Non è certo l’attrattiva per il confronto ultras a richiamarmi al “Manuzzi”, quanto la curiosità di vedere come e se il fuoco che la piazza covava evidentemente sotto la cenere, potesse essere in qualche modo divampato, dopo l’importantissima vittoria corsara di Reggio Emilia in infrasettimanale e per l’arrivo dell’attuale capolista Fiorenzuola.

Il patto di reciproco impegno e rispetto che regge qualsiasi rapporto fra una squadra e la sua tifoseria, sembra essersi rinsaldato con le ultime prestazioni del Cesena, senza dubbio in ascesa dopo un inizio più che altalenante. Ottimo il colpo d’occhio dello stadio con la Curva Mare che torna a riempirsi lasciando giusto qualche vuoto ai lati dell’anello inferiore. Complessivamente i dati ufficiali diffusi dalla società a fine primo tempo, parlano di 8.361 spettatori di cui poco più di 6.000 sono gli abbonati.

Attestati di fedeltà firmati in bianco (quelli degli abbonamenti, s’intende…) e partecipazione generale che dimostrano come la fame di calcio e l’attaccamento alla rappresentativa della propria terra non siano esclusiva solo di certe realtà, solo in certe categorie o solo in determinate aree geografiche. Per restare in termini di partecipazione diffusa, da sottolineare ad inizio gara un grosso bandierone nella zona del Coordinamento Club ricavato da strisce di stoffa accostate fra loro per celebrare i 50 anni di attività.

Il settore caldo del tifo cesenate invece, persevera nella linea della sobrietà dal punto di vista coreografico, ma senza lesinare in colore: ancora una volta l’ingresso delle squadre in campo è salutato dall’ampia e tradizionale sbandierata che poi contraddistinguerà costantemente tutto il resto della gara. La gara appunto contro l’attuale prima in classifica sarà pure importante in termini sportivi, ma non si registra nessuno scatto in avanti in termini di coreografie: volendo la si può leggere come una richiesta di conferme e continuità da parte dei giocatori in campo, prima di sbilanciarsi oltre.

L’inizio è accompagnato anche da una piccola sbandierata del settore ospiti. Trattasi di una decina di persone che limitano a ciò la loro presenza, senza alcun’altra forma di tifo organizzato successiva.

La prima parte è su buoni livelli per i bianconeri, con un bel tifo sempre coadiuvato da bandiere e bandieroni e diversi battimani. A ricaricare l’abbrivio iniziale proprio quando sembrava andasse esaurendosi, ci pensa la bella rete di Albertini al 22′ che non solo rilancia il sostegno della Curva ma l’aiuta anche a guadagnare qualche decibel in più. Peccato solo che a stretto giro, dopo poco più di cinque minuti, l’estremo difensore cesenate Tozzo si faccia scappare la palla di mano dopo un calcio d’angolo, venendo prontamente castigato dal tap-in del rossonero Mastroianni.

La Curva Mare punta su un ripetuto e qualche coro secco per tenere compatti i ranghi ma la prima frazione va declinando con un tifo che inevitabilmente perde qualcosa in termini di potenza, pur restando sempre entro margini più che dignitosi, anche per quel che attiene alla continuità. Il secondo tempo invece, inizia con uno striscione esposto in balaustra con cui anche gli ultras rendono omaggio ai 50 anni del Club Tartari, primo club di tifosi in città, altra dimostrazione che al di là delle logiche prettamente curvaiole, il Cavalluccio marino ha radici e tradizioni consolidate nella comunità locale che gli stessi ragazzi di curva, ferme restando le differenze, rispettano.

Con la squadra che si butta avanti a testa bassa e gli avversari che arretrano il proprio baricentro cercando di pungere in contropiede appena possono, l’ambiente percepisce che è il momento di spingere sull’acceleratore e si scalda un bel po’, con lo zoccolo duro che, spesso e volentieri, riceve manforte da tutto il resto dei presenti, raggiungendo picchi finalmente davvero importanti. Non che nel primo tempo il tifo sia stato disprezzabile, intendiamoci, ma i secondi quarantacinque giri di lancette restituiscono molto più fedelmente la cifra e il potenziale di questa tifoseria.

Fra diversi fumogeni che si accendono in ordine sparso, come focolai di speranza, i minuti scorrono inesorabili mentre gli assalti del Cesena in campo si susseguono più su un livello emotivo, se vogliamo usare questo termine, sulla determinazione agonistica insomma, che non sorretti dalle idee o dalle fitte trame di gioco. Però la squadra del tecnico Mimmo Toscano indubbiamente c’è e resta costantemente in partita senza sfilacciarsi mentalmente. Nel più perfetto dei binomi anche la Curva Mare c’è, tanto che questa parte di incontro diventa un crescendo rossiniano entusiasmante per la potenza espressa, un livello che personalmente non trovo clamoroso ma perfettamente in linea con quelle che sono le capacità, i numeri e la storia della Cesena ultras. Un tifo che mi piacerebbe vedere sempre ma che oggettivamente capisco sarebbe umanamente folle, se non impossibile, proporre costantemente per novanta minuti o per più e più partite.

Squadra e tifoseria praticamente si caricano a vicenda, con le giocate dell’una che alimentano i cori dell’altra e viceversa, ma non c’è verso di spezzare l’equilibrio che regna in campo. Quando tutti danno tutto, l’epilogo non può che essere un applauso collettivo per aver provato fino alla fine a sfidare la sorte. Sarebbe stato bello anche così ma proprio mentre lo pensavo, arriva la ciliegina sulla torta a chiudere questa giornata rendendola perfetta. Il Cesena infatti guadagna un rigore in pieno recupero per una plateale ribattuta di mano del giocatore del Fiorenzuola Currarino su tiro in porta di Udoh. Sul dischetto si reca Corazza che la butta alle spalle dell’estremo avversario nonostante lo stesso avesse intuito. Ma quando c’è tutto uno stadio che spinge su una palla del genere, fermarla sarebbe stato davvero difficile.

Di lì a poco sopraggiunge il triplice fischio finale (con il Cesena che stava ripartendo in velocità verso la porta lasciata sguarnita dal portiere buttatosi in avanti per un calcio d’angolo, ma vabbè…). La chiusura definitiva del cerchio è il saluto alla squadra con la sciarpata, ultimo elemento mancante di giornata, che si leva in cielo sulle note di “Romagna mia”. Musicalmente lontanissime, eppure l’eco prodotto è quello di “Perfect day” di Lou Reed. Nulla poteva andare meglio, tanto di capello.

Matteo Falcone