Quando Emilia e Romagna si ritrovano contro non è mai, ma proprio mai un incontro qualunque. Lo riscopro con una certa meraviglia ogni qual volta mi illudo che questo o quello non sia proprio l’apice della rivalità intra-regionale o che qualche odio incrociato possa bagnare le polveri. Qualche avvisaglia in tal senso la ricevo già avvicinandomi allo stadio e trovandolo più blindato del solito, con volanti, camionette e agenti in tenuta antisommossa nei punti strategici. Trovare poi, o per meglio dire sentire gli spallini sul cavalcavia che porta al settore ospiti intenti a cantare subito cori contro i locali e “quello che loro chiamano mare”, sarebbe un po’ come il famoso terzo indizio che equivale ad una prova certa. Si preannuncia insomma un confronto bello rustico sugli spalti, per cui vale la pena guadagnare subito posto, anche in ragione del mio proverbiale ritardo che mi lascia poco altro margine per tentennare.

I cesenati sono una delle grandi tifoserie della provincia italiana, lo dice la tradizione. E la tradizione è banalmente conferma nel tempo di numeri e qualità, a prescindere dai mutevoli eventi del campo. Checché succeda Cesena risponde sempre presente. Anzi è tutto il comprensorio romagnolo a farlo, incluse le alte Marche per arrivare fino alle porte di Bologna. La riprova sono i 14.022 spettatori presenti quest’oggi, in infrasettimanale. O ancora più emblematico è il dato degli abbonati, 6.534 a fronte dei 6.052 dello scorso anno in cui la squadra era partita teoricamente per vincere il campionato. Da allora si sono succedute la seconda eliminazione consecutiva ai playoff per mano del Lecco, dopo quella disastrosa dell’anno prima contro il Monopoli, poi tante polemiche alla dirigenza statunitense e ai loro luogotenenti in loco, senza escludere nemmeno certi nomi poco graditi alla piazza inseriti in area tecnica. In ultima battuta quest’anno sono anche aumentati i prezzi degli abbonamenti e non meno fastidio hanno provocato le recenti scelte di cambiare la gestione dei bar all’interno dello stadio, con i disservizi e gli aumenti conseguenti, e soprattutto di installare una rete divisoria davanti alla Curva Mare, ufficialmente perché sarebbero stati trafugati troppi palloni. Una querelle un po’ sterile che ricorda vagamente Lotito all’epoca della presidenza della Salernitana, e che lascia perciò il retrogusto della rappresaglia.

Per quanto comunque i bianconeri di casa siano una certezza e osservandoli sul lungo periodo si corra un po’ il rischio di assuefarcisi trovando ordinaria la loro straordinarietà, resta la curiosità di registrare l’evoluzione del loro percorso in una stagione che, sotto un profilo squisitamente qualitativo, li sta confermando su livelli sicuramente superiori rispetto alla precedente.

La curiosità più grande però è quella di rivedere all’opera da vicino gli spallini. Avendo seguito tutta la parabola ascendente dalla D, prima della nascita del progetto “Otto Settembre” (fresco di decennale), quando l’onere del sostegno era rimasto sul groppone di pochi volenterosi, fino ad arrivare alla Serie A con il Mazza pieno come un uovo, mi domando ora come stanno reagendo al doppio salto carpiato indietro che li ha riportati in C. Oltretutto con la crisi tecnica della loro compagine che non accenna ad arrestarsi, così come – anche nel loro caso e in maniera ancora più aspra – le polemiche incrociate con una delle tante proprietà statunitensi del nostro calcio.

La prima risposta è quella numerica che ritengo non clamorosa in senso assoluto, ma comunque ragguardevole se rapportata a quanto fin qui detto: 692 i biglietti venduti in quel di Ferrara per questo incontro di mercoledì sera (altra attenuante da tenere in conto). Al di là dei numeri colpiscono per il piglio aggressivo con cui da subito si propongono. Oltre ai già riportati cori contro i dirimpettai che si ripetono anche dentro le mura dello stadio, si spendono con una buona serie di canti dedicati alla propria squadra, seppur la sensazione sia che a smuovere i loro animi contribuisca più la maglia che gli atleti in sé ai quali anzi, fin da subito, fanno capire che il loro solo dovere è di tirare fuori gli attributi.

Buono il colore, garantito da diversi due aste e tre bandieroni, fra i quali quello recante il volto del mai dimenticato Federico Aldrovandi, al quale viene dedicato anche uno striscione esposto in balaustra, visto che proprio due giorni prima ricorreva l’anniversario della sua brutale morte per mano dello Stato.

La cosa che mi piace di più del contingente spallino è la compattezza del gruppo centrale e il fatto che la stragrande maggioranza dei presenti partecipi alla causa e si unisca alla voce della Curva Ovest. Purtroppo per loro però, in campo gli dice malissimo, con i biancazzurri che subiscono goal già al 2° minuto, alla mezz’ora circa il raddoppio e tutto ciò senza mai dare nemmeno lontanamente l’impressione di poter in qualsiasi modo reagire. All’inverso dei suoi ultras che metabolizzato il contraccolpo, riprendono a tifare quasi come se nulla fosse successo, tenendo lungamente alto sul finire della prima frazione un bel coro sulle note di “Kingstown Town” degli UB40.

Il copione è più o meno lo stesso anche nei secondi quarantacinque minuti, con la performance estense che perde fisiologicamente un po’ di forza ma resta sempre viva e continua (esposto fra l’altro uno striscione di incoraggiamento per “Pelo”), in barba ad una squadra evanescente in campo che al 78° subisce anche il 3 a 0 dai padroni di casa, giusto qualche minuto dopo che una bella sciarpata biancazzurra aveva colorato la Curva Ferrovia con in sottofondo il coro “Che sarà sarà…”.

Ferrara non molla, chiede a ragion veduta rispetto. Crede e urla a gran voce di meritare di più e non può certo consolarsi con il goal della bandiera che giunge al 89°, a giochi ormai irrimediabilmente fatti. In estrema sintesi, la loro è stata una grande prova d’orgoglio in cui hanno dimostrato nei fatti di essere a loro volta piazza di spessore e tradizione, sprecata in questa terza serie, figurarsi annaspando più prossimi ai bassifondi che alla vetta. Non hanno da par loro lasciato nulla di intento e fatto tutto quanto in proprio potere per tenere alto il nome della propria città e della propria squadra. È evidente che nel quadro generale della crisi attuale sono altri a doversi prendere delle responsabilità. La speranza a margine è che non venga dilapidato, per colpe non loro, tutto il buon lavoro fatto nel recente periodo di successi del proprio sodalizio e di cui proprio in questi momenti di difficoltà si vedono i frutti. Il sottostrato per resistere ce l’hanno ma il martirio sportivo sul lungo periodo sarebbe inaffrontabile per chiunque, quindi al quinto anno di disastri sportivi sarebbe pure ora che lassù, sul massimo soglio societario, qualcuno si dia una svegliata.

Tornando e chiudendo questa analisi sui Cesenati, l’impressione è che il filotto di vittorie dopo la primissima sconfitta di Olbia, abbia giovato dando loro una non indifferente iniezione di fiducia. Alti a prescindere i loro standard per la categoria, intendiamoci, ma se l’anno scorso c’era stato bisogno dei playoff o di qualche avversario particolare per risvegliare l’entusiasmo generale, quest’anno il tenore del loro tifo appare da subito più alto. Molto più ampia la partecipazione all’anello superiore, dove anche nei momenti di stanca le mani in movimento si contano dalla zona Sconvolts fino al margine destro delle WSB, dove stazionano Menti Perdute, Nameless e co. Molto bene anche il tifo della parte bassa, con i soliti Screwies e Viking che tirano la volata ma questa volta appaiono meno isolati e distanti, visto che in tanti, nel mezzo e di lato a loro, contribuiscono al sostegno per il cavaluccio marino.

Buono nel complesso il colpo d’occhio cromatico, tante come sempre le bandiere e i bandieroni, costantemente tenuti alti al cielo. Tanti i battimani e non manca nemmeno la pirotecnica che rimane più timidamente occultata in mezzo ai presenti, giusto per evitare le solite ripercussioni legali, davvero stupide quando l’uso della stessa si limita alla pura coreografia. Si vede anche uno striscione ad inizio gara per Federico esposto dai Viking, presumibilmente un neonato tifoso bianconero, stesso lasso di tempo in cui “Avanti Sconvolts” fa capolino nell’angolo di Curva Mare occupato dal gruppo omonimo, sottolineato da un paio di suggestive torce.

Nel solco della italica usanza, sono diverse le sciarpate sulle note dei grandi classici romagnoli. Un po’ troppo “telefonato” risulta “Romagna Capitale” che, con gli altoparlanti dello stadio a palla, perde di spontaneità e bellezza. Se però si può arrivare a capirlo e perdonarlo, risulta invece davvero assurdo che dopo un goal, all’apoteosi della gioia collettiva, debbano annichilire e strozzare l’urlo della folla con una raccapricciante musichetta manco fossimo in NBA o da qualche parte dove necessita sopperire al silente pubblico con la bocca ricolma di popcorn e coca cola.

Anche Cesena merita di più e magari va a finire che proprio nell’anno in cui tutti meno se l’aspettano, riesca a raccogliere il bottino massimo. Certo il campo resta sempre un giudice imprevedibile e talvolta severo, però sarebbe una bella vittoria cominciare almeno a trattare i tifosi bianconeri per il patrimonio prezioso che rappresentano e non solo come stupidi clienti o figuranti di una patetica pantomima.

Testo di Matteo Falcone
Foto di Matteo Falcone e Giangiuseppe Gassi

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