Un derby è sempre un derby, comunque la si voglia mettere. A rigor di etimologia, saltando a piè pari Edward Stanley conte di Derby e le sue corse di cavalli, il lemma ha trovato diffusione nella nostra lingua attraverso il calcio e da qui registrato in tutti i dizionari per indicare, estensivamente, una “gara molto importante tra due squadre della stessa città o regione, o anche tradizionalmente rivali”, citando il “Grande Dizionario Hoepli”. Poco importa se nella retorica del tifoso ci sarà sempre chi snobberà questa o quell’altra squadra o tifoseria per ragioni di lignaggio, evocando ben altri derby e avversari da cui a loro volta saranno snobbati. È un gioco delle parti comprensibile, spesso usato a fini contundenti contro l’avversario che il più delle volte, in senso uguale e contrario, riverserà nella stessa sfida un carico di aspettative e di motivazioni altissime.

Un derby è sempre un derby e questo derby fra romagnole – come un po’ tutto il calcio in senso lato fa sempre – racconta anche tanto della terra che rappresenta. Lo racconta già di per sé abbastanza bene il solo Cesena: “Dal mare alla montagna c’è tutta la Romagna” direbbe un suo inno, avendo avuto infatti la “fortuna” di giocare in Serie A con una certa frequenza negli aurei anni ’70 e ’80, ha finito per esercitare un inevitabile magnetismo verso tutto il circondario, divenendo appunto una sorta di “Nazionale della Romagna”, prendendo a prestito la definizione da un caro amico. Che poi “fortuna” non è l’aggettivo adatto, considerato che da questa compagine sono usciti fuori innumerevoli calciatori di grande talento, quindi tutto va ricondotto ad una più virtuosa competenza e gestione tecnica. Su quella finanziaria soprassediamo, che il fallimento del 2018 è una ferita ancora aperta da queste parti. Questa prevalenza calcistica bianconera non è però mai diventata totalizzante o escludente e fra gli altri exploit sportivi in regione, tutti gli appassionati di calcio ricorderanno sia il Ravenna di Guidolin che appunto il Rimini, che riuscì ad arrivare in Serie B già nel 1975-76 subendo forse maggiormente, in quel caso, il cono d’ombra del Cesena allora in Serie A. Più fortunata l’ultima parentesi in cadetteria fra il 2005 e il 2010 che vide i biancorossi giocarsela alla pari con i cugini, divenendo addirittura per un certo periodo i primi in Romagna e rosicchiando ai bianconeri retrocessi in C, pure qualche tifoso in zone come Santarcangelo di Romagna, storico feudo cesenate che invece ha cominciato ad essere rappresentato anche nella Curva Est di Rimini. Processo che chiaramente parte da un po’ più lontano, sia cronologicamente che demograficamente.

I riminesi nel cliché ad uso campanilistico sono i “bagnini”, quelli che devono cioè il proprio benessere al turismo, “bagnini” che poi trovi pari pari anche dall’altra parte, in tutta quella folta rappresentanza di tifosi provenienti dai paesi della Riviera: Cesenatico, Bellaria, Cervia, ecc. Un luogo comune racconta anche una verità ma dimentica tutte le altre e questa è un po’ la condanna con cui la più nota meta del turismo balneare ha da tempo a che fare, con il “divertimentificio” che spesso eclissa la parte Malatestiana della città, la sua Rocca, il Tempio di Leon Battista Alberti, gli ampi lasciti del passaggio romano, l’Arco di Augusto, il Ponte di Tiberio, l’Anfiteatro, la Domus del Chirurgo, il Borgo San Giuliano che conserva molto di quella cartolina tratteggiata da Fellini. Rimini è davvero troppo bella per essere apprezzata o scoperta da quel turismo di massa obnubilato dai pacchetti vacanze o dalle offerte degli operatori turistici. I cesenati sono invece i “cugini di campagna” per il volgo, fondandosi l’economia locale sull’agroalimentare (produzione e conservazione) anche se, come detto, allo stadio convergono da tanti posti diversi, a partire dalle alte Marche fino ad Imola, alle porte dell’odiata Bologna, e fra le storie di successo di questi posti ci sono brand del lusso, soprattutto calzaturiero, wellness company, colossi della grande distribuzione; mentre perdendosi fra i ciottoli e i porticati del centro cittadino, superata la Barriera Cavour, oltre il Palazzo del Ridotto e Palazzo Ghini, si possono trovare tanti tratti in comune con la vicina Rimini, a partire dalla Rocca Malatestiana che affaccia nella centrale Piazza del Popolo e passando per il Ponte Romano sul Savio, come poi è logico che avvenga in territori dai confini permeabili in cui finiscono per essere condivisi non solo gli aspetti architettonici ma anche le identità sociali. È alla fine un derby fra consanguinei, fra dei Caino e Abele che hanno pur sempre un patrimonio genetico, storico e culturale in comune. E che s’ammazzerebbero volentieri, beninteso. Sempre metaforicamente parlando, aggiungiamolo, che in tempi di isteria sul linguaggio politicamente corretto passa tutto come apologia della violenza.

Tornando alla stretta attualità, approssimandomi al “Dino Manuzzi” il clima che si respira è da subito quello di un derby caldo e verace. Già dalla Via Emilia, dove lunghe e lente sono le code verso lo stadio. Intorno all’impianto invece, imponente è il servizio d’ordine come non lo si vedeva dai tempi della massima serie, anche se già per strada qualche problema e contatto fra le due parti si registra ugualmente. Ne parleranno ampiamente le cronache dei giorni seguenti e comporterà il solito alto costo in termini di diffide, trasferte vietate e lezioni morali inutili. Bombe e cori subito ostili segnalano l’arrivo degli ospiti mentre anche io guadagno l’accesso. Dentro l’antifona è altrettanto chiara ed era già ampiamente annunciata dai dati del botteghino che parlano, secondo le stime ufficiali diffuse dalla società di casa, di 14.023 spettatori, dei quali 2.010 sono quelli provenienti da Rimini. Pochissimi gli spazi vuoti in generale, tante le presenze anche nei distinti e pure la zona dei casual cesenati si presenta con molti più numeri del solito, oltre a diversi cori nella parte iniziale di gara, per lo più contro i riminesi, anche se poi, in linea con il loro modo di intendere e seguire la gara, lasceranno spazio a poche repliche.

Se il prepartita è vissuto con piglio vivace e aggressivo dagli ospiti, i padroni di casa vivacchiano riservando giusto qualche bordata di fischi ai cori più insolenti degli avversari, mentre un primo striscione in zona WSB paragona ironicamente i riminesi all’inviso preparatore dei portieri Cristiano Scalabrelli, chiamato dalla proprietà americana nonostante il netto veto della tifoseria, figlio del suo passato da calciatore in cui gli vengono addebitate pesanti colpe, e non solo calcistiche, per un Cesena-Cosenza finito 3-3 e che costò la retrocessione in C al termine della stagione 1999-2000.

In attesa che i ventidue facciano capolino dagli spogliatoi, nelle rispettive Curve spuntano invece le pezze delle tifoserie gemellate: Civitanova con i riminesi e Stoccarda, Peterborough United e Curva Nord Brescia con i padroni di casa. Bolle in pentola qualcosa dalla parte riminese, con diverse bandiere che vengono distribuite in tutto il settore, più quieta la Mare che però scalda i motori con una bella sciarpata sulle note di “Romagna Capitale” di Raoul Casadei, che i riminesi rintuzzano bene con cori secchi molto partecipati ma quando il resto del pubblico si accoda al nucleo centrale è davvero difficile da arginare. Il tenore del confronto è molto, molto alto in queste fasi iniziali proprio da un punto di vista della potenza. Quando finalmente le squadre entrano in campo, subito dopo il minuto di raccoglimento per la scomparsa di Gianluca Vialli, la Curva Est formato trasferta sfoggia un ottimo colpo d’occhio grazie a tante bandiere biancorosse a scacchi. Semplice come coreografia (come siamo abituati a chiamarla negli stadi, o scenografia come direbbero i più pignoli) ma molto impattante e ben riuscita. I cesenati invece offrono il solito stuolo di bandieroni, bandiere e due aste con cui da qualche gara si presentano puntualmente, con in più l’aggiunta della pirotecnica. Anche qui è elevata sia la semplicità d’esecuzione che la resa della coreografia stessa.

Pronti, via! Inizia una vera e propria battaglia, tanto sugli spalti quanto in campo, dove i giocatori aggiungono ulteriore agonismo e sale in questa sfida, mettendo sempre il piede in ogni contrasto e grugno cattivo, o talvolta anche mani, addosso agli avversari. Il Cesena è la squadra sulla carta favorita ma il Rimini se la gioca senza remore e ne viene fuori una partita piena di emozioni, che fomenta gli spalti e ne viene reciprocamente fomentata. Il primo quarto d’ora è letteralmente spettacolare ma poi l’abbrivio va esaurendosi e le attenzioni per gli eventi di gioco, distraggono più di qualcuno fra i presenti. Mentre i giocatori fanno a sportellate, gli ultras continuano a confrontarsi a suon di decibel. Il primo tempo è una ridda di cori, battimani, colore che divora il tempo come se i minuti fossero secondi portando in un battito di ciglia al secondo tempo.

Molto più statico il secondo tempo, con preoccupazioni per la partita inchiodata e tifo canoro che si influenzano in maniera inversamente proporzionale. Chiaramente più colpita è la tifoseria cesenate, la cui squadra è chiamata obbligatoriamente a vincere per restare nel solco della capolista Reggiana, mentre la possibilità di uno sgambetto, fosse anche solo parziale attraverso un pareggio, non dispiace ai riminesi che globalmente, o forse anche perché la postazione stampa è più vicina agli ospiti e ne sono inconsapevolmente condizionato, mi sembrano molto più in palla degli avversari. Per loro è un po’ la partita della vita e nonostante si trascinino dietro un sacco di occasionali, che poi latitano nel resto delle trasferte, bisogna dire che la partecipazione è pressoché totale, con pochi e giusto più ai lati che restano indifferenti ai battimani e ai cori lanciati dal centro del settore. Scollamento che è invece maggiore in Curva Mare dove è la parte superiore a tirare la carretta, mentre quella inferiore e le zone laterali seguono meno il tifo o lo fanno limitatamente a quelle zone occupate dai gruppi e dalle compagnie più attive, anche se poi – chiaramente – quando la voce diventa una sola, l’equilibrio si inclina in loro favore.

Come da prassi, davvero tantissimi gli sfottò, soprattutto da parte riminese, mentre i dirimpettai li scherniscono ignorandoli un po’, anche se il botta e risposta c’è, è mordace e si concretizza anche in una serie di striscioni contro, che fra i locali trovano ampia replica dalle Menti Perdute. Dopo che questi ultimi rompono gli indugi con “A Cesena in 2.100 a Pontedera con una Fiat 500”, dalla parte opposta battono sul vecchio tasto del Romagna Centro, la squadra da cui hanno rilevato il titolo per ripartire dalla D dopo il fallimento: “Vi credete il centro della Romagna ma siete solo il Romagna Centro”. Il successivo batti e ribatti parte dal cesenate “Curva Est-inta” e si chiude con i riminesi che con “Romagnoli in Curva Mare, Pesaresi in laterale” deprecano il legame dei Casual di stanza nel settore laterale con gli ultras della VL Pesaro di basket. Criptico al punto giusto l’ultimo atto a firma MP: “Riminese è un anno perfetto… quarto al mondiale ed in lotta scudetto!”, quanto basta per sfuggire ala classica reprimenda morale delle anime belle e senza macchia che da sempre fanno le pulci al mondo del tifo. In rima invece l’ultimo messaggio ospite che associa la tipica tristezza del lunedì alla provincia congiunta Forlì-Cesena.

Restano estranee alla tenzone cartacea le WSB il cui unico ulteriore striscione esposto è per sostenere un componente del gruppo alle prese con alcuni problemi personali. Quando invece i riminesi stavano già cominciando a farci la bocca, all’84esimo è Prestia a trovare la via della rete con una mezza girata non proprio raffinata stilisticamente ma efficace, che fa letteralmente esplodere lo stadio in un boato liberatorio e dà la stura al tifo, che si gode gli ultimi minuti più recupero in un crescendo di potenza e partecipazione che culmina al triplice fischio finale. Sciarpe, voci, mani, tutto e tutti per il Cesena che con questa vittoria continua a soffiare sul collo della Reggiana, in una sorta di remake della sfida testa a testa e fino all’ultima giornata che, nella scorsa stagione, vide sempre i granata emiliani soccombere al Modena poi promosso in Serie B. Alla speranza che i rivali possano ripetere due volte lo stesso errore ci si penserà in un altro momento, nell’immediato non c’è altro spazio che per l’entusiasmo e i festeggiamenti della squadra sotto il settore dei tifosi, in un abbraccio in cui l’ebbrezza si trasforma in altri cori, sciarpe stese al cielo e ultime rivendicazioni di primato regionale e sfottò verso gli avversari. Giornata davvero memorabile in cui il tifo è stato sicuramente buono ma ad ondate: bellissimo nel primo quarto d’ora, buono complessivamente nel primo tempo, un po’ in sordina nel secondo ed incontenibile nel finale. Concorre ad alimentare i toni memorabili, il contraltare costituito dai riminesi, dimostratisi a dir poco all’altezza dell’occasione e dei rivali: dopo che i Red White Supporters chiusero tristemente i battenti per lo stillicidio di diffide, serviva come l’aria un nuovo percorso che desse compattezza all’ambiente e bisogna dire che dal suo esordio a oggi, Curva Est Rimini sta facendo davvero ottime cose. Non è mai stata la quantità la loro peculiarità (anche se oggi hanno portato anche numeri bensì la qualità e la speranza è che sappiano trovare anche continuità nel lungo periodo, resistendo ad una repressione che in una città borghese come la loro, non è mai stata tenera con un movimento controcorrente come quello ultras.

Un derby è sempre un derby e questo è stato uno dei più belli di quelli personalmente visti fra Cesena e Rimini. Chiaramente non è la stracittadina milanese, non è il derby capitolino, non ha i contenuti di altri derby anche extra-regionali, ma contestualizzato è senza ombra di dubbio uno di quelli che ogni buon amante delle gradinate dovrebbe vedere almeno una volta nella propria vita.

Testo di Matteo Falcone
Foto di Matteo Falcone e Gilberto Poggi