo una verità incontrovertibile: “Questi orari hanno rotto il calcio”. Tante volte ci si chiede perché la Serie C sia ridotta all’osso, seguita da poche persone e caratterizzata da decine di fallimenti ogni anno. Beh, in questi atteggiamenti presuntuosi, biechi e totalmente inutili c’è gran parte della risposta!

Tornando agli spalti: l’ingresso del contingente romagnolo fa nascere alcune scaramucce verbali e gestuali tra le due tifoserie, ma il tutto si limita a qualche coro e nulla più. Non c’è simpatia tra le due fazioni e questo va sempre bene per chi, come me, è interessato al confronto curvaiolo. Inoltre quando si è al cospetto dei cesenati, si ha quasi sempre la certezza di assistere a una bella prova di tifo. E anche oggi ciò non sarà smentito. Tanti bandieroni, due sciarpate, voce sempre in alto e varie manate a rendere la loro prestazione di ottimo livello. Una piazza come quella bianconera rappresenta da sempre una boccata d’ossigeno per il movimento ultras italiano. Anch’essi hanno avuto momenti di stanca, chiaro, ma complessivamente la Curva Mare è uno di quei contesti che per tifo, colore e aggregazione ha sempre mantenuto livelli più che dignitosi. E in un campionato combattuto punto a punto con le prime della classe, anche il pubblico può diventare un fattore determinante.

Su fronte casalingo rimango piacevolmente impressionato dalla prestazione della Curva Nord. I ragazzi di Carrara si impegnano sin dal primo minuto con battimani e cori tenuti a lungo. Noto che per l’occasione non ci sono tamburi e megafoni, immagino sia una scelta legata al non voler chiedere autorizzazioni di ogni tipo (o a qualche strambo divieto imposto dalla questura autoctona). Tuttavia la coordinazione dei presenti c’è e si riverbera in una performance significativa, che viene premiata nel finale dal pareggio della Carrarese che fissa il punteggio finale sull’1-1.

Ultime schermaglie tra le due tifoserie e poi squadre a ricevere i rispettivi applausi. La pioggerellina finissima, caduta di tanto in tanto, ha lasciato ora spazio a un venticello gelido, proveniente dalle innevate Alpi Apuane. Il panorama è di quelli mozzafiato, che lasciano davvero la voglia di visitare la magnificenza naturalistica che circonda questi luoghi. Forse ci dimentichiamo troppo spesso della bellezza in cui siamo quotidianamente immersi da Nord a Sud, tanto vale rinfrescare la memoria!

Il mio treno di ritorno si avvicina, ma voglio dare un ultimo sguardo alle pittoresche gradinate dello Stadio dei Marmi. Ora quasi vuote e ancor più fascinose. Ma anche qua la burocrazia ci mette lo zampino e mentre perdo tempo alla ricerca di un biglietto per la mia collezione, un solerte steward mi invita a lasciare lo stadio. È così ovunque, e come ripeto sempre: questi omuncoli in pettorina gialla sono uno dei peggiori prodotti del calcio contemporaneo, figure inutili e che – spesso e volentieri – riescono solo a confondere le idee, non dando mai un’indicazione corretta ma risultando inopportuni e fastidiosi all’evenienza.

Il buon Valerio mi dà un passaggio fino a Livorno, poi da là rimonto sul mio amato Regionale che lentamente mi scorrazza fino a Roma. Torno a casa soddisfatto, con la certezza di aver vissuto a pieni polmoni una realtà particolare e dal sapore retrò. E sebbene questo racconto arriva molto dopo la fine del match, credo che emozioni e sensazioni siano rimaste intatte. E valevoli di esser raccontate!

Simone Meloni