Modena-Cesena-Serie-B-2015-16-23

Modena è un campo che copriamo sempre con le nostre cronache del tifo. C’eravamo anche nel recente derby emiliano-romagnolo contro il Cesena, uno di quelli che ancora risvegliano vecchie passioni del calcio che fu, quello agli antipodi dell’asettico e castrato spettacolo odierno a solo beneficio di consumatori senza identità e senza volontà.

Ci aveva colpito, nell’interposta persona del nostro inviato sul campo, un drappo dell’Indar Gorri dell’Osasuna di Pamplona con cui gli stessi Cesenati sono legati da un vecchio e saldo vincolo d’amicizia. L’immediata, quasi automatica conclusione porta a pensare ad una presenza dei fratelli baschi al loro fianco in una partita come questa, dall’alto valore storico ed ultras.

Peccato veniale, l’abbiamo dato per scontato ma non era propriamente così. In seconda battuta abbiamo appreso e intendiamo perciò dare più ampio risalto alla vicenda che è consequenziale a dei recenti e nefasti fatti di cronaca che hanno visto coinvolto il gruppo basco. Fatti di cui ovviamente non s’è minimamente curata la nostra stampa, ma non si può certo biasimarla per questo visto che già male lo fa quando si tratta di tifosi italiani, per cui avventurarsi su terreni poco familiari non dovrebbe essere per loro affatto agevole.

Oltretutto non di meno hanno saputo fare i loro colleghi iberici, non hanno saputo ovviamente presentare la notizia spoglia dal sensazionalismo o smarcarsi dal ruolo di acritica cassa di risonanza dell’ufficio stampa della Policia Nacional e della Guardia Civil ma tant’è.

Veniamo ai fatti: il drappo dell’Indar Gorri e l’Ikurrina, la bandiera Basca, non erano state esposte dai legittimi proprietari, non denotavano una loro presenza la fianco dei Cesenati, bensì era un gesto di amicizia e di vicinanza degli stessi Romagnoli per l’inaudita e feroce repressione che ha travolto il gruppo al seguito dell’Osasuna.

Agli inizi di febbraio, proprio Policia Nacional e Guardia Civil hanno dato seguito esecutivo alle indagini condotte da mesi dalla Corte di Pamplona in merito ad episodi di violenza che hanno visto coinvolti membri dell’Indar Gorri a danno di varie tifoserie avversarie. Gli arrestati (poi ovviamente rilasciati…) sono stati 18, tutti maggiorenni, il più grande di 36 anni. Il giudice istruttore ci ha tenuto a specificare che non si tratta di una operazione mirata contro gli “Indar Gorri” come collettivo, ma contro i suoi singoli afferenti che avrebbero violato la legge. Ad ogni buon conto, oltre alle accuse di lesioni personali a vario titolo, il capo d’imputazione più pesante è relativo più o meno al nostrano “associazione per delinquere”.

La cosa curiosa è che nell’ambito delle indagini, svolte in forma di monitoraggio durante alcune trasferte dell’Osasuna quali Oviedo, Santander, Bilbao, Elche, ecc. la “pistola fumante” che gli inquirenti hanno poi sbandierato sui giornali come simbolo del loro indiscutibile trionfo “las peleas que supuestamente se disponían a protagonizar” e che “los agentes de la Policía Nacional y de la Guardia Civil consiguieron evitar gracias a la presencia de agentes uniformados”. Tradotto per chi padroneggia meno lo spagnolo: “gli scontri che ipoteticamente stavano per verificarsi e che sono stati scongiurati dalla presenza di agenti in divisa”.

Cioè: hanno raccolto tutta una serie di discutibili informazioni tipo minacce di qualche troll sui forum e sulla pagine facebook, hanno elaborato ipotesi e congetture più o meno sul nulla, hanno stretto tra le mani un pugno di mosche e il corpo dell’incontestabile reato è per loro uno scontro tra tifosi, probabile ma mai avvenuto, che solo la presenza degli agenti ha sventato.

Sulla scorta di questa assurdità hanno poi dato vita alla maxi-operazione finale, impiegando i propri corpi d’assalto a sfondare l’ingresso della sede dell’Indar Gorri (e meno male che non era un’operazione contro l’IG inteso come gruppo…) con gli arieti e tirando addirittura giù un muro. Il tutto con uno stuolo di telecamere e macchine fotografiche ad immortalare. Viviamo nell’epoca in cui la giustizia s’è ridotta a questo, ad una mera spettacolarizzazione a favore dell’opinione pubblica senza tanto andare per il sottile o badare alla sostanza dei capi d’accusa, del tutto irrilevanti se i destinatari sono dei miserrimi tifosi di calcio: d’altronde il garantismo è stato inventato per “gli amici degli amici” e notoriamente la giustizia è un concetto che si applica a soggetto, in maniera del tutto discrezionale.

Ciao Orwell, spicciaci casa.

Matteo Falcone, Sport People.