Se dicessi che Savona è bellissima sarei esagerato ma, in fondo, credo non mentirei. Un centro storico che è un dedalo di vie strette e colorate, la fortezza, il porto e una periferia che scompare all’improvviso e diventa montagna. Savona è tutta qui.

Ma affascina, come solo una città italiana può fare, perché ovunque si vede il bene e il male, il bello e il brutto del nostro paese. Tutto a stretto contatto. Il cemento, vero cancro ligure, e la bellezza dei portici in via Paleocapa. Le macchine che non finiscono mai e il mare che sbuca all’improvviso.

Studiando, leggendo, viaggiando, mi sono accorto che esistono due diverse Italie. C’è un’Italia reale che qualcuno vuole combattere ed una forzatamente immaginata.

Siamo, per formazione, un popolo borghese. La generazione di cui sono figlio è cresciuta, e ci ha cresciuto, nell’ombra del mostro americano e questo ha portato ad un appiattimento culturale che ha snaturato il nostro paese.
L’obbiettivo è quello di far mangiare, bere, leggere, parlare, pensare tutti allo stesso modo. Da nord a sud. E non mi piace.
Quindi tutte le volte che riesco a toccare con mano qualcosa che resiste, nonostante tutto, semplicemente, respiro a pieni polmoni.
Capita infatti di perdersi in centro città e finire per caso in un posto che somiglia più alla taverna di mio nonno, dove sono cresciuto, che ad un ristorante. Dove friggono farina di ceci e frittelle con il baccalà e dove si beve vino senza etichetta. E capita che qualcuno, appena conosciuto, si offra di portarti allo stadio in macchina.
E che poi dentro, nonostante le macerie di gestioni societarie scellerate, calcioscommesse e penalizzazioni, ci sia gente che ancora ci prova e ancora ci crede.
Bene Vecchio Stampo/Pessimi Elementi, molto bene la Brigata che, proprio accanto a me, sembra divertirsi alla grande aldilà del risultato.
Aquilani a ranghi ridotti ma compatti,rumorosi e colorati. Un piacere per gli occhi.

Alla fine vincono gli ospiti 2-1 ma da entrambe le parti il risultato sembra importare poco.
Io torno a piedi verso la stazione e il destino mi premia facendomi trovare il regionale per Torino pronto al binario cinque.
Non riesco a dormire però. Nonostante la stanchezza mi godo con l’ultimo sole le cartoline di provincia che mi offre il finestrino.
Fotografie di paesi che non conosco ma somigliano così tanto al mio e sono i segni di quell’Italia di cui si parlava prima.
Un’Italia reale di cui nessuno sembra volersi ricordare ma che rappresenta storia, linfa e cuore di tutto quello che siamo.

Gianluca Pirovano.